sabato 1 giugno 2019

Loving (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/08/2018 Qui - Se la storia d'amore nata nel 1947 tra l'erede al trono del Botswana e un'impiegata bianca londinese, al centro del film A United Kingdom, cambiò la storia, almeno in una parte del mondo, la storia d'amore tra Richard e Mildred Loving (bianco lui, nera lei) a fine anni '50 cambiò invece uno dei pochi paesi che all'epoca senza esitazioni ancora non accettava il matrimonio interrazziale, parlo ovviamente degli Stati Uniti d'America, che sempre definitosi il paese della libertà negli anni '60 proibiva l'unione di due razze e che negli anni a seguire continuerà a lottare (e non ha mai finito di fare ancor oggi) contro la piaga razziale, sempre presente nel sud della sua sterminata nazione. Loving per questo, film del 2016 scritto e diretto da Jeff Nichols, è un film interessante, che parla di un argomento importante e relativamente poco noto, ma purtroppo non lo fa benissimo (e personalmente è leggermente migliore il film di Amma Asante). L'idea del regista è quella di raccontare la vera storia dei Loving, una coppia interrazziale residente in Virginia sul finire degli anni '50, le cui vicissitudini giudiziarie hanno portato poi alla messa al bando delle leggi nazionali che proibivano i matrimoni misti. La cosa segnò una grandissima conquista in tema di diritti civili per gli Stati Uniti, in quegli anni tema di discussione fortissimo all'interno del paese, dal momento che le persone di colore si trovavano ancora discriminate in molti ambiti della vita. Ci troviamo precisamente nel 1958, quando una coppia interrazziale, viene arrestata e condannata ad un anno di detenzione (che possono evitare se abbandonano lo stato e non vi fanno ritorno per 25 anni), rei di essersi sposati. Accettano il verdetto e si trasferiscono, ma dopo una lunga permanenza a Washington, Mildred abbraccerà l'idea di mettere in piedi una battaglia legale contro la Virginia, che passerà alla storia come "Loving contro Virginia", che porterà poi, come detto in apertura, all'abolizione del divieto di contrarre matrimoni misti.
La storia che racconta la pellicola è quindi una importante, che ha condotto a una rivoluzione all'interno del sistema americano, quello che non si apprezza particolarmente però è la rappresentazione che ne da il regista, non perché il film sia brutto, mal realizzato o noioso, semplicemente sembra che si potesse fare di più. Il film, infatti, praticamente scarta il discorso sul processo, si concentra sulla vita della coppia, seguendo sempre e unicamente loro e dandoci solo accenni a quella che è la realtà esterna che li discrimina. Perché in effetti, a parte le autorità della Virginia, la società che li circonda sembra a sua volta curarsi poco della loro unione. Questa scelta si rivela un'arma a doppio taglio, perché in qualche modo contestualizza il film all'interno di una realtà storica che racconta solo marginalmente, parla di un processo che ha cambiato un dettaglio non piccolo della società americana (ci viene fatto notare che il matrimonio ha implicazioni enormi quali, per esempio, l'eredità o la situazione legale dei figli), ma forse manca nel regalare alla vicenda il giusto pathos cinematografico. A doppio taglio, si è detto, perché nel seguire sempre e costantemente il loro punto di vista, escludendo il resto, il film recapita un messaggio centrale tanto semplice quanto importantissimo: che problema crea al mondo se le persone di colore si sposano con i bianchi? Nessuno, è l'ovvia risposta che daremmo noi oggi. Tutta la pellicola sembra imperniarsi su questo concetto, quello per cui loro sono semplicemente due persone normali, che hanno una vita di coppia normale, e che tutta l'opposizione alla loro unione è una sterile sovrastruttura montata da una società razzista, che non ha alcun senso di esistere, perché semplicemente la loro unione non costituisce un problema per nessuno. In questo senso la semplificazione del discorso operata da Loving ha un senso importantissimo, e riporta la questione alla sua base. D'altra parte, però, parliamo di un film che di fatto non trascina mai lo spettatore.
Il film difatti non ha mai picchi particolari, e quindi scorre via in modo piuttosto anonimo, come anonima è la vita privata di queste due persone, o almeno la sua rappresentazione in quest'opera. Il messaggio sembra quindi esprimersi perfettamente nella pellicola, mentre lo spettatore non ne rimane così preso. A questo si somma una costruzione del film piacevole, con due buone performance degli attori: Ruth Negga nei panni di Mildred è veramente bravissima e naturale, mentre Joel Edgerton nei panni di Richard sembra spesso forzare un po' troppo la mano, con un'interpretazione a volte artefatta che lo fa apparire come alienato dal mondo, con un'espressione eccessivamente "tonta" stampata sul volto. In generale, comunque, i due risultano ben caratterizzati e calati nei loro ruoli. Visivamente non ci troviamo mai di fronte a niente di eccezionale o da far strappare i capelli, nonostante i paesaggi della campagna americana sul finire degli anni '50 abbiano sempre un buon effetto, soprattutto quando sono accompagnati sul lato musicale da blues d'altri tempi. Loving è dunque un'opera che non ha nulla da aggiungere o da togliere al grande filone cinematografico dell'impegno sociale, la cui sola intelligenza è forse quella di voler cavalcare l'onda mediatica che una tale tematica solleva al giorno d'oggi, facendosi ricordare più per l'intenzione espressa che per il risultato ottenuto. In tal senso sono indubbie le difficoltà insite nella trattazione di una tematica come questa, già vista e rivista sia sul grande che sul piccolo schermo, che sì richiedono una grande abilità nella gestione della messa in scena, che non solo deve saper rifuggire con tutta la sua forza il pericolo dei cliché, delle esasperazioni enfatiche e dell'eccessivo sentimentalismo, ma che deve tuttavia al contempo evitare il pericolo opposto, ovvero l'eccessiva premura, l'oggettivo distacco incapace di coinvolgere il pubblico e di convincerlo a entusiasmarsi per un tema che non è in effetti nulla di nuovo nella storia del cinema.
