domenica 9 giugno 2019

Boxtrolls: Le scatole magiche (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/10/2018 Qui - Dopo la felicissima esperienza fatta con il bellissimo Kubo e la spada magica non vedevo l'ora di recuperare (oltretutto era già in lista) il precedente film della Laika, quel Boxtrolls: Le scatole magiche (The Boxtrolls), film d'animazione del 2014 realizzato in stop motion, diretto da Graham Annable e Anthony Stacchi, che si basa sul romanzo illustrato Arrivano i mostri! (Here Be Monsters!) di Alan Snow, che fu candidato agli Oscar 2015 come miglior film d'animazione, premio che però poi vinse l'altrettanto bellissimo Big Hero 6, cosa che purtroppo non è questo film. Perché se anche il film allo stesso tempo riesce ad essere perspicace nella prospettiva dei personaggi, non solo caratterialmente parlando, ma specie nel menefreghismo di alcuni di essi, il film non a caso è ambientato in epoca vittoriana, considerata tra una delle più buie e nitide di sempre (guarda caso film in stop motion in epoca vittoriana è La Sposa Cadavere, che testimonia l'intolleranza di certa gente, specie degli aristocratici, dopotutto in questo film, il sindaco della cittadina in questione è la rappresentazione del menefreghismo generale, specie nella figlia che, nonostante tende ad avere un rapporto col padre, non ci riesce), perché se anche il film non delude e risulta comunque riuscito (perché visivamente affascinante), esso è certamente un film lievemente inferiore ai due precedenti a questo, ovvero Coraline e La Porta Magica e Paranorman, ed ovviamente a quel piccolo gioiello di Kubo (seppur è venuto dopo), poiché il film è poco poco più lento rispetto ai primi due (e al successivo) della Laika, che avevano un ritmo più fluido, ed è inoltre molto prevedibile. E tuttavia, nonostante ciò, ho apprezzato lo stesso ciò che è scaturito. Giacché Boxtrolls: Le scatole magiche, conferma la straordinaria firma autoriale che la Laika (che si propone da sempre di unire sperimentazione e tradizione) riesce a imprimere sui suoi lavori. Infatti, sia Coraline che ParaNorman avevano una cifra stilistica comune che oggi si ripete pienamente anche in Boxtrolls. Innanzitutto, caratteristica comune dei prodotti Laika è l'essere realizzati in stop motion 3D, poi deve esserci essenzialmente un gusto per il macabro e il goticheggiante, ed è quello che accade, qui difatti, ancora una volta, è il sottofondo inquietante a farla da padrone, complice la grafica in stile grottesco sul modello Tim Burton e le sceneggiature scure ed inquietanti (anche se pur ricordando quello stile ne da però una versione più comica, soft e meno noir).
Non a caso Boxtrolls è letteralmente un film (una mirabolante favola nera dal sapore steampunk che riporta la mente ai romanzi di Verne, a Dickens e a Carroll, dove le scenografie e i portentosi costumi riescono a trasmettere il senso di decadente e di sporco, e in cui la fotografia assieme al 3D, quest'ultimo funzionale soprattutto per la profondità di campoche sembra uscita da un film sulle gesta di Jack lo Squartatore, aiuta a conferire una ulteriore gotica patina di veridicità) dai toni cupi, dai colori grigio-marroni, dalle forme gotiche e dai personaggi morfologicamente sgradevoli, inoltre si pesta il piede sul pedale della cattiveria e non mancano gag che prevedono risvolti macabri o violenti. E in tal senso l'inizio del film (e il film stesso che non tradisce comunque le aspettative) è ammaliante e inquadra subito tono e stile, perché ci immerge immediatamente in un ambiente dall'architettura vittoriana che più dark non si può: in una cittadina notturna dalle atmosfere decadenti, una macchina impazza per le stradine ed è condotta da i tre guardiani, maschere grottesche dal marcato accento inglese. Grottesco proprio perché è quello l'elemento che caratterizza tutto il mondo creato dai due registi e il character design, in questo caso, raggiunge altissimi livelli di raffinatezza estetica, c'è difatti una cura nei dettagli impeccabile. E' indubbio infatti, che al di là della convenzionalità della vicenda e della struttura (di cui mi soffermerò più avanti), l'intero film sia nuovamente un capolavoro dal punto di vista visivo (l'animazione è infatti un formidabile stop motion che rivela anche i suoi metodi tecnici in una scena alla fine dei titoli di coda con annesso dialogo "metacinematografico" e realmente da scompisciarsi) ma anche e soprattutto tecnico, dove le sue componenti (creazione, costruzione e animazione dei pupazzi, scenografia e fotografia, musiche, straordinariamente acute sono quelle di Dario Marianelli, cast, soprattutto inglese e composto da grandi nomi per il doppiaggio originale, che comprende Ben Kingsley, Jared Harris, Elle Fanning, Toni Collette e Simon Pegg, e le invenzioni meccaniche in stile steampunk), svolgono un lavoro ampiamente soddisfacente.
