mercoledì 23 giugno 2021

Togo - Una grande amicizia (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Se nel passato, il bellissimo cartoon non disneyano Balto, ci aveva emozionato, oggi ci pensa la Disney a rimettere le cose in ordine, cioè: il cane Balto, rispetto al cane Togo è robetta. Nella corsa al siero del 1925 (antitossina della difterite) di 700 miglia in condizioni climatiche più che avverse, sia per l'uomo che per i cani (bellissimi Husky), in Alaska, Balto avrebbe corso la sua parte di staffetta, tirando la slitta, solamente per le ultime 40 miglia, il vero eroe, rimasto sconosciuto fino al 2019, sarebbe stato Togo, che ne ha percorse più di 400 assieme al suo padrone Seppala (un Willem Dafoe molto calzante). Togo fin da cucciolo si è sempre mostrato tanto determinato quanto indisciplinato, rifiutato dall'addestratore stesso. Però il "cuore di un sopravvissuto" è sempre più grande di quanto si pensi e Togo saprà conquistare il suo ruolo da leader e un posto speciale nel cuore suo e di sua moglie (Julianne Nicholson). Il film scorre nel solco di Iron Will, anche se siamo sempre in casa Disney, quindi, se il film si rivolge ad un pubblico più adulto in cerca di emozioni, il prodotto è sempre sufficientemente edulcorato. Nella storia e nel coraggio di Togo, troviamo elementi emozionali che permettono di affrontare la visione con un forte senso di empatia e commozione. Abbastanza piacevole tutto sommato, nonostante non riesco a passare sopra ad alcune sequenze romanzate quasi all'eccesso e/o esagerate (la parte sul ghiaccio per esempio) e a degli effetti speciali non sempre eccellenti. Buona la combinazione di dramma, avventura e sentimento con lo sfondo degli spettacolari paesaggi ghiacciati resi al meglio da una fotografia spettacolare. Insomma un buon film per famiglie a marchio Disney tratto da una storia vera, anche se, pregevole quanto si vuole, ma rispetto a Balto comunque inferiore, certamente meno memorabile. Voto: 6,5

Artemis Fowl (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Speravo che la Disney avesse imparato dai propri errori, del come non fare un film/fantasy, e invece dopo il fallimentare/brutto Nelle pieghe del tempo essa maldestramente ci ricasca. Artemis Fowl è infatti un'opera priva di brio e di qualsivoglia coordinata creativa. E' sbalorditivo il modo in cui questo adattamento (dell'ennesima saga fantasy per ragazzi) riesca a rivelarsi respingente su qualsiasi fronte narrativo, rendendo indigesto il tentativo di comprensione che uno spettatore ignaro prova disperatamente a mettere in atto nei suoi confronti. Errori di sceneggiatura, con accelerazioni senza senso, brusche frenate. Zero umorismo, se non quello involontario, di cui è pieno. Brutto da subito, errato nel casting (il giovane protagonista non brilla per simpatia), patetico in alcuni momenti (nel senso che ti vergogni per loro), scioccamente confuso in altri, noioso e scontato sempre, e quando finalmente finisce, parte un'interminabile serie di "scene finali", insopportabili. Una storia che non coinvolge mai (personaggi piattissimi), e qui ci vedo della colpa anche in Kenneth Branagh, uno che qualche passo falso in carriera lo ha commesso ma che arriva da un passato di teatro e sa cosa sia la qualità. Che prendersi non troppo sul serio in film di questo genere va bene, ma qui mi sembra che l'attore, regista e sceneggiatore britannico abbia diretto proprio svogliatamente, non mettendo la sua impronta e lasciando andare attori (non basta infilare nel cast una Judi Dench a caso) e mediocre sceneggiatura per i fatti loro. Cerca soltanto di emulare (malamente) altre pellicole del genere, ma fallisce miseramente e ne sancisce la condanna all'anonimato e alla mediocrità. Da dimenticare. Voto: 3

