martedì 4 giugno 2019

The Circle (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/09/2018 Qui - Privacy contro trasparenza totale, questo è il punto cardine di The Circle. Un film del 2017 tratto da un opera letteraria (omonima) di Dave Eggers e adattata al cinema da James Ponsoldt (conosciuto soprattutto per The End of the Tour, film che tuttavia non ho visto e forse non vedrò mai), il fulcro di una vicenda che vede protagonista Mae una giovane determinata che raggiunge il posto lavorativo dei suoi sogni in The Circle, una azienda leader mondiale di tecnologia e social media, ma scoprirà che l'equilibrio fra sogno e incubo è flebile. Peccato che ciò sembra tutto detto e risaputo, una storia déjà-vu rispetto all'oggi che è già ieri, forse già fuori tempo massimo (non tanto sull'argomento ma sulla novità dello stesso). Infatti è similmente constatare che l'omonimo libro uscito nell'ormai lontano 2013 anticipava molti temi che oggi sono attualissimi: l'invasione dei social nelle nostre vite, la privacy che piano piano va a farsi benedire, i contatti umani che sfociano sempre più in contatti vivi solo su uno schermo e così via. Oggi, dopo quattro anni, queste tematiche le ritroviamo ogni giorno intorno a noi. Al massimo, ci sono alcuni sviluppi che immaginiamo, anzi temiamo possano accadere di qui a breve come, per fare un esempio, la possibilità che qualche società tipo Facebook o Google possa prima o poi costringerci a votare alle prossime elezioni tramite i nostri account. Ecco, da una parte questo è un difetto del film: la protagonista Mae ad un certo punto accetta di vivere in trasparenza la propria vita (ovvero filmare in streaming quello che fa 24 ore su 24) ma il fatto che ormai questa sia una pratica già diffusa abbastanza, se pensiamo alle varie live, dirette, stories e chi più ne ha più ne metta, rende la cosa meno efficace del previsto. Certo, possiamo anche per un attimo soffermarci sul fatto che proprio perché si tratta di un futuro apparentemente prossimo al presente allora c'è da spaventarsi. Ma la struttura generale del film, anche nell'accennare a grandi temi senza tuttavia approfondirli, non permette di notare i pochi pregi, perché presenta fin troppi difetti. E questo nonostante il fatto che i suddetti riescono comunque a rendere interessante il film, l'intrigante inchiesta di Dave Eggers infatti, sull'utilizzo dei social network, della tecnologia e dell'impatto che essi hanno sulla vita privata degli individui, fanno certamente diventare questo un film affascinante (almeno) nelle intenzioni ma purtroppo banale nella realizzazione.
Come detto difatti, The Circle accenna a temi, importanti e attuali, come anche le incognite della democrazia diretta, la concezione di una stanza dei bottoni al di sopra di ogni ideale di condivisione e l'eventualità che qualcuno utilizzi tutte le informazioni fornite, dagli utenti per scopi, non sempre ortodossi, tuttavia l'impressione è che i presupposti interessanti di questo lavoro, restino in una fase di stallo, con uno sviluppo degli eventi incongruo e con un finale buonista poco credibile. Ed è un peccato che questo soggetto così appassionante sia stato declinato in una storia un po' troppo sensazionalistica, con alcuni momenti spiegati male (la doppia conversione della protagonista: da scettica a fanatica, da fanatica a scettica) e un finale semplicistico. Perché affidato alla direzione del semi-sconosciuto James Ponsoldt (non ricordo di aver visto un suo film), e alle interpretazioni di un cast di primo livello (Tom Hanks, Emma Watson, John Boyega e Karen Gillan), The Circle affronta certamente con il piglio giusto temi di grande attualità e cerca (però in modo non propriamente riuscito), di interrogarsi per trovare una risposta sull'utilizzo massivo della tecnologia, ma una patinata e poco proficua analisi, con annessa lieve denuncia al potere e controllo sulle nostre vite ottenuti dalle multinazionali come Apple o Google, è questa. Assistiamo così, e in verità senza grande interesse alla storia di Mae, una ragazza in cerca di indipendenza dalla famiglia, che trova lavoro nella migliore azienda di telecomunicazioni al mondo. Una ragazza che non è una ragazza social: imparerà presto i trucchi del mestiere grazie alla sua amica Annie (una bravissima Karen Gillan) ma quando diventerà parte del sistema (sistema che la vedrà coinvolta in una complicata e pericolosa situazione, nata dall'assenza di libertà e dal costante controllo) le due si allontaneranno. Tom Hanks interpreta (per poco tempo, in verità) Eamon Bailey, lo Steve Jobs della situazione, mentre John Boyega appare nella parte di Ty Lafitte, un Mark Zuckerberg senza popolarità, ma viene messo presto da parte per via di una sceneggiatura pessima.
