Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/08/2018 Qui - Sembrava scontata nel 2017 la vittoria del Premio Oscar come miglior film d'animazione a Zootropolis, anche perché era l'unico che all'epoca avevo visto (e che avevo recensito in modo del tutto positivo) e perché la critica ne parlava così bene che tutto era ormai deciso, e infatti vinse quel premio ed anche con merito, tanto che sembrava che tutti gli altri in lista non avrebbe avuto speranza, eppure, anche se sono comunque convinto sia stata quella la scelta giusta, è innegabile che questi proprio brutti non erano affatto, anzi, film come Oceania e La mia vita da zucchina (del quintetto mi manca ancora La tartaruga rossa), avevano infatti ottime chance perché sono poi risultati dei gran bel film d'animazione, un po' come lo è senza dubbio il bellissimo Kubo e la spada magica (Kubo and the Two Strings), film d'animazione in stop motion del 2016 diretto da Travis Knight che, seppur non perfetto, è certamente uno dei migliori film d'animazione prodotti negli ultimi anni, un film, una favola, suggestiva, visivamente e tecnicamente brillante ma soprattutto emotivamente profonda. Un'avventura epica dalle lontane radici fantasy, affascinante, misteriosa, coinvolgente ma non per questo meno divertente. Uno di quei rari casi in cui si riesce a vedere realizzata con (apparente) semplicità la sintesi da molti inseguita di una animazione in grado di parlare a diversi pubblici, di offrire insegnamenti e spunti, senza cadere nella pedanteria o nella retorica e soprattutto di farci perdere davvero in una favola in cui anche la magia è credibile. La produzione della Laika non è nuova a questi successi, dopo La sposa cadavere, Coraline e la porta magica, ParaNorman e Boxtrolls (che tuttavia non ho ancora visto), ma nel caso del film diretto dall'esordiente (alla regia, ma già produttore degli ultimi due dei suddetti) Travis Knight la fascinazione è davvero notevole. L'avventura del piccolo Kubo infatti, cantastorie e mago degli origami, costretto a sfuggire da persecutori soprannaturali e a cercare di scoprire il mistero legato alla sua famiglia, indizio dopo indizi, ci fa attraversare con lui mondi talmente diversi nei quali viene spontaneo sospendere l'incredulità, tanta è la forza visiva e narrativa di quello che vediamo scorrere sullo schermo.
Qui difatti siamo a un livello di resa visiva prodigioso: la tecnica stop motion (una tecnica forse rétro ma che ogni volta si dimostra il mezzo perfetto per raccontare una favola, e non solo, d'altri tempi e luoghi) quasi si mimetizza e si nasconde dietro un lavoro degli animatori impressionante nel catturare le smorfie, le sfumature, i colori. E tutto contribuisce a un'impresa titanica di ricreazione di un intero mondo, impresa sostenuta non solo dal talento tecnico degli uomini Laika, ma anche dalla loro ispirazione narrativa. Kubo e la spada magica è avventura allo stato puro, concatenazione di eventi straordinari vissuti da personaggi indimenticabili, tutto collocato in un suggestivo antico Giappone. Ecco, è qui che sta la parte più commovente dell'intero lavoro: l'ex produttore, ora diventato appunto anche regista, guarda al Sol Levante e ne fa un elogio pieno di passione e amore. È un elogio che riguarda la Storia, le tradizioni millenarie, l'arte dell'origami, l'antica cultura dei samurai, l'approccio filosofico e religioso a un mistico rapporto con la morte, così rispettoso del lutto individuale, eppure così pieno di pietà e ottimismo per il futuro (la trama seppur originale non a caso prende spunto da numerosi elementi della mitologia e del folklore giapponese). Il Giappone è la patria dello Studio Ghibli, di Hayao Miyazaki, di Isao Takahata: è al loro disegno animato che Travis Knight e la Laika Entertainment guardano nell'impostazione naturalista delle loro scene e nella tensione eroica dei loro piccoli grandi protagonisti. Come lo è Kubo, un ragazzino tutto cuore, che ha perso il padre, ucciso dal nonno materno perché colpevole di aver fatto innamorare una delle sue figlie, streghe maligne. Ma la madre di Kubo ha saputo voltare pagina, rinnegare la crudeltà della sua famiglia e abbracciare il mondo dei vivi. E una volta però che le altre due sorelle spietate tornano per uccidere la loro congiunta, Kubo, ormai rimasto solo, inizia così un lungo viaggio (in cui si aggiungeranno diversi compagni) alla ricerca di una fantomatica armatura, dotata di poteri che lo potranno finalmente mettere al sicuro dai suoi parenti spietati.
