lunedì 1 aprile 2019

Passengers (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 02/10/2017 Qui - Parto subito dicendo che dal regista del buonissimo e bello The Imitation Game mi sarei aspettato di più, perché l'incipit di Passengers, film di fantascienza del 2016 diretto da Morten Tyldum e scritto da Jon Spaihts, è davvero interessante e coinvolgente. In più esso nasce da un'idea intrigante, risvegliarsi (a causa di un grave guasto nella nave, che complicherà di molto l'intera missione) completamente soli nel bel mezzo di un viaggio interstellare, a 90 anni dalla tua meta (con a disposizione una nave galattica con tutti i comfort, compresa una piscina, un barman-robot con il senso dello humour, un ristorante messicano e perché no, una donna a cui rubare la vita per non sentirsi soli). Ma nel momento in cui il film si trasforma appunto in una banale storia d'amore (quella tra i due protagonisti, Jim interpretato da Chris Pratt ed Aurora interpretata da Jennifer Lawrence) qualcosa nel meccanismo s'inceppa e la pellicola sembra iniziare a girare a vuoto, fino ad arrivare ad un finale che, francamente, non mi ha affatto convinto. Passengers infatti, è di fantascienza solamente per l'ambientazione perché la storia non è altro che una sorta di storia d'amore forzata dagli eventi e dalla deludente sceneggiatura. Lei difatti, nonostante scorra bene (seppur con alcuni cliché) e coinvolga, essa si sviluppa un po' (troppo) banalmente nella parte finale, parte che appunto è la parte (che definirei incompleta o, meglio, tagliata troppo presto) meno riuscita, se avessero infatti approfondito e ampliato maggiormente questo punto sarebbe stato eccellente, e invece no, poiché anche se la storia è bella e visivamente il film, è un piacere per gli occhi, dove il film fallisce sta proprio nel modo in cui quella storia è stata scritta. Giacché un film che tenta di affrontare argomenti filosofici, di rielaborare il tema della sopravvivenza e il dubbio morale (è giusto sacrificare qualcuno per la propria felicità?), ha bisogno di una sceneggiatura con i giusti risvolti e dialoghi brillanti quanto intensi, Passengers, purtroppo, non riesce a contare su quello. E il film quindi risulta solo un'epica storia d'amore ambientata nello spazio, senza la profondità che sembrava promettere all'inizio.
Ed è un peccato, perché come detto l'idea poteva essere anche buona, ma è stata realizzata veramente con i piedi. I pochi spunti d'interesse, come ad esempio la differenza delle classi sociali sulla nave, il dilemma della solitudine umana, il gusto dell'ignoto, sono solo accarezzati con imbarazzante inadeguatezza e poi abbandonati lì, come nulla fosse, per lasciare spazio a continue ed inappropriate citazioni prese da altri film e a ridicole e scontate frasi blockbuster di bassissima lega tra i due protagonisti. Certo, ne Jennifer Lawrence ne Chris Pratt fino ad ora nella loro carriera si sono mai distinti per ruoli abbastanza profondi (soprattutto il secondo) e per interpretazioni da Oscar (seppur la prima c'è anche riuscita ed anche meritatamente), ma in questo caso, come spesso accade, la colpa non è degli attori, ma di una scrittura incredibilmente povera e di una trama dove non funziona quasi niente. Nonostante la disponibilità di oltre 100 milioni di dollari di budget Passengers infatti non riesce fino in fondo a coinvolgere in più aspetti. Come film impegnato difatti è leggermente impresentabile, pochino superficiale, scontato e privo di qualsiasi profondità (tanto prevedibile insomma da risultare quasi un film degli anni '70). Ma anche come pellicola commerciale, e questo forse risulta più grave, ha delle lacune importantissime, con un ritmo da ninna nanna e scene d'azione prive di "vera" adrenalina (nonostante il trailer, in questo caso quasi totalmente ingannevole, facesse pensare il contrario).
Nonostante infatti una partenza ottima, dovuta ad un progressivo innalzamento dei toni usati e un aumento dell'imprevedibilità (uno degli elementi su cui si erge, ma senza grandi risultati il film) nell'ultima mezz'ora di proiezione (quando ben presto la vena intrigante finisce) qualcosa cambia, lo spettatore si troverà di fronte a eventi surreali. Si tratta di situazioni e scelte registiche che (sebbene stiamo parlando di fantascienza) sono incomprensibili agli occhi di chi guarda, ovvero il passaggio radente accanto a una stella (senza finire carbonizzati e soprattutto guardando tranquillamente lo spettacolo senza neanche un paio di occhiali da sole), una nave super-tecnologica progettata per non rompersi che invece perde i pezzi, un sprecatissimo Lawrence Fishburne (solo un pretesto per poter portare avanti la narrazione) risvegliatosi anche lui ma solo per un quarto d'ora (senza dimenticare il cameo interessante di Andy Garcia ma del tutto inutile) e un reattore nucleare raffreddato aprendo uno sportellino nello spazio. Perché tutte queste sciocchezze galattiche? Perché sottoporsi al ridicolo con strategie che non hanno né capo né coda? Il problema però non sta nel fatto di inserire scene che si discostano dalla realtà perché è una caratteristica propria del genere, ma nella volontà di esagerare, se da una parte infatti il film crea una buona dose di suspense e un comunque discreto coinvolgimento a livello emotivo, dall'altra perde di interesse nel momento in cui si sofferma troppo su elementi che non sono particolarmente importanti ai fini del racconto.
