martedì 30 aprile 2019

Libere, disobbedienti, innamorate (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2018 Qui - È un film pieno di vita, Libere, disobbedienti, innamorate, film del 2016 ed opera prima di Maysaloun Hamoud, regista ungherese ma cresciuta vicino Israele. La pellicola infatti, che racconta la società palestinese in modo inedito per il cinema, senza fare riferimenti a guerre e conflitti, che pure fanno perennemente parte della vita quotidiana di chi vive in quei luoghi, che mette in scena i contrasti della situazione che vivono tre donne a Tel Aviv (città socialmente avanzata, ma sempre al centro di contraddizioni tra modernità e tradizione, in tal senso essere donne non aiuta affatto, la condizione femminile è vista come fragile e soggetta a pregiudizi se non a violenze), e tutte alle prese con la costruzione della propria identità nonostante le rigide regole della società in cui vivono, sa rappresentare il disagio che si percepisce nel trovarsi in mezzo ad un incrocio, tra due civiltà che non riescono a dialogare, in cui chi sta in mezzo deve affrontare una scelta cruciale, che risulta difficile ed ugualmente sofferta qualsiasi sia la decisione assunta. In tal senso la pellicola (dopotutto già dal titolo, sia quello italiano Libere, Disobbedienti, Innamorate, che inglese In Between ed israeliano la cui traduzione più o meno è "Tra Terra e Mare", si evince che si sta ad indicare una posizione "di mezzo", non definita e, comunque, in contrapposizione con quella "ufficiale" prestabilita e consentita) può certamente essere interpretata come un invito rivolto alle donne di tutto il mondo di pretendere la propria libertà, di essere emancipata e indipendente nella creazione della propria esistenza. Anche perché le tre giovani (Laila, la bella Mouna Hawa, un'avvocatessa emancipata che beve, fuma, ama ballare e sedurre, Salma, che è una dj lesbica che di giorno lavora in un bar, con genitori fortemente devoti alla tradizione e Nour, la loro nuova coinquilina, una studentessa modello, vittima della sopraffazione maschilista), lontane dagli stereotipi della donna araba, che pagano a caro prezzo la loro indipendenza (poiché ognuna in modo diverso cercheranno di vivere la quotidianità e affermare se stesse), in un mondo maschilista e troppo tradizionale (dove si può perdere il lavoro per un'impuntatura sulla lingua usata) che le vorrebbe solo mogli e madri, non vorrebbero vivere. E tuttavia non chinano il loro capo, con il cuore infranto e il volto rigato dalle lacrime proseguono per la loro strada, alla conquista del loro posto nel mondo.
E tuttavia non perfetta è questa pellicola, narrativamente infatti, per farci simpatizzare ai loro destini, la suddetta, calca la mano sui personaggi che si contrappongono loro, che sono caricaturali o violenti. In particolare l'orribile fidanzato di Nour, fanatico islamico, che la stupra e pensa di poterla sposare senza problemi. Un meccanismo di contrapposizione un po' facile, che rischia di far scivolare il film (che ha tra i suoi pregi le tre attrici protagoniste, molto espressive e credibili nei rispettivi ruoli di donne confuse e teneramente alla ricerca della felicità) su binari prevedibili e di sfondare fin troppe porte aperte (in tal senso uno dei pochi personaggi che escono da questo schema è il padre di Noor, che prenderà le sue parti appena saputa della rottura con il fidanzato: forse l'unico uomo decente del film, sicuramente il personaggio più "giusto"). Ma dotato di un ritmo sufficientemente fluido e pregno di argomenti e sentimenti vari e importanti, Libere, Disobbedienti, Innamorate, grazie anche ad uno stile asciutto che coniuga lo spaesamento di una discrasia identitaria giovanile arabo-israeliana con un'invitante colonna sonora, per quanto non proponga una tematica del tutto nuova (a riguardo, sia pure in una forma e con un trama ben diverse, richiama parecchio La Sposa Turca del regista turco Fatih Akin) risulta comunque interessante e ben fatto. Perché anche se la pellicola a volte ammicca sin troppo, e anche se alcune cose risultano poco approfondite, nel complesso il film di Maysaloun Hamoud, che sa concentrarsi sul nocciolo serio e drammatico del problema che scaturisce dal confronto burrascoso tra due modi di pensare e concepire che appaiono antitetici più di quanto sia lecito aspettarsi (alcuni aspetti ci possono sembrare fuori dal mondo ma rispecchiano una mentalità precisa e diffusa)riesce a coinvolgere e far riflettere su quelli che ormai sono nodi stretti, radicati e ancora duri da sciogliere. Pertanto la pellicola è sicuramente consigliabile per indurre lo spettatore a riflettere seriamente su una realtà alquanto deplorevole in cui appunto ancor oggi molte donne ancora purtroppo sono costrette a vivere. Voto: 6