martedì 30 aprile 2019

Trash (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2018 Qui - Diretto dal tre volte candidato all'Oscar Stephen Daldry (quello di Billy Elliott e Molto forte incredibilmente vicino, oltre a The Hours e The reader) e sceneggiato dal famoso Richard Curtis (celebre autore di commedie), Trash, film del 2014 ispirato all'omonimo romanzo per ragazzi di Andy Mulligan, è ambientato a Rio De Janeiro (immergendosi così in una realtà di contraddizioni stridenti, un po' come aveva fatto Danny Boyle con l'India di The Millionaire) ed è un interessante miscuglio di generi, dalla storia avventurosa all'action, dal thriller al film socialmente impegnato di denuncia contro la povertà, la degradazione e la corruzione. Quest'ultimo aspetto però passa in secondo piano, restando sempre presente e visibile, rendendo Trash un vero e proprio film di intrattenimento che agli stilemi del thriller unisce quelli favolistici. Lo sguardo che guida lo spettatore nella storia è infatti quello di due/tre bambini di strada che, nonostante la loro condizione miserevole (sono nati e cresciuti in una favela accanto a una discarica e come tanti altri ci lavorano ogni giorno sperando di raccogliere qualcosa di valore con cui comprare da mangiare), conservano sulla vita e sul futuro uno sguardo positivo e avventuroso. Non è estraneo a ciò il fatto che siano animati da una fede autentica e solida, che li accompagna anche nei momenti più difficili e li rende curiosi e coraggiosi abbastanza da sfidare autorità prepotenti e crudeli, come accadrà quando si ritroveranno coinvolti in uno sporco intrigo politico-poliziesco, decidendo perciò di trasformarsi in un trio di giustizieri. Qui difatti i protagonisti sono tre ragazzi che lottano per la giustizia, per l'amicizia e "perché è giusto". Fonte inesauribile di entusiasmo, sono la colonna portante del film, coloro che tra i rifiuti, le discariche e la spazzatura continuano a credere nei loro sogni e fanno tutto il possibile per inseguirli e realizzarli. E per questo che i tre ragazzi Raphael, Gardo e Rat, interpretati da Rickson TevesEduardo Luis e Gabriel Weinstein, fanno sorridere il pubblico che non può che parteggiare per loro, per i loro sogni e per il loro senso di giustizia.
Trash è infatti un film sulla povertà e sulla corruzione che conquista lo spettatore fin dalle primissime inquadrature, grazie ad un ritmo incalzante (la trama del film è semplice, ciò che la rende accattivante è il modo in cui il film è stato girato) e ad una regia abilissima nel reggerlo, che riesce ad esaltare le qualità dei protagonisti, loro che con la loro agilità saltano sui tetti e corrono per le strade per portare a termine quello che si sono prefissati, con ottimismo e determinazione. Il regista quindi, coglie perfettamente la vita oltreoceano, analizzando dal punto di vista anglosassone (grazie anche alla presenza di Martin Sheen e Rooney Mara, in quest'ultimo caso però state lontani dalla versione doppiata italiana perché con l'accento finto british non si può sentire) le favelas brasiliane senza però mai dimenticare chi sono e da dove vengono i protagonisti della storia (allo stesso tempo, però, evita di appesantire una storia di speranza con dosi di violenza eccessive). Merito anche della sceneggiatura che riesce ad imprimere dialoghi essenziali e mai fuori luogo, che permettono di alternare diligentemente azione, avventura e sentimentalismo. Perché nonostante Trash si presenti sopratutto come un film di denuncia sociale (e per gran parte del film lo è) ben presto si trasforma in una favola per ragazzi dove la speranza, il sorriso, l'amicizia e un inesauribile ottimismo sono le chiavi del successo. Stephen Daldry, con la sua abilità e sensibilità, riesce a trasmettere il coraggio di questi ragazzi che credono fermamente nel lieto fine e se lo vanno a prendere. Trash diventa così, grazie anche ad una colonna sonora impeccabile, un film emozionante e coinvolgente, dove la realtà che diventa fiaba fa sia commuovere che riflettere. Certo, non è un film perfetto, ma quei piccoli buchi narrativi (e qualche piccola illogicità) e quel buonismo da lieto fine che fa capolino soprattutto verso la fine del film, gli vengono tranquillamente perdonati a fronte di un'esperienza cinematografica godibilissima, coreografata come la più favolistica delle rappresentazioni (inserendo con abilità nell'impianto drammatico elementi di realismo magico) e messa in scena da tre ragazzi, non professionisti, che riescono a catturare tutti con il loro carisma e spontanea eccezionalità. Quel che ne esce è quindi un'opera forse poco profonda, ma che senza essere moralistica o didascalica, altresì piena di spirito "anarchico" infantile quanto di sorprendente pietas e maturità, è benissimo capace di far sorridere oltre a commuovere e far pensare, anche grazie ad una narrazione fresca e piacevole, e con finale utile al buon umore. Voto: 6,5