Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2019 Qui - Innanzitutto è bene dire che questo film storico va assolutamente visto, poiché la pellicola ripercorre un pezzo importante della nostra Storia, anche italiana e non solo inglese, perché se Winston Churchill non si fosse schierato contro tutto e tutti adesso il Mondo, forse, sarebbe diverso, e quindi non si può che consigliarlo. Perché certo, quest'opera impegnativa (comunque robusta e di sana costituzione) non è di certo un film di intrattenimento, ma il suddetto è utile e necessario per comprendere e conoscere qualcosa in più su un fatto, anzi, su di un uomo che ha salvato il suo paese e l'Europa intera. Questo però non è un film biografico, è piuttosto un lungometraggio politico che ci porta nei cunicoli spaventosi di un horror in carne ed ossa: la seconda guerra mondiale. Ma a differenza di Dunkirk, il lavoro di Christopher Nolan, L'ora più buia (Darkest Hour), film del 2017 diretto da Joe Wright, non è un'opera corale, non si spinge sui campi di battaglia, bensì ripercorre le stanze della politica britannica mostrandoci senza veli come quest'ultima reagì alle invasioni di Hitler in Olanda, Belgio e Francia tracciando una radiografia, piuttosto inedita devo dire, di un Churchill burbero ma lungimirante che era stato emarginato e denigrato proprio per la disfatta di Gallipoli, durante la Grande Guerra. Infatti dopo meno di un anno di guerra, nel maggio 1940, Hitler sembrava aver già vinto. Il Terzo Reich avanzava nell'Europa occidentale e la Francia stava per soccombere. Mentre l'esercito britannico era vicino a essere sbaragliato sulle coste di Dunkerque, a Londra il governo Chamberlain è sotto accusa e si impone la scelta: chiedere la resa alla Germania nazista, anche prendendo atto dell'imminente capitolazione francese, e contrattare condizioni favorevoli, oppure combattere fino alla fine, mentre l'ipotesi di un'invasione del territorio britannico si faceva sempre più probabile. Non amato dal suo partito, quello conservatore, Churchill viene invocato come figura credibile dai laburisti per un governo unitario di emergenza. E così, proprio nei giorni che precedono la disfatta di Dunkerque (ma anche la pagina eroica del recupero dei soldati, pagina benissimo esposta nel film di Nolan), Churchill viene chiamato a sostituire come primo ministro Chamberlain, fautore della disastrosa strategia degli accordi con la Germania. E a disinnescare le trame di chi, come il rampante e ambizioso ministro Lord Halifax, spingeva per arrivare a patti con i nazisti.
Di conseguenza tutto il film riguarda i dubbi e i tormenti dello statista inglese sul da farsi, spalleggiato da una devota ed energica moglie (nel film ha il volto di Kristin Scott Thomas) e in seguito inaspettatamente anche dal Re Giorgio VI (la cui personalità può essere approfondita guardando il film Il discorso del re) e con la graziosa Lily James nel ruolo della sua personale dattilografa. Il film difatti, senza essere agiografico (o almeno non tale da infastidire) ci mostra il corpulento statista come uomo deciso ma anche pieno di dubbi, forte e fragile, di origine aristocratica eppure capace di parlare al popolo. Soprattutto pieno di difetti, dalla passione per l'alcool al carattere pignolo e iracondo (con una moglie che lo invitava a "diventare più gentile"), nonché inseguito dai dubbi di chi gli imputava precedenti sconfitte. Ma anche come l'uomo giusto per la Gran Bretagna e per l'Europa, in quel decisivo frangente, perché titubante, preoccupato, insonne ma nell'ora più buia non esita a compiere delle scelte che poi si riveleranno fondate e utili alla causa. Egli che, conservatore detestato dai compagni di partito e rispettato dai laburisti, guardato con sospetto da re Giorgio con cui poi strinse un forte legame, Churchill (interpretato da un irriconoscibile ma bravissimo Gary Oldman, vincitore del Golden Globe e dell'Oscar) si muove con astuzia e tenacia, sorretto da una capacità oratoria stupefacente e spinto da una forza di volontà incrollabile ad arrivare al suo obiettivo di portare tutti sulle sue posizioni, eppure roso dai dubbi sulle conseguenze di tali scelte per il popolo. Sono tanti gli eventi narrati in quel piccolo arco di tempo che fa da scenario al film (una decina di giorni circa, nel maggio 1940), peraltro proprio nel pieno dell'Operazione Dynamo descritta in modo magnifico da Christopher Nolan. Partendo proprio da questo evento, percepiamo quindi l'incredibile potenza intrinseca del film, ovvero la capacità di narrare modi, pregi e difetti di un uomo che, nel momento più buio, ha saputo sia andare contro i pregiudizi di cui era bersaglio da parte di molti, sia rendersi responsabile delle proprie azioni, sia lasciare una firma importante nella Storia del paese e dell'umanità tutta.
