giovedì 13 giugno 2019

Omicidio al Cairo (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/02/2019 Qui - E' possibile realizzare un noir sullo sfondo dei delicati eventi sociopolitici che hanno portato alla rivoluzione egiziana del 2011? Per il regista Tarik Saleh la risposta è affermativa e questo suo film ne è la prova. Vincitore del World Cinema Grand Jury Prize al Sundance 2017Omicidio al Cairo è un neo-noir misterioso ed enigmatico che, svolgendosi appunto a ridosso della rivoluzione egiziana del 25 gennaio 2011, intreccia la storia di un giovane poliziotto con i fatti realmente accaduti durante i moti della Primavera Araba. La pellicola, prodotta in Svezia, vede l'attore libano-svedese Fares Fares (noto a livello internazionale per Zero Dark ThirtySafe House e Rogue One: A Star Wars Story) nelle vesti di Noredin, poliziotto corrotto del Cairo a cui viene affidato il primo grande caso: l'omicidio di una famosa cantante, compiutosi in una camera dell'Hotel Hilton. L'indagine viene, prontamente, bollata come "suicidio", questa sentenza arbitraria non verrà accettata dal protagonista che, per una volta, andrà alla ricerca della verità contro il volere dei superiori, in particolare dello zio, capo della polizia (Yassar Ali Maher). Noredin si "perderà" ben presto all'interno di un complesso e quanto mai aberrante sistema politico/giudiziario che giungerà al suo culmine con l'avvento della rivoluzione. Thriller e politica si intrecciano dunque nella trama di Omicidio al Cairo che, nonostante il titolo, è ben più di un giallo ben congegnato. Sebbene infatti la componente mistery sia ben cadenzata, la story-line legata all'inspiegabile assassinio lascia spesso spazio a spaccati quotidiani dell'Egitto dei primi anni Dieci, dove correzione e povertà regnano sovrane. Il lungometraggio di Tarik Saleh riesce difatti a mostrare le contraddizioni (affrontate dal regista attraverso l'utilizzo di una sottile ironia ma divengono, anche, motivo di dramma) che puntellano la grande metropoli de Il Cairo, che diventa un riflesso dell'intero mondo occidentale. Terra decadente ma tutt'altro che desolata, la capitale dello stato egiziano si delinea come una moderna Babele, popolata da loschi figuri che spesso indossano maschere di un'apparente e falso perbenismo. I singoli personaggi si trasformano di conseguenza in modelli di giustizia, immoralità e ambiguità, abili nel rispecchiare grazie alla loro universalità anche la quotidianità dello spettatore.
In tal senso, a favorire la buona riuscita del film sono anche le interpretazioni dei protagonisti, sconosciuti in Italia ma abbastanza attivi in ambito internazionale (soprattutto uno). Ben calibrati sono poi gli influssi dei diversi generi cinematografici. Se come si è detto dal mistery si costruisce la struttura narrativa del progetto, anche le logiche del neo-noir vengono sfruttate in molteplici frangenti: improbabili detective e ingenue femme fatale si muovono sulla scena, ripensando e minando i dettami tipici del cinema hollywoodiano. Cineasta imprevedibile e dai tratti anti-canonici, Tarik Saleh gioca quindi con svariate iconografie, alternando diversi elementi ma legando le forme della narrazione ad una tradizionale consequenzialità causa-effetto. Ciò non è sicuramente un male, anche se, viste le pellicole da lui precedentemente dirette, un maggior grado di rischio sarebbe stato comunque gradito. Omicidio al Cairo può, dunque, dirsi un film riuscito? Non del tutto. Sebbene l'idea sia notevole la pellicola manca di atmosfera (essenziale nei noir) e (come anticipato prima) di uno stile registico ben preciso. Spesso, si ha la sensazione di assistere a scene documentaristiche, probabilmente, una scelta voluta che collide, inevitabilmente, con la natura della pellicola. Valzer con Bashir raccontava, in maniera eccelsa, le tensioni politiche di un preciso momento storico servendosi, però, di momenti altamente suggestivi. Ciò, non danneggia la storia che si vuole raccontare ma rappresenta un valore aggiunto, in particolar modo, all'interno di un film di genere. La psicologia dei personaggi, inoltre, risulta appena accennata: difficile immedesimarsi, soprattutto, nel protagonista. Quel che possiamo fare, è intuire o immaginare i suoi stati d'animo in base alle azioni e scelte da lui compiute. L'intento di intrecciare il dramma sociale con vicende più o meno fittizie, espone alcune sequenze al rischio di risultare forzate. Certe tematiche, invece, vengono persino abbandonate all'interno del plot. Nonostante queste pecche, ci troviamo al cospetto di un progetto davvero interessante, in grado di raccontare, attraverso un espediente narrativo, una realtà difficile e, purtroppo, attuale. E questa, è una qualità per cui il cinema si è, spesso, contraddistinto. Un progetto, un lungometraggio sfaccettato e stratificato che, con intelligenza e coerenza, rielabora appunto alcuni caratteri fondamentali del cinema, alla luce della storia socio-politica di uno stato e di un popolo ancora desideroso di rivalsa. Voto: 6+