Il re leone (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Remake live action di uno dei successi planetari Disney, amato e conosciuto più o meno da tutti, in cabina di regia c'è Jon Favreau, che sembra aver preso gusto a questo genere di operazioni, suo infatti è anche l'altro remake in live action con gli animali, ovvero Il libro della giungla. E come quest'ultimo, anche questo film è graficamente sbalorditivo, anche questo è stato candidato all'Oscar (nel 2020) per gli effetti speciali, che però al contrario dell'altro non ha vinto. Poco male, due bei film sono, forse questo un pelino sotto, ma comunque un lavoro ben fatto. Un rifacimento del celebre cartone animato (che qui viene ripreso pari pari, ci sono tante piccole differenze in realtà, ma il grosso della storia è identico, quasi scena per scena) con animali che sembrano veri al punto da rimanere stupefatti. La CGI fa infatti impressione, gli animali sembrano davvero reali (riuscito perfettamente il lavoro di shot-for-shot fotorealistico), e poi i colori dell'Africa sono stupendi, la colonna sonora richiama quella clamorosa dell'originale (qualche canzone identica) e in generale quella sensazione di magia è intatta, così come l'inevitabile lacrimuccia. Si colgono difatti molti momenti gradevoli in cui emozionarsi è piuttosto comprensibile. Il doppiaggio di Marco Mengoni e Elisa non è proprio dei migliori, mentre quello di Edoardo Leo e di Stefano Fresi (nei panni dei miei personaggi preferiti di questo bel classico, ossia Timon e Pumba) è godibilissimo. Il re leone è insomma uno dei migliori live action (dei suoi tanti classici) prodotti dalla Disney, un film non perfetto (come l'originale, non tra i miei preferiti della collezione comunque) che evita di strafare e riadattare, riuscendo in tal modo a farsi più che discretamente apprezzare. Voto: 7

Frozen II - Il segreto di Arendelle (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Grafica superba per questo film un po' sopravvalutato che a mio parere ha avuto successo nella prima stesura, per il 99% grazie alla canzone ''Let it go'' che ha imperversato un po' ovunque (parchi e quant'altro), fino a diventare più indimenticabile del film che, ad essere sinceri, si ricorda pochino (la nuova canzone candidata anche agli Oscar 2020 non ha lo stesso effetto, per fortuna e/o sfortuna). Con questa seconda edizione si è cercato principalmente il marketing post uscita invadendo il film con continue interruzioni musicali in accattivante stile videoclip che dopo un po' annoiano e fanno perdere l'atmosfera della trama (una trama allorché più adulta ma al tempo stesso meno spontanea, restando nel solco tranquillo del blockbuster). Uniamo il doppiaggio in italiano delle canzoni che per il rispetto della metrica sacrifica naturalmente l'armonia e ci troviamo davanti ad un prodotto pubblicitario un po' confuso con un minestrone di storia che irrita nella sua falsa ingenuità, ma che strizza molto bene l'occhio ai bambini (ingolositi nel volere a tutti i costi gadget a tema). I personaggi sono sempre piuttosto simpatici, specialmente Olaf e la renna, e anche i giganti di pietra, decisamente pigri, fanno la loro figura, alla fine, però, si ha la netta sensazione che il contenitore grafico valga decisamente più del contenuto. Né bello né brutto comunque, direi quindi eccezionale negli effetti e nell'animazione ma scadente nel suscitare emozione. In ogni caso, come spesso capita, inferiore per stile e storia al primo. Voto: 6