Purtroppo però la storia non è così particolare e originale come ci si aspettava, anche perché il tutto mi ha ricordato un po' l'universo di Futurama mischiato (per via del modo buffo di parlare e interagire di ciascuna scatola magicacon i Minions della Illumination, e anche per quanto riguarda i personaggi (allungati, deformati in ghigni ed inchini sbilenchi, che si contrappongono ai due bambini protagonisti e ai mostriciattoli verdi che appunto ricordano i Minions di Cattivissimo Me), tutti molto carini ma nulla per cui strapparsi i capelli. E tuttavia nella stessa storia c'è qualcosa di affascinante, interessante ed importante che da valore al film, giacché anche qui (come già accaduto) troviamo un mondo diviso in due che cerca una chiave di volta, un ponte per comunicare. Stavolta la barriera è il pregiudizio sull'altro e la bramosia di potere. E quindi, per la serie "cartoni animati un po' macabri" della Laika, dopo Coraline e ParaNorman, è la volta di The Boxtrolls, esaltante storia di identità e di accettazione. Narrando le gesta dei simpatici troll in scatola, creature sotterranee odiate dagli umani a causa di una leggenda infondata (sorta appunto di Minions bruttini ma altrettanto simpatici), il film si incentra sul simpatico protagonista, Eggs, che scopre lentamente di non essere un troll come la compagnia di Boxtrolls gli aveva fatto credere, ma di essere piuttosto un umano. Così inizia la sua avventura, atta a impedire al malvagio Arraffa di distruggere tutti i Boxtrolls così da potere ottenere la nobile e acclamatissima Tuba Bianca, che permette l'accesso alla Grande Sala delle Degustazioni (atto più nobile e alto per gli uomini è infatti quello di poter assaggiare tante varietà di formaggi). Così, tra un ossessione per i prodotti caseari alla Wallace & Gromit fino a travestimenti e macchine distruttrici che sembrano uscite da Wild Wild West di Barry Sonnenfeld, The Boxtrolls diventa un inno su misura di bambino e adulto al riconoscimento delle diversità, oltre che alla necessità di accettare la propria identità e ribellarsi a logiche sociali assolutamente ridicole e spaventosamente cieche, come appunto quello dell'ottenimento dell'inutile Tuba Bianca.
Peccato che, come altri temi sfiorati dal film (in particolare, è molto interessante il tema dell'ascolto e il suo rovescio, quella cecità che avvolge in un'atmosfera nebulosa i governanti della città e si riflette su tutta la popolazione), non abbia avuto il giusto spazio per esprimersi a pieno. Infatti, seppur il risultato visivo stupisca, ciò in cui pecca Boxtrolls (un film fatto di buone trovate e momenti gustosi che però non riescono sempre a stare bene gli uni al fianco degli altri) va scovato nello script, meno ironico ed "adulto" rispetto ai due precedenti film, ma soprattutto meno denso di inventiva (anche se in alcuni momenti la fantasia vola alto) ed azione. Inoltre il racconto è narrato in maniera più spenta e fredda del previsto, faticando la regia a trovare un ritmo giusto e peculiare che possa travolgere lo spettatore, arrivando a un finale in cui si sente la mancanza, più che di un climax, di una regia che sappia assecondarlo. Non dimenticando che per colpa di questi difetti, ci si rende conto che forse i suoi 100 minuti di durata sono eccessivi, con una parte centrale troppo diluita per quel che ha da raccontare. Tuttavia, pur non riuscendo ad elevarsi oltre il buon prodotto, e seppur limitato da una struttura narrativa che avrebbe potuto osare di più (la causa di questo freno qualitativo è da attribuirsi a personaggi in scena che tutto sommato risultano solo simpatici e una tematica sulle scatole non approfondita a dovere, accompagnata da un lavoro coreografico a tratti scialbo nelle scene d'azione, in tutto ciò non aiutano troppo il montaggio, che a sprazzi spezza il ritmo, annacquandolo, e un finale che si mostra un po' forzato e telefonato), Boxtrolls si rivela una pellicola dal buon gusto burtoniano nella cifra stilistica (pop-gotico e personaggi dalla costruzione "orientale") che, sfoderando delle animazioni molto curate, con una miriade di dettagli a schermo (è ammirabile in tal senso come questo team di animatori esplori fino in fondo il potenziale espressivo dell'animazione, nel caso specifico, anche, la stop motion, utilizzando il colore, le linee e le forme per condensare in pochi tratti storie, caratteri, atmosfere e sentimenti), colpisce nel complesso. In definitiva buono, ma c'è di meglio. Voto: 6,5