E quindi lo schema, alla fine, è sempre quello di una solida tradizione di cinema avventuroso: l'evento imprevisto, la fuga che diventa viaggio, che si trasforma in scoperta di sé ma anche in occasione per intrecciare rapporti tra personaggi e alleati, fino allo scontro finale. Il lungometraggio di Travis Knight in tal senso però è veramente una rispolverata di alcune certezze di un cinema classico, rassicurante, ma per nulla scontato. Il lato più toccante della vicenda, tutto incentrato sull'elaborazione del lutto, si mischia, infatti, a una serie adrenalinica di sequenze action, pensate e poi realizzate con un senso del ritmo incredibile, nella loro semplicità. Certo, la sceneggiatura ha più di qualche falla, alcuni passaggi risultano troppo forzati anche per un fantasy d'animazione, ma sono difetti veniali di fronte al risultato complessivo. Il finale, poi, è degno dei capisaldi proprio di quel cinema d'animazione giapponese cui teneramente il regista ha voluto rendere omaggio: lungi dal voler costringere lo spettatore più giovane ad allietarsi di fronte a un dovuto finale positivo, gli autori di Kubo realizzano negli ultimi minuti un bellissimo film nel film, in cui i concetti di famiglia, fede, dolore, perdita, fiducia perdono la loro connotazione prettamente nipponica e si fanno universali, in un'ultima, prodigiosa scena che tocca le corde dei cuori anche più restii a scaldarsi. Non è un caso che tutto il complesso intreccio di avvenimenti e situazioni che compongono Kubo e la spada magica, ruotano attorno al significato dell'avere una famiglia e di come questa possa definire quello che siamo e ciò che diventiamo: Kubo, nel suo passaggio all'età adulta, viene infatti chiamato a confrontarsi con la tradizione e con la propria storia familiare. Il tutto viene raccontato con la magia e la profondità tipica delle vecchie storie epiche, dove ogni passo dell'eroe ha una importanza cruciale per la buona riuscita dell'impresa, dove ogni particolare è legato da un filo rosso e ogni personaggio influisce su quello al suo fianco, non solo con la sua attività presente, ma anche con le sue intenzioni passate e future.
E così tra scene riuscitissime (la maggior parte) sia più compassate che più movimentate, e scene meno accattivanti (quasi irrisorie), procede l'avventura (perché appunto di vera e propria avventura si tratta) del piccolo e ben caratterizzato (come tutti) Kubo e di altri personaggi di contorno che geniali è dire poco: una scimmia, un guerriero scarafaggio e un piccolo samurai di carta. L'interazione tra questi è molto semplice e "naturale" e per questo riuscitissima, tra amori, controversie, dispetti che emozioneranno e divertiranno anche i più piccoli. Si "anche", perché per quanto mi riguarda è un titolo diretto molto di più a ragazzi e adulti che ai bambini. Diverte sicuramente anche i più piccoli viste le situazioni e i personaggi buffi, ma il messaggio di fondo, anche se assolutamente non velato ma chiarissimo nelle scene finali, sarà compreso e inglobato (almeno si spera) solo da chi saprà guardare dietro la fantastica e divertente avventura del piccolo (americano) giapponesino. Commuove si, ma è uno di quei film che fa stare bene alla fine e viene veramente voglia di abbracciare in pieno tutta l'ideologia giapponese/buddista che ci viene mostrata. Non per non dare l'importanza che si deve ad una morte e alla lacrime che provoca, quelle servono a tutti, ma perché "scegliendo", come fa Kubo sul finale prima di pizzicare la sua "chitarra", l'umanità, la famiglia, la vita sia nel bene che nel male, rispetto ad una felice ma "finta" illusione, si dovrebbe essere contenti, realizzati e pieni, e anche se ci sarà da versare qualche lacrimuccia (solo una ma "importante" quella del nostro protagonista) dopo non dovremmo temere di rialzarci e magari di sorridere anche se un'altra "lanterna" a cui volevamo bene sta volando via. Per questo Kubo e la spada magica è un puzzle narrativo estremamente complesso e affascinante, che rievoca qualcosa di più profondo e arcaico, ma che, grazie a dei personaggi ironici e dall'emotività leggera, riesce anche a far sorridere.