X-Men: Dark Phoenix (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Film un po' deboluccio della saga X-Men. Sarà che la trama sa un po' di brodo riscaldato, dato che la storia riprende quella dell'episodio "Conflitto finale", sempre parlando dei film sugli X-Men. Sicuramente il punto di vista è diverso, gli interpreti sono diversi, e l'intreccio è diverso, ma ci sono dei punti in contatto che fanno sì che questa storia non sembri originalissima. Mettiamoci inoltre un ritmo un po' blando, la quasi assenza di momenti di grosso pathos, e i momenti clou giocati un po' male, ed ecco che questo film degli X-Men si rivela tra i più deludenti quanto meno dell'universo "prequel" (si salvano solo i toni e le atmosfere più cupe del solito, ma diversi momenti lasciano l'amaro in bocca). E' infatti un capitolo finale abbastanza deludente di una saga iniziata bene da Matthew Vaughn e proseguita con il giusto piglio dallo specialista Bryan Singer. Che poi, la CGI è accettabile, la regia modesta (dello sceneggiatore e produttore Simon Kinberg, al suo esordio dietro la macchina da presa) ma dignitosa, il vero problema risiede nella (sua) sceneggiatura (oltretutto piena di espedienti inutili, che si svolge nella maniera più piatta, lineare e anti-climatica possibile, senza un guizzo, un'idea che sia una, con annessi dialoghi banali e ripetitivi), soprattutto il personaggio di Jessica Chastain (che bionda non si può vedere) è privo di qualsiasi profondità. In realtà non aveva senso inserire una villain in questa storia, perché lo era già la protagonista stessa (Sophie Turner, che inoltre qui convince molto poco), senza mettere in mezzo improbabili alieni muta-forma. I personaggi, semplicemente non hanno caratterizzazione: non hanno fascino, non attirano simpatie/antipatie, nulla di nulla. Charles Xavier sembra posseduto da una personalità di Split, Magneto è confuso e non sa nemmeno lui cosa vuole, idem per Hank McCoy. Non ci sono nemmeno le fantastiche sequenze di Quicksilver che avevano salvato ed elevato (forse anche eccessivamente da me) Apocalisse (di cui questo film è sequel). Ci si diverte, nonostante tutto (l'intrattenimento d'altronde è garantito da una regia che sa valorizzare ogni centesimo del budget, con immagini luci e suoni che colpiscono lo spettatore, peccato che la sceneggiatura sia più modesta del solito, soprattutto nell'introspezione dei supereroi), ma era più che lecito aspettarsi di più. Voto: 5

Maleficent - Signora del male (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Sequel che per certi versi è affascinante, perché approfondisce meglio il mondo magico e fantastico in cui vive la protagonista (una brava Angelina Jolie, senza infamia né lode), ne allarga gli orizzonti e costruisce bene una sotto-trama legata alle origini della sua "razza". Tutta roba sicuramente apprezzabile sì, ma lontanissima dall'essere originale e se visivamente Maleficent 2 è ai livelli del discreto predecessore, non si può dire altrettanto per quello che riguarda i dialoghi, piuttosto flebili e banali, e le caratterizzazioni di alcuni personaggi ingenue e poco incisive (il Re Tontolone che si risveglia dal nulla e non si fa mezza domanda è ridicolo). Il nuovo regista Joachim Rønning (quello del quinto capitolo dei Pirati dei Caraibi ma soprattutto del bel biopic Kon-Tiki) garantisce infatti lo spettacolo visivo, ma oltre a lasciare irrisolto il problema della scarsa consistenza dei personaggi (protagonista esclusa) del film precedente, mette da parte ogni ambiguità optando per uno schematico e scontato scontro tra Bene e Male, con puntuale trionfo dell'unione in pace e dell'armonia universale (la parte dedicata al mondo nascosto sembra guardare in questo senso ad "Avatar"). Quello che più irrita di questo film è difatti la sceneggiatura, alquanto insensata, con uno sviluppo infantile e banale (prevedibile dal primo all'ultimo minuto) dove gli stereotipi abbondano ed annoiano. E se si esclude una sottilmente perfida Michelle Pfeiffer, il resto del cast (compresa Elle Fanning) è assai sottotono (il ruolo di Filippo passa da Brenton Thwaites a Harris Dickinson, inconsistente come il predecessore). Un bel passo indietro rispetto al primo capitolo, decisamente più frizzante e piacevole. Voto: 5,5

Dumbo (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Remake in live action del classico Disney del 1941 con protagonista il dolcissimo elefantino volante, che con l'inarrivabile originale ha però ben poco da spartire. Poi all'epoca la Disney calcava la mano sulla tragedia della separazione madre figlio (DumboBambi, etc), qui è presente, ma annacquato. Nell'originale Dumbo non ha amici, tranne il topo (un po' imbranato peraltro), qui invece è circondato da amici. I personaggi del circo sono dalla sua parte (tranne uno), tutti uomini peraltro. Non si capisce nemmeno perché venga tenuto diviso dalla madre una volta diventato famoso. Nell'originale i cattivi erano gli uomini, gli adulti, che più che essere cattivi erano distanti. Qui invece il cattivo è stupido, piatto e insignificante (povero Michael Keaton). L'unica cosa che funziona è la magia di Dumbo, l'elefante volante, ma non basta a rendere eccezionale questo film. Un film che commuove ben poco, di cui cast di nomi altisonanti, è in gran parte messo lì solo come specchietto per le allodole (Colin Farrell ed Eva Green al minimo sindacale, solo il redivivo Danny DeVito, già calzante in Jumanji: The Next Level, si salva). Molto meglio il comparto tecnico, la regia e le scenografie circensi nelle quali vediamo forse le uniche cose "burtoniane" del film (malriuscita tuttavia la scena degli elefanti rosa). A proposito di Tim Burton, regista di questo adattamento fedele ma privo del cuore necessario, con una sceneggiatura riempitiva e piena di cliché, da lui mi aspettavo sinceramente di più (con Miss Peregrine andò decisamente meglio). Voto: 5,5