L'ora più buia esalta quindi il lato umano di un personaggio che si erge a protagonista di un delicatissimo momento storico: un uomo che, nonostante non abbia avuto la fiducia di nessuno, è riuscito nell'impresa disperata di opporsi alle truppe naziste e di dare speranza a un mondo ormai prossimo ad affacciarsi agli orrori della guerra. Insomma, siamo di fronte a un film caratterizzato da una certa eleganza registica, da grandi valori e da tante parole. Un film girato con il pregio tecnico e il raffinato virtuosismo cui la regia di Joe Wright ci ha abituato dai tempi di Orgoglio e pregiudizio ed Espiazione, un film che sorprende perché fa vibrare di credibilità un soggetto che, sulla carta, avrebbe potuto essere didascalico, freddo e leggermente polveroso, importante ma pregno di una solennità da sbadiglio. Il film invece, brillantemente sceneggiato da Anthony McCarten (La teoria del tutto), riesce nel piccolo miracolo di accendere un'appassionata scintilla anche in un plot che si snoda in interni polverosi, in sale piene di ombre, o in un vagone della metro londinese mal illuminata in cui Churchill (colpo di coda della fantasia, in una scena che potrà sembrare ai limiti del kitsch eppure umanamente molto intensa) incontra il popolo inglese e la sua volontà di combattere e non arrendersi (seppur inventata la scena dà infatti l'idea di un leader capace di conquistare poco tempo dopo la fiducia del suo popolo con il celebre discorso in cui non edulcorò la realtà di una guerra ormai alle porte di casa, e in cui promise al mondo che governanti e cittadini, tutti insieme, avrebbero combattuto sempre e ovunque, e non si sarebbero arresi mai, l'inizio della riscossa, nell'ora più buia, non solo per l'Inghilterra, ma per tutta l'Europa). Il dramma dell'uomo, il suo senso di solitudine, il cozzare dell'ambizione e della durezza della politica convivono con il respiro più ampio che L'ora più buia non perde mai, evitando la retorica nazionalistica ben mixandola alle note del thriller politico di alto profilo. Il film così, diventa un crescendo di tensione che dribbla la retorica e che non annaspa mai: 125 minuti tesi, duri, ma anche di inaspettata, avvincente bellezza, di autentico piacere della narrazione cinematografica.
Gary Oldman (che ha subito oltre 200 ore di trucco per rendersi egregiamente somigliante al grande statista, trucco che è servito ai truccatori per vincere un Oscar), come detto, è semplicemente titanico nell'interpretazione. L'attore britannico è certamente uno dei migliori della sua generazione: qui assorbe ogni sfumatura comportamentale di Churchill e lo rende vivo oltre ogni immaginazione, tanto che la sua performance rappresenta il più alto valore del film. Certo, gli altri attori non sono da meno (da segnalare Ben Mendelsohn nei panni di Re Giorgio VI, brilla nel piccolo ruolo della moglie Clementine un'altra icona del cinema europeo come Kristin Scott Thomas), ma L'ora più buia è un lungometraggio cucito palesemente attorno alla capacità interpretativa di Gary Oldman, a tal punto che il fuoco sul personaggio risulta a tratti persino forzato, tuttavia, la realizzazione finale è così raffinata da scacciare ogni altra distrazione superflua. Sì perché L'ora più buia è un'opera brillante e raffinata, quasi necessaria, perché ci avverte che dopotutto non sempre la via dei negoziati è percorribile. Infatti, in circostanze, come quelle descritte nella pellicola (che fu candidata a ben sei Premi Oscar) la lotta permette di scongiurare conseguenze ben più tragiche. Nessuno, tranne Churchill, si era reso conto della gravità della situazione come si evince nella pellicola dalla telefonata tra il primo ministro inglese e il presidente degli Stati Uniti, Roosevelt. Quest'ultimo sembra non comprendere le richieste inglesi, nonostante il profondo legame che univa le due nazioni. Insomma, L'ora più buia è un film storico da non perdere per conoscere di più. Un film che certamente non è un capolavoro, bensì un'opera curata, interessante, utile. Un'opera dove gli ambienti ben ricostruiti, le luci dosate a seconda l'opportunità, conferiscono al film il carattere di uno spettacolo (in cui più che discreti sono fotografia e musiche, dell'italiano Dario Marianelli, Oscar per la colonna sonora di Espiazione) che rappresenta la guerra da dietro le quinte, nella mente di chi decide. Questo film infatti, bello ma non bellissimo, ci descrive con estrema precisione tutto ciò che ne è stato a monte, nel parlamento inglese e nel turbolento governo. Un film in definitiva riuscito, storicamente interessante e assolutamente da vedere. Voto: 7