A colpire è proprio la grande capacità di queste scene di far ridere il pubblico, portandolo a domandarsi se in fondo lo stratagemma adottato non fosse semplicemente un modo per intrattenerlo in modi diversi ma pur sempre travolgenti. Da notare è anche il modo in cui è stato realizzato il progetto, all'inizio non accade quasi nulla di particolare perché il regista ha voluto concentrarsi sul personaggio di Pratt e la sua condizione di unico sveglio tra i passeggeri (una scelta comunque buona). Il problema è che tutto avviene nell'ultima mezz'ora, rendendo la pellicola ancora più surreale di quanto già non sia e richiedendo al pubblico una maggiore attenzione. Così facendo, anche la sceneggiatura perde di qualità, mentre da apprezzare è senza dubbio la fotografia. Come anche le belle ed azzeccate musiche (una colonna sonora molto simile a quella di Interstellar e quindi adatta ad un progetto di genere fantascientifico), le scenografie (l'astronave Avalon è davvero ben rappresentata sia esternamente ed internamente) e gli effetti speciali. A livello scenografico infatti nulla da dire, perché la confezione è accattivante al punto giusto, peccato manchi completamente di spessore, non solo nei personaggi (comunque ben caratterizzati, di cui vengono mostrati pregi, difetti, limiti e debolezze che però rimangono prigionieri delle loro ovvietà con una parte finale roboante ai limiti della credibilità anche per un film a sfondo fantascientifico), ma nel voler fare un prodotto che possa prendere più fette di pubblico possibile.
In poche parole, se vedete il film perché cercate una grande storia di fantascienza con colpi di scena e magari la suspense di alcuni grandi prodotti del genere potreste non amare questo film. Se lo fate principalmente per il cast, non abbiate paura, sono la cosa migliore del film, che in fin dei conti, è (comunque e senza troppo impegno) un piacevole (seppur banale) viaggio di due ore nello spazio. Dopotutto Morten Tyldum è un regista di attori e si vede anche qui come nel precedente The Imitation Game, Pratt e Lawrence infatti sono davvero un'ottima coppia sullo schermo (finalmente l'attrice americana non recita in coppia con Bradley Cooper, come anche accaduto in Joy), giacché si avverte la loro complicità su tutta la pellicola. Pellicola in cui emerge anche (seppur in modo poco efficace) la dimensione ironica della vicenda, affidata a Michael Sheen nelle vesti di un robot che lavora come barman nell'astronave. Pellicola dove troviamo una regia poco convinta, poiché la regia qui è abbastanza anonima, con solamente un paio di momenti in cui ho visto un'impronta registica forte. Lui che praticamente sbaglia quasi tutto, ma non appunto la scelta di unire due dei giovani divi di Hollywood più richiesti e apprezzati del momento per dare vita a questo sci-fi romantico, perché i due non deludono. Jennifer Lawrence (che in ogni caso ha più volte dato grande prova di sé), inevitabilmente, brilla sullo schermo nei panni di una moderna Bella Addormentata (con il nome Aurora non poteva che essere altrimenti).
Non perché il suo ruolo sia splendido o particolarmente brillante (seppur qui riesce comunque a comunicare tutte le sue emozioni, dalla rabbia alla felicità fino ad arrivare alla paura, attraverso una mimica facciale molto espressiva, gli sguardi ben studiati e la forza delle parole adottate), ma perché l'attrice è una (meravigliosa e straordinaria) calamita per gli occhi (e non solo). Jennifer ha infatti presenza, la capacità di attirare l'attenzione, lo sguardo, quando è in scena. Con sorpresa, altrettanto interessante e talentuoso si è dimostrato Chris Pratt, capace di equilibrare la presenza scenica di Jennifer con la sua. Il giovane attore, che ha lasciato intendere molto chiaramente lo stato d'animo del suo personaggio, ha dimostrato di saper difatti indossare i panni di un personaggio drammatico senza difficoltà e con grande fascino. Poco dimostra invece il film che, nel complesso non è risultato del tutto convincente. Passengers infatti e in definitiva è un film (che viaggia su un binario ben definito fino alla prima mezz'ora con anche un input interessante) dal ritmo lento e piacevole nel vedersi, ma che (scivolando in alcune banalità per arrivare ad un bel finale nonostante sia abbastanza prevedibile) purtroppo si lascia dietro tante domande, legate soprattutto ad un'ambientazione che, potenzialmente avrebbe potuto rendere l'intero impianto narrativo più originale e interessante. Mi aspettavo insomma qualcos'altro da questo Passengers (guardabile ma non certo memorabile), forse mi sarei aspettato meno cliché e una trama meglio studiata, anche se a conti fatti il film se preso come una visione leggera senza aspettarsi granché, non è male. Rimandato ma non bocciato. Voto: 6+