Toy Story 4 (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - La saga di Toy Story aveva detto tutto nelle sue prime tre puntate, questo quarto capitolo, per quanto ben fatto e ricco di invenzioni e nuovi personaggi come ad esempio il simpatico Forky doppiato da Luca Laurenti, sembra messo lì per fare cassa o peggio per allungare il brodo. Ma se una cosa abbiamo imparato in questi anni da Woody and company è che anche i giocattoli hanno un'anima, e allora, in mezzo alla solita routine action di un film che a tratti si ripete un po', bisogna riconoscere che c'è almeno una sequenza di straordinaria dolcezza, quella finale di Gabby Gabby (ma non dico altro per non fare spoiler). Come da tradizione infatti, anche qui si celano messaggi nascosti per adulti, mascherati (appunto) dietro a un film per bambini. Gli spunti sono interessanti e la resa grafica è eccellente, giungendo in alcune sequenze al foto-realismo, peccato si perda un po' la magia dei giocattoli che si muovono quando davvero sicuri di non essere visti: qui si comportano quasi come se nulla fosse in posti affollati. Questo quarto capitolo è insomma un buon film d'animazione (di certo non da Oscar, che incredibilmente ha vinto nel 2020), intrattiene bene e fa divertire (discreta la colonna sonora), ma rispetto agli altri capitoli è parecchio inferiore. I difetti principali sono nella sceneggiatura, la lunghezza del film mi è parsa eccessiva, alcune scene sono ripetitive, tutto questo non rende il film noioso (grazie anche ai simpatici personaggi) ma un po' banale. E quindi inevitabile chiedersi se era proprio necessario aggiungere questo nuovo (spero ultimo, perché non c'è probabilmente bisogno di altro) capitolo che, a parte l'epilogo, suona come un "repetita juvant". Comunque sia, si lascia guardare. Voto: 6,5

Speciale Disney Plus

Post pubblicato su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Ah, la Disney, tutto ingloba, tutto crea e fa. La casa dei sogni che si appresta a compiere 100 anni dalla fondazione, che partendo da niente ha creato qualcosa di meraviglioso, per generazioni e generazioni di spettatori. Casa di produzione che da quando ha cominciato negli anni '90 a comprare altri studi non si è mai fermata, accaparrandosi di tutto e di più. E come tutti sappiamo è diventata la numero 1, e il lancio della piattaforma Disney Plus non ha fatto altro che constatare questo "potere". Ultimamente per colpa della Pandemia tuttavia, anche loro subiscono ripercussioni, ma la creatività e la capacità non mancano. Negli ultimi anni tanti film prodotti e/o distribuiti, prevalentemente dalla suddetta piattaforma, cosicché alcune pellicole, poiché accessibili esclusivamente lì, rimaste in sospeso son state (almeno personalmente). Una certa fetta di filmografia ancora in attesa, che finalmente ora ho potuto visionare (da Disney Plus ovviamente), pellicole che vengono dopo la visione della serie The Mandalorian e di alcune altre cose. Certo, c'è molto ancora da vedere (tempo c'è), ma per adesso mi sono limitato a recuperare i film che avevo da recuperare, ossia tra quelli nominati all'Oscar 2020 e tra quelli prodotti dal 2019 in poi, esattamente 9 film, come detto nella Promessa cinematografica di quest'anno. A proposito di questi film ma sopratutto della direzione intrapresa dalla Disney, evito in questa sede o altra sede di dare/esprimere opinioni in merito a ciò fatto, sull'utilità di certi film a discapito del resto, sarebbe una discussione troppo impegnativa. Mi limito a vedere a recensire, anche se il mio NO a certi remake e/o live action (ma anche ai sequel senza senso) c'è tutto, soprattutto se questi vengono fatti solo per monetizzare. Tant'è che benissimo non è andata.