E sorprendentemente è proprio questo a ben vedere l'errore di Jeff Nichols (già regista e sceneggiatore di Take Shelter, Mud e Midnight Special), la cui macchina da presa si mantiene sempre a una timida distanza di sicurezza, in una certa qual scolasticità sia tecnica che retorica, all'interno della quale a poco serve la bravura recitativa dei due protagonisti: Joel Edgerton e Ruth Negga (candidata anche all'Oscar come migliore attrice). Sicuramente la vicenda colpisce e non lascia indifferenti, soprattutto se comparata agli eventi del nostro presente, ma in questo il merito del cinema è ben poco: se la sceneggiatura se la cava nel tentativo di rendere meno gravosi tutta una serie di luoghi comuni (che pur sono fastidiosamente presenti), la regia al contrario è più che mai statica e si fa carico di una serie di scelte stilistiche dal sapore indigesto: una tra tutte la decisione di lasciar troppo spazio a una colonna sonora che in tal modo non è più in grado di sottolineare alcunché, trasformandosi presto in un onnipresente e lamentoso accompagnamento. Perché certo, il regista rifugge il tono epico della grandi battaglie civili, dopotutto Jeff Nichols non è un autore da grande pubblico (fino ad ora), non è legato alle classiche linee hollywoodiane, fino ad ora ha sempre girato film indipendenti passati poco sotto la luce dei riflettori, ma questa scelta non si rivela del tutto efficace. Non bastasse che lo scorrere del tempo (scandito dall'allargarsi della famiglia che, pur soffrendo della lontananza dalla famiglia d'origine, di fatto non patisce mai veramente privazioni) seppur serva a Nichols per mostrare la solidità di un legame (anche troppo semplice) che solo le ragioni astratte di un tribunale (i cui riferimenti religiosi suonano totalmente assurdi e piuttosto riflettono tristemente i pregiudizi dei "sudisti", sconfitti dalla guerra ma non nel controllo della società) provano a mettere in discussione, di fatto non incrina mai le convinzioni dei due. È forse proprio questa mancanza di dubbi o cedimenti nei due protagonisti che, pur rispettosa del dato storico, di fatto indebolisce un po' la drammaturgia di Loving che si sviluppa senza grandi contraccolpi fino allo scioglimento, largamente prevedibile.
Ma non è solo quello, perché restano sullo sfondo vari temi appena accennati, che forse se approfonditi avrebbero dato più vivacità al racconto, non solo lo scetticismo di alcuni degli amici neri di Richard di fronte alla sua volontà di sposare Mildred invece di limitarsi a "stare con lei", conservando i suoi privilegi di bianco, ma anche il contrasto tra la vita dell'America rurale (più arretrata sul piano dei diritti, ma migliore in termini di qualità della vita) e quella urbana. Eppure nonostante ciò Loving è un film che, complessivamente, può essere definito riuscito. Poiché riesce comunque a veicolare un messaggio importante e racconta una storia che ha cambiato un aspetto centrale degli Stati Uniti. Lo fa a modo suo, concentrandosi su quello che gli interessa senza voler per forza coprire ogni aspetto della questione. Il risultato è perciò un film che riesce benissimo nell'intento, e un po' meno in quello di coinvolgere lo spettatore. In tal senso è quindi difficile dire se questo sia un pregio o un difetto, ma certamente non si può che consigliarne la visione a chi apprezza un certo tipo di cinema, "impegnato ma non troppo". Anche perché il film ha in sé comunque le caratteristiche (tuttavia interessanti e belle) tipiche del suo regista: grande attenzione alla fotografia, narrazione non enfatizzata, ritmo lento e una regia mai banale che cerca la bellezza estetica della messa in quadro (senza dimenticare una scelta accurata dei suoi interpreti, tra questi, nonostante la particina davvero striminzita, di Michael Shannon). Nel raccontare questa storia di amore e diritti civili non abbandona le sue caratteristiche anche quando il mood complessivo del film poteva spingerlo a farlo. Resta però un film che non sa decollare, leggermente privo di mordente, troppo appiattito sull'amore senza che traspari mai mezzo problema tra i due. Insomma, è troppo spesso didascalico e avvitato su se stesso, dimostrando segni di mancanza di personalità. Rimane comunque un film da vedere per ciò che racconta e per la grande capacità di Nichols di rendere poetica e affascinante anche l'inquadratura più scontata. Voto: 6+