Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2019 Qui - Questa è la vera storia di "Gola profonda", e no, non si parla di Linda Lovelace, protagonista dell'omonimo porno-cult, ma dell'uomo (Mark Felt, vice-direttore dell'FBI) "silenzioso" che, nell'America che si apprestava a rieleggere Richard Nixon per il secondo mandato, portò alla luce e fu la fonte anonima (la "Gola profonda", appunto) del famoso scandalo conosciuto come Watergate. Peter Landesman, giornalista investigativo prima che regista, lo aveva già dimostrato nel suo film d'esordio, Parkland, confermandolo poi nel successivo Concussion (Zona d'ombra con Will Smith): l'oggetto del suo cinema è da ricercarsi sempre dietro le pieghe delle verità, negli angoli nascosti di vicende realmente accadute. Ispirato ai libri dello stesso Mark Felt e di John O'Connor, The Silent Man (The Mark Felt: The Man Who Brought Down the White House) potrebbe essere perciò considerato "il dietro le quinte del dietro le quinte" di Tutti gli uomini del Presidente, opera che mai come in questi anni di cinematografia (si pensi anche a The Post di Steven Spielberg) sta tornando alla ribalta. Più nello specifico, però, il regista è interessato a soffermarsi sull'uomo dietro il "sussurratore" e, soprattutto, sul momento cruciale vissuto all'interno dell'FBI all'indomani della morte di J. Edgar Hoover (che guidava il Bureau dal 1935): la Casa Bianca colse la palla al balzo per poter finalmente mettere mano sull'istituzione che, fino a quel momento, da statuto era sempre stata indipendente e libera da qualsiasi forma di controllo governativo. È questo, senza dubbio, l'aspetto più interessante del film, che si concentra sul difficile momento di Felt (i più lo immaginavano sarebbe stato il naturale successore di Hoover) chiamato a dover sottostare a L. Patrick Gray (Marton Csokas), nuovo direttore e uomo vicino a Nixon, primo informatore della Casa Bianca allo scoppio del caso Watergate. Peccato che la sceneggiatura talvolta fin troppo verbosa, che cerca di condensare concetti e informazioni (anche molto tecniche) dentro sguardi e momenti di alta tensione dialogica, non sempre sia perfettamente chiara ed efficace.
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giovedì 27 giugno 2019
The Silent Man (2017)
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mercoledì 19 giugno 2019
La voce della pietra (2017)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/11/2018 Qui - La voce della pietra (Drammatico, Usa, Italia, 2017): Tratto da un romanzo di Silvio Raffo e girato rigorosamente in Italia, Voice From the Stone è un film vecchio stile, che non punta sugli effetti speciali, qui totalmente assenti, o sui sensazionalismi "usa e getta" ormai abusati e saturi nel genere thriller. La scelta intelligente e azzeccata del film in questione è che si propone come un film vecchio stampo, che punta tutto sul creare un'atmosfera di mistero imponente capace di avvolgere la pellicola, dal primo all'ultimo secondo. Peccato che l'atmosfera gotica e i panorami mozzafiato siano al servizio di un film che promette molto ma che si rivelerà purtroppo più debole del previsto. Il film infatti, che tratta una storia non originalissima e che ricorda qualcosa di già visto altrove, che tratta di fantasmi e di presenze, seppur in modo molto delicato e discreto, portando lentamente ma progressivamente la sua protagonista, Verena (che accetta un lavoro pedagogico per aiutare un bambino orfano di madre a parlare nuovamente) in un percorso discendente che la renderà incapace di distinguere la realtà dall'immaginazione, viene sviluppato in maniera del tutto inadeguata. La sceneggiatura risulta praticamente accessoria e secondaria mentre in buona parte del film non accade assolutamente niente, nessun colpo di scena, nessuna escalation emotiva, non succede niente che possa catturare l'attenzione dello spettatore o mantenerne intatto l'interesse. Anche la caratterizzazione dei personaggi risulta veramente poco incisiva e di poco spessore.
sabato 1 giugno 2019
Loving (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/08/2018 Qui - Se la storia d'amore nata nel 1947 tra l'erede al trono del Botswana e un'impiegata bianca londinese, al centro del film A United Kingdom, cambiò la storia, almeno in una parte del mondo, la storia d'amore tra Richard e Mildred Loving (bianco lui, nera lei) a fine anni '50 cambiò invece uno dei pochi paesi che all'epoca senza esitazioni ancora non accettava il matrimonio interrazziale, parlo ovviamente degli Stati Uniti d'America, che sempre definitosi il paese della libertà negli anni '60 proibiva l'unione di due razze e che negli anni a seguire continuerà a lottare (e non ha mai finito di fare ancor oggi) contro la piaga razziale, sempre presente nel sud della sua sterminata nazione. Loving per questo, film del 2016 scritto e diretto da Jeff Nichols, è un film interessante, che parla di un argomento importante e relativamente poco noto, ma purtroppo non lo fa benissimo (e personalmente è leggermente migliore il film di Amma Asante). L'idea del regista è quella di raccontare la vera storia dei Loving, una coppia interrazziale residente in Virginia sul finire degli anni '50, le cui vicissitudini giudiziarie hanno portato poi alla messa al bando delle leggi nazionali che proibivano i matrimoni misti. La cosa segnò una grandissima conquista in tema di diritti civili per gli Stati Uniti, in quegli anni tema di discussione fortissimo all'interno del paese, dal momento che le persone di colore si trovavano ancora discriminate in molti ambiti della vita. Ci troviamo precisamente nel 1958, quando una coppia interrazziale, viene arrestata e condannata ad un anno di detenzione (che possono evitare se abbandonano lo stato e non vi fanno ritorno per 25 anni), rei di essersi sposati. Accettano il verdetto e si trasferiscono, ma dopo una lunga permanenza a Washington, Mildred abbraccerà l'idea di mettere in piedi una battaglia legale contro la Virginia, che passerà alla storia come "Loving contro Virginia", che porterà poi, come detto in apertura, all'abolizione del divieto di contrarre matrimoni misti.
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