L'ora più buia esalta quindi il lato umano di un personaggio che si erge a protagonista di un delicatissimo momento storico: un uomo che, nonostante non abbia avuto la fiducia di nessuno, è riuscito nell'impresa disperata di opporsi alle truppe naziste e di dare speranza a un mondo ormai prossimo ad affacciarsi agli orrori della guerra. Insomma, siamo di fronte a un film caratterizzato da una certa eleganza registica, da grandi valori e da tante parole. Un film girato con il pregio tecnico e il raffinato virtuosismo cui la regia di Joe Wright ci ha abituato dai tempi di Orgoglio e pregiudizio ed Espiazione, un film che sorprende perché fa vibrare di credibilità un soggetto che, sulla carta, avrebbe potuto essere didascalico, freddo e leggermente polveroso, importante ma pregno di una solennità da sbadiglio. Il film invece, brillantemente sceneggiato da Anthony McCarten (La teoria del tutto), riesce nel piccolo miracolo di accendere un'appassionata scintilla anche in un plot che si snoda in interni polverosi, in sale piene di ombre, o in un vagone della metro londinese mal illuminata in cui Churchill (colpo di coda della fantasia, in una scena che potrà sembrare ai limiti del kitsch eppure umanamente molto intensa) incontra il popolo inglese e la sua volontà di combattere e non arrendersi (seppur inventata la scena dà infatti l'idea di un leader capace di conquistare poco tempo dopo la fiducia del suo popolo con il celebre discorso in cui non edulcorò la realtà di una guerra ormai alle porte di casa, e in cui promise al mondo che governanti e cittadini, tutti insieme, avrebbero combattuto sempre e ovunque, e non si sarebbero arresi mai, l'inizio della riscossa, nell'ora più buia, non solo per l'Inghilterra, ma per tutta l'Europa). Il dramma dell'uomo, il suo senso di solitudine, il cozzare dell'ambizione e della durezza della politica convivono con il respiro più ampio che L'ora più buia non perde mai, evitando la retorica nazionalistica ben mixandola alle note del thriller politico di alto profilo. Il film così, diventa un crescendo di tensione che dribbla la retorica e che non annaspa mai: 125 minuti tesi, duri, ma anche di inaspettata, avvincente bellezza, di autentico piacere della narrazione cinematografica.
Gary Oldman (che ha subito oltre 200 ore di trucco per rendersi egregiamente somigliante al grande statista, trucco che è servito ai truccatori per vincere un Oscar), come detto, è semplicemente titanico nell'interpretazione. L'attore britannico è certamente uno dei migliori della sua generazione: qui assorbe ogni sfumatura comportamentale di Churchill e lo rende vivo oltre ogni immaginazione, tanto che la sua performance rappresenta il più alto valore del film. Certo, gli altri attori non sono da meno (da segnalare Ben Mendelsohn nei panni di Re Giorgio VI, brilla nel piccolo ruolo della moglie Clementine un'altra icona del cinema europeo come Kristin Scott Thomas), ma L'ora più buia è un lungometraggio cucito palesemente attorno alla capacità interpretativa di Gary Oldman, a tal punto che il fuoco sul personaggio risulta a tratti persino forzato, tuttavia, la realizzazione finale è così raffinata da scacciare ogni altra distrazione superflua. Sì perché L'ora più buia è un'opera brillante e raffinata, quasi necessaria, perché ci avverte che dopotutto non sempre la via dei negoziati è percorribile. Infatti, in circostanze, come quelle descritte nella pellicola (che fu candidata a ben sei Premi Oscar) la lotta permette di scongiurare conseguenze ben più tragiche. Nessuno, tranne Churchill, si era reso conto della gravità della situazione come si evince nella pellicola dalla telefonata tra il primo ministro inglese e il presidente degli Stati Uniti, Roosevelt. Quest'ultimo sembra non comprendere le richieste inglesi, nonostante il profondo legame che univa le due nazioni. Insomma, L'ora più buia è un film storico da non perdere per conoscere di più. Un film che certamente non è un capolavoro, bensì un'opera curata, interessante, utile. Un'opera dove gli ambienti ben ricostruiti, le luci dosate a seconda l'opportunità, conferiscono al film il carattere di uno spettacolo (in cui più che discreti sono fotografia e musiche, dell'italiano Dario Marianelli, Oscar per la colonna sonora di Espiazione) che rappresenta la guerra da dietro le quinte, nella mente di chi decide. Questo film infatti, bello ma non bellissimo, ci descrive con estrema precisione tutto ciò che ne è stato a monte, nel parlamento inglese e nel turbolento governo. Un film in definitiva riuscito, storicamente interessante e assolutamente da vedere. Voto: 7