Una sceneggiatura che comunque parte bene, anche se nel corso della prima ora di film non succede molto, la vera impennata è nella seconda parte, in cui tuttavia la protagonista si trasforma in una maniera talmente repentina che uno pensa stia tenendo il gioco per qualche motivo ben preciso, invece no. Rimbalza continuamente (e in modo leggermente irritante) tra una popolarità che ha cercato (dimostrando anche una certa voglia di emergere) e una personalità solitaria di base assetata di privacy. Non contenta, nessun personaggio è approfondito in maniera eccellente, ogni scelta deriva semplicemente dal percorso innestato dalla trama generale. Mentre gli spunti offerti dalle tematiche più tecnologiche o annoiano o non impressionano abbastanza, perché non si riesce a ignorare i difetti. Poiché questo è un film abbastanza "piatto" nel dire quello che vediamo e constatiamo: sembra non meravigliarci o quantomeno non darci nessun gusto. Lento, monotono, noioso, talvolta anche involontariamente ridicolo nelle immagini della comunità di The Circle (giacché esso immagina non brillantemente una società al limite del distopico, in bilico tra la possibilità di intervenire in positivo su ogni aspetto della propria quotidianità, grazie alle nuove tecnologie e il rischio di vedersi così privati di ogni privacy) non riesce ad appassionare lo spettatore. In questa pellicola infatti, che ha un alto tasso di potenziale inespresso, il pathos è poco, il linguaggio rituale, l'escalation dimessa: il ribrezzo è verso il fasullo, il dietro le quinte, la creatività digitale che abita anche l'interno umano (un "inside out" delle analisi e dei battiti minimi). Inoltre la suddetta non alza mai il minimo "previsto" e ciò che pare forte non abita in nessun risvolto narrativo. Molte idee paiono espresse ma nessun gusto: molto arieggiato e poco calore oltre lo schermo. Emma Watson, che seppur rappresenti l'unico elemento positivo, anche se lei talvolta non solo sembra spiazzata dalla pochezza della sceneggiatura e delle recitazione degli altri attori, ma che sembra in verità non ancora "matura" per ruoli del genere (è come vedere Hermione nel mondo dei "grandi") e Tom Hanks, che sembra un imbonitore di serie B che recita a contratto, paiono spaiati e lontani.
Entrambi gli attori principali infatti vengono abbastanza sprecati, anche perché Hanks è del tutto marginale e la Watson, seppur con la sua faccia carina e gentile, è però monocorde e non molto diversificata, con uno sguardo troppo ambiguo in film che di ambiguo non ha niente (dopotutto non ci sono società segrete e personaggi ambivalenti). Infatti il "The Truman Show" (1998 di Peter Weir) è lungo ogni finzione connessa e i messaggi che si digitalizzano sullo schermo sono asettici e privi di "spessore" come appunto il sorriso di Mae ad ogni buongiorno al mondo. E quindi lo show resta minore e poco cinematografico: nel cerchio non si guarda oltre. Il finale (o per meglio dire quello che si vede alla fine) resta monco: i due super-potenti del gioco vengono coinvolti in tutto il loro "privatissimo" e le reazioni non eclatanti o da ricordare. Chi fa finta di starci e chi vorrebbe coprire il tutto. O forse è solo un'impressione?! Non c'è dramma per una storia che non va oltre l'aria fritta. Una storia indubbiamente da non sottovalutare, che apre comunque a certe riflessioni, anche perché il fulcro principale di The Circle è la sua trama, lo spettatore difatti dev'essere preso da essa, dopotutto e in fondo il film non ha altro da mostrare, non ha personaggi approfonditi o scene complesse e spettacolari, ha un quesito e su questo deve far ruotare il tutto. Il problema è che forse il film, come già detto, con poco o quasi nulla da aggiungere all'argomento, è stato adattato vicino al tempo massimo. La tecnologia si è evoluta molto rapidamente e la diffusione massiva di Instagram stories, dirette Facebook, Periscope, Snapchat e simili ha reso il mondo disegnato 4 anni fa da Dave Eggers forse troppo simile al mondo di oggi per fare paura. Si aggiunga pure che la questione opprimente della privacy globale è stata già trattata in tantissime altre opere.
Opere come Black Mirror per citarne una e che questo influenza sicuramente la perdita di "grip" che ho provato nei confronti di questa pellicola con il passare dei minuti. Nel cast troviamo certamente i giusti nomi per fare un bel film, primo su tutti Tom Hanks, ma altri nomi come la protagonista o John Boyega della nuova trilogia di Star WarsPatton Oswalt di Agents of S.H.I.E.L.D. (senza dimenticare il bravissimo Ellar Coltrane di Boyhood e Bill Paxton, il cui film è dedicato a seguito della sua prematura scomparsa) mi sono sembrati fuori ruolo, svogliati. La protagonista dichiara nel film (e come ho sottolineato tuttavia prima) d'avere paura del potenziale inespresso, proprio il termine che userei per descrivere in definitiva The Circle, film in dove mi sarei aspettato molto di più di una semplice sufficienza (anche meno) viste le premesse. Ed è un peccato, perché l'idea non era male, ma la mediocre fotografia, la regia ordinaria e di routine (neanche un giro di manovella), e il finale abbastanza discutibile ed inspiegabile (che può anche essere divertente, ma sicuramente incredibile e fuori da ogni forma di realtà), fanno così diventare questa un'occasione persa. Si poteva infatti fare di più, poteva essere per esempio sviluppato meglio, poiché dopo un buon inizio, si svolge lentamente, risultando quindi né carne né pesce, poi sembra migliorare, ma niente, finisce male, anzi anche peggio di come si era sviluppato. In tal senso spero il romanzo sia molto meglio del film, di un film di cui se ne poteva anche fare a meno, di un film pesante e noioso (le quasi due ore di durata sono al limite della sopportabilità), di un film eccessivamente superficiale, di un film deludente, e non si parla di un futuro distopico o di un thriller, ma di un "documentario" neanche fatto troppo bene. Consigliato certamente ma poco incisivo e tantomeno accattivante (almeno per chi scrive), perché comunque non è un film bruttissimo ma un film anonimo che si dimentica facilmente sicuramente. Voto: 5