Dopotutto la storia procede con buon equilibrio tra action e intimismo, venata da una componente comica moderata, mai ostentata, che regge soprattutto sui battibecchi dei personaggi ed evita facili gag slapstick. Tra le sequenze più memorabili, lo scheletro gigante, che è il più grande pupazzo animato mai costruito per un film in stop motion (vedere per credere nei titoli di coda). La discesa del guercio Kubo nel giardino d'occhi subacqueo è invece la metafora di una ricerca interiore. Tuttavia, anche se Kubo e la spada magica è una produzione che è circondata più da luci che da ombre, quest'ultime sono evidenti. Non solo nella sceneggiatura leggermente forzata, ma soprattutto nel titolo, poiché come al solito non ci siamo. È chiaro l'intento di voler prendere nella rete il più vasto pubblico possibile. Una spada magica fa sempre al caso della distribuzione di un film, mettendo insieme due elementi archetipici (la spada e la magia) che hanno sempre un forte appeal sul pubblico. Come amante del "non cambiamo il concetto che gli autori volevano dare all'opera originale", avrei preferito un "Kubo e le due corde", traduzione letterale che sarebbe risultata, lo comprendo, meno esplicita e più ermetica, ma molto più aderente al senso della storia (oppure lasciarlo in inglese). Lo shamisen, infatti, è l'elemento centrale che permette alla magia di Kubo di esprimersi. Il ragazzo è indubbiamente un bardo, se volessimo necessariamente incardinarlo all'interno di una delle tradizionali classi dei GdR fantasy, e come tale non necessita di una spada magica (che è solo uno dei tre artefatti che dovrà trovare), bensì di uno strumento magico. Ma se ridicola è la scelta di "violentare" il titolo originale, pare felice la scelta di affidare il doppiaggio, finalmente, a una squadra di veri doppiatori, senza cedere alle lusinghe del nome televisivo di grido (con l'eccezione di Neri Marcoré, che però fornisce una prestazione davvero di alto profilo).
Il doppiaggio italiano infatti, è curato con estrema precisione e la recitazione dei testi è ottima. In lingua originale, poi, Charlize Theron (Monkey), Ralph Fiennes (Il Re della Luna), Matthew McConaughey (Beetle), Rooney Mara (le Due Sorelle), George Takei e Brenda Vaccaro hanno prestato (sicuramente e certamente bene anche se non posso confermare) la voce ai tanti personaggi tra i quali spicca il giovane Art Parkinson, voce di Kubo ma già famoso per aver dato vita al personaggio di Rickon Stark in Game of Thrones. Ma se più che discreta è anche la colonna sonora, magistrale è, come detto, la stop motion di ultima generazione realizzata dallo studio americano (Oregon) Laika Entertainment, che non fa rimpiangere capolavori d'animazione di stessa tecnica e non, il tutto diretto da Trevis Knight, che sfiora i delicati canoni di Miyazaki e accarezza la spettacolarità di George Lucas. Inoltre non mancano omaggi, nonché altre decine di curiosità e cameo davvero interessanti in questo film d'avventura. Film che però, sebbene sia un film appunto d'avventura, dà il meglio di se nella ricerca dei dialoghi e nella sua voglia di aggrapparsi con tutto se stesso alla metafora del cantastorie alla ricerca di un finale per la propria. Un film singolare per il mondo dell'animazione cinematografica che invece di puntare lo sguardo sull'importanza dei sogni guarda dritto al valore dei ricordi. E quindi, visivamente straripante, Kubo e la spada magica conquista e trasmette emozioni grazie all'utilizzo di scene d'azione pregevoli e dialoghi semplici quanto potenti. Un viaggio magico per tutte l'età che riconosce il passato come forma di ispirazione per il proprio futuro. Perché Kubo e la spada magica è un film su un'impresa epica, con dei personaggi maestosi, eccitanti combattimenti di arti marziali, magia e nemici impavidi. Ma è anche una storia di maturazione e perdono, il racconto di un bambino che tenta di definire famiglia e tradizione, di comprendere come perdita e guarigione risiedano una accanto all'altra nel cuore dell'uomo. È una storia complessa dall'accesso immediato, semplice nella comunicazione quanto articolata nei sotto-testi, una di quelle storie che, in una variante del tutto personale di rielaborazione, ha il potenziale di rimanere dentro di noi per sempre. Perciò imperdibile è questo film, un film bellissimo e meritevole d'attenzione. Voto: 7+