Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/10/2018 Qui - La battaglia dei sessi (Biografico, USA, 2017): Dopo il mediocre Borg McEnroe avevo sperato in un binomio cinema/tennis migliore, ed effettivamente un miglioramento c'è, anche perché c'è una tematica seria (e purtroppo ancora attuale) in questo film, tuttavia è anche questa una partita dimenticabile. All'inizio degli anni Settanta, la campionessa Billie Jean King (Emma Stone) innesca una battaglia contro i vertici del tennis per far sì che le donne possano ottenere le stesse retribuzioni degli uomini. In un clima già incandescente, si inserisce il 55enne Bobby Riggs (Steve Carell), ex n° 1 del mondo e noto maschilista, che cerca di riaccendere i riflettori su di sé sfidando la King, per dimostrare la presunta superiorità dell'uomo sulla donna. Il 20 settembre 1973, a Houston, i due danno vita a uno dei più celebri match della storia del tennis, conosciuto ancora oggi come "La battaglia dei sessi". Per il loro terzo lungometraggio, i coniugi Jonathan Dayton e Valerie Faris portano sul grande schermo una sceneggiatura di Simon Beaufoy (premio Oscar per The Millionaire), generando un film dai due volti. La battaglia dei sessi ha il merito di riportare in auge una figura importante (per il mondo sportivo in generale, ma non solo) come quella di Billie Jean King, e restituisce un efficace ritratto dei Seventies, che fa respirare l'atmosfera e lo spaesamento di un'America divisa tra bigottismo e venti rivoluzionari. Dove, invece, la coppia di registi sembra andare in affanno è nell'amalgamare i numerosi temi che il film mette sul piatto, dall'identità sessuale al femminismo, dal declino dell'ex campione a quello più che mai attuale della discriminazione di genere. Nel complesso, La battaglia dei sessi è un film che si lascia seguire per tutta la sua durata (anche se nel big match ho tifato per il cronometro), ma non graffia mai, specialmente nella parte conclusiva dove fanno capolino alcuni (inutili) dialoghi intrisi di retorica. Dagli autori di Little Miss Sunshine era lecito attendersi di più. Chi invece lascia il segno il generoso cast, da Emma Stone a Steve Carell fino ad Andrea Riseborough, e la sorprendete (nuovamente riuscita, proprio come accaduto con il film di Janus Metz Pedersen) somiglianza resa dagli attori (e dal trucco) con i personaggi reali della vicenda. In definitiva carino ma niente di che. Voto: 5,5