Aladdin (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 23/06/2021 Qui - Versione live action del celebre lungometraggio animato del 1992, in una trasposizione abbastanza fedele dell'originale, con qualche cambiamento per caratterizzare al meglio i personaggi esistenti e per crearne di nuovi. Un musical dove tornano le canzoni e gli arrangiamenti, con qualche canzone inedita, che hanno caratterizzato questo classico. Alcuni numeri musicali sono più convincenti di altri. Si punta sui costumi e sulle scenografie. Dietro la macchina da presa troviamo Guy Ritchie che sceglie di non osare, anche se la sua cifra stilistica si riconosce soprattutto nelle scene d'azione e negli inseguimenti (si mantiene su un livello qualitativo soddisfacente, ma il regista ci ha deliziato con lavori sicuramente più interessanti in passato, vedasi King Arthur). Il personaggio di Jasmine interpretato dalla bella Naomi Scott (una delle Charlie's Angels) segue la filosofia di emancipazione che la Disney sta applicando sulle figure femminili nelle sue produzioni. La tematica dell'indipendenza si sottolinea ancora di più nella trama anche se alla fine risulta quasi ridondante. Un'altra tematica trattata è quella della libertà, risvolto legato soprattutto al Genio. Il personaggio è interpretato da Will Smith (o più probabilmente dal suo terzo "Gemini") che lo caratterizza nelle movenze e nella parlata in modo abbastanza evidente, soprattutto in alcune canzoni. Stravagante ed imprevedibile si decide di umanizzarlo ancora di più utilizzando la sua versione CGI solo nei momenti essenziali. Convince nel ruolo di Aladdin il giovane Mena Massoud, invece non è caratterizzato al meglio il personaggio di Jafar, che si riprende nella parte finale. I vari elementi in CGI presenti nella pellicola come il Tappeto Magico, la tigre Raja o il pappagallo Iago interagiscono in modo fluido con gli attori. Non sempre però gli effetti speciali sono convincenti, problematica forse legate a delle ambientazioni fin troppo artificiose. In conclusione, tra scene musicali, scene d'azione, momenti comici e romantici Aladdin risulta una pellicola godibile, che intrattiene e che cerca di riproporre la storia conosciuta in una versione più matura. Un live action non al top (e comunque il paragone con il film originale è perdente), ma che permette di respirare nuovamente le atmosfere di Agrabah e la storia di un giovane uomo alle prese con il suo destino. Voto: 6+

lunedì 14 giugno 2021

L'inganno perfetto (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - La trama ruota tutta intorno alla truffa dell'imbroglione professionista Roy Courtnay ai danni della vedova benestante Betty McLeish interpretati rispettivamente da Ian McKellen, attore feticcio del regista Bill Condon (quello dell'ultimo La bella e la bestia, per intenderci) ed Helen Mirren. Sono proprio i dialoghi ed i duetti tra i due formidabili attori a rendere coinvolgente il film (tratto dall'omonimo romanzo di Nicholas Searle) che dal punto di vista della sceneggiatura presenta alcune evidenti ingenuità ed il colpo di scena finale è abbastanza prevedibile (come prevedibile è la storia, con annesso twist improbabile che non convince pienamente). La recitazione del Gandalf de Il signore degli anelli è perfetta ed è messa in maggior risalto nel corso del film, la Ella de Ella & John - The Leisure Seeker (e tanti altri) è un po' più sorniona quasi a rispettare il ruolo che ricopre. Forse sarebbe stato meglio dare più risalto alla storia principale che concentrarsi sulla parallela storia del vecchio furfante indebolendo un po' il gran finale. Comunque un film non troppo disprezzabile, anche se il regista dirige quasi sottotono e questo (The Good Liar in originale) non è uno di quei film che si ricorderanno nel tempo. Voto: 5,5

Non conosci Papicha (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Storia forte, dura e diretta in quello che racconta, in una Algeria degli anni '90 dove era sempre più imperante l'esaltazione religiosa integralista della guerra civile. Film di donne, simbolo di un Paese, nella sostanza inno alla laicità ed alla libertà femminile e alla parità genere, per le quali ancora tante battaglie ci sono da combattere. Una grande opera prima della regista-documentarista algerina Mounia Meddour che narra la storia (ma in realtà parla, di riflesso, di se stessa e di quello che ha vissuto) di Nedjma (la Papicha del titolo), ragazza vivace che sogna di fare la stilista e che ama la libertà insieme alle sue amiche studentesse universitarie. Un film emotivamente potente, drammatico, di grande intensità con una grande regia e una grande prova attoriale di tutte le protagoniste, in primis della bravissima (e bella) Lyna Khoudri che domina la scena in maniera stupefacente. E va bene che si enfatizza un po' troppo, che la storia non pare costruita in modo ordinato, ma questa pellicola, presentata al Festival di Cannes 2019, vietata in patria, per motivi mai chiariti dal governo algerino, a dimostrazione del fatto che, purtroppo, la battaglia, lì, altrove e dovunque, per la laicità contro il fondamentalismo religioso e per i diritti delle donne è ancora molto lunga, è una gran pellicola. Importante testimonianza, efficace inno alla resistenza. Voto: 6,5

Gretel e Hansel (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Il film del regista Oz Perkins (regista che per la prima volta incrocio) opera una una rivisitazione della favola dei Grimm, senza stravolgere la narrazione della favola, cui rimane piuttosto fedele. La variante più importante sicuramente è mettere al centro della storia Gretel, ragazza divisa tra l'istinto protettivo nei confronti del fratello, come una madre, e la necessita di crescere in un contesto duro in cui la prima necessità è la sopravvivenza. Niente case di marzapane o altre invenzioni kitsch, ma un ottimo apparato visivo che si rivela l'elemento migliore del film, debitore sicuramente a The Witch di Robert Eggers (uno dei migliori horror degli ultimi anni), sotto questo punto di vista, ma capace di essere teso e molto inquietante sia all'interno della casa della strega e nell'aspetto sinistro del bosco, inquietante come tutte le fiabe nere che si rispettino. Discreta la colonna sonora, buone le interpretazioni di Sophia Lillis e soprattutto della strega, inquietante il giusto da giovane e da vecchia (Alice Krige perfetta), mentre il ragazzino che fa Hansel (Samuel Leakey) talvolta risulta molesto. Evitabile qualche eccesso nell'uso della computer grafica. A conti fatti, a parte una sceneggiatura non propriamente solida, un film discretamente riuscito, in cui quel finale ci sta. Un film decisamente apprezzabile nel mescolare elementi architettonici moderni con atmosfere cupe e trascinanti, promosso. Voto: 6,5

Louis Van Beethoven (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Storia romanzata (e priva di pathos) di Ludwig o Louis, com'era chiamato dai familiari il genio che perse l'udito da giovane e non poté godere dei suoi stessi capolavori. Qui si parte dall'infanzia, ma il film (che comunque si mantiene al di sotto del ben più famoso Amata immortale) è imperniato su continui flashback che risultano stancanti, curati i costumi, ingiustamente penalizzato il calzante Tobias Moretti, il quale evidenzia tutta l'ambivalenza del suo personaggio, burbero ma a tratti gentile, sempre e comunque brillante (deliziosa la scena in cui suona e canta per la cameriera). Il Beethoven di questo film non sceglie infatti una narrazione simile all'Amadeus di Milos Forman (di cui risultato fu strepitoso), si muove su più filoni paralleli mantenendo come perno centrale l'ultimo periodo di vita del maestro, scelta coraggiosa sì, quella di accennare appena alle sue opere più famose come le sinfonie o le sonate, ma pure sbagliata. Il film difatti, che oltretutto dà tutto per scontato, ha un taglio televisivo troppo marcato e non riesce a toccare le corde giuste, rimandato. Voto: 5

The Quake - Il terremoto del secolo (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Continua la saga catastrofica di produzione norvegese (nel mezzo pure una variazione con The Tunnel) che dopo il più che discreto e sorprendente The Wave sforna questo sequel che a differenza del primo, che trattava lo tsunami, qui ci propone un terremoto su larga scala attraverso gli occhi degli stessi protagonisti del primo. Come feci per The Wave mi mantengo abbastanza di manica larga soprattutto perché apprezzo queste produzioni che se non altro ci provano in maniera seria a competere con il cinema hollywoodiano (anche se non tutti, quei pochi, ci riescono). Il film non manca certo di difetti e ha un limite ben visibile in quanto effetti speciali. Premio più che altro la serietà con cui si intuisce che il prodotto è stato elaborato e svolto, un cast di attori che s'impegna (ecco aggiungersi Kathrine Thorborg Johansen), e un lavoro di regia (non più Roar Uthaug ma John Andreas Andersen) assolutamente apprezzabile. Alcune scene, anche se non molte, sono ricche di tensione. Resta comunque (molto) meno riuscito rispetto al precedente, anche perché abbastanza scontato e più esagerato. Che poi a memoria, a parte Sharknado, sequel di disaster movie non ricordo, è raro vederne, apprezzabile il coraggio. Voto: 6

Grazie a Dio (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Argomento molto delicato quello scelto da François Ozon (uno dei tanti nella sua cinematografia) all'ennesima buona prova di fila della sua carriera (Frantz però, l'ultimo suo visto, mi è piaciuto di più). I gravi errori di un pedofilo travestito da prete che non nega mai le sue colpe perché è il sistema che lo protegge il vero colpevole di questa storia (che si basa su di una vera avvenuta in Francia tra gli anni ottanta e novanta). Il regista non generalizza ed è bravo a dividere la storia in 3 atti dove ognuno dei protagonisti vive a modo suo la fede (ineccepibile il cast), il fervente cattolico (interpretato da Melvil Poupaud) è la figura più combattuta e interessante ovviamente. Il regista francese infatti, si concentra sul dramma delle vittime mostrando le diverse conseguenze degli abusi sulle loro vite affettive e sessuali. Un approccio meno incalzante e spettacolare rispetto ad Il caso Spotlight ma ugualmente efficace nella denuncia (il fatto tuttavia che si parli troppo liberamente senza filtri di pedofilia rende il film leggermente forzato). Molto più efficace la prima parte rispetto alla seconda, che soffre di qualche passaggio a vuoto, un filo abbondante la durata, ma buon film, un film doloroso però necessario. Voto: 6,5

L'uomo invisibile (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Il mito dell'uomo invisibile ormai ci tiene compagnia da ormai 100 anni, anche più se consideriamo la sua fonte letteraria. Questo film di Leigh Whannell (prodotto da Jason Blum), è un lavoro pregevole per solidità e struttura narrativa. Parte da un'intuizione semplice ma efficace, cioè ribaltare la prospettiva. Non più l'uomo invisibile protagonista, ma la sua vittima. Senza tanti "pipponi" sociopolitici, tantomeno Jumpscare un tanto al chilo, questo film agisce molto in sottrazione, facendo tuttavia percepire un senso di minaccia persistente ben sottolineato dall'ottima interpretazione della Elisabeth Moss, donna a cui viene fatta terra bruciata a livello esistenziale, presa per pazza, vessata psicologicamente dal suo invisibile aguzzino. Un film pregevole che conferma la bravura dell'autore di Upgrade. La colonna sonora a mio avviso è un po' la nota dolente di questo film, ridondante e non necessaria, quasi come a voler sottolineare costantemente una tensione che era già tangibile ampiamente. La trama sicuramente vive di alcune forzature, sulle quali mi sento di passare sopra però, perché il film è davvero ben fatto. Finale scontato ma degno. In conclusione, un thriller molto ben pensato, scritto e sceneggiato da consigliare. Voto: 7

Tekkonkinkreet - Soli contro tutti (2006)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Film d'animazione (diretto da Michael Arias, statunitense ma giapponese d'adozione) che non ti aspetteresti: oltre che ben realizzato lascia basiti per il suo tasso di violenza ma soprattutto per la crudeltà che porta il regista a non lasciare facili vie d'uscita ai suoi personaggi ed allo spettatore. Non tutto fila alla perfezione e la parte finale eccede in onirismo ma il risultato è più che buono. Infatti, anche se non rimarrà nella leggenda, l'anime (basato sul manga di Taio Matsumoto, ambientato in una città giapponese anonima e futuristica che i fratelli Black e White, a dispetto della Yakuza, considerano il loro territorio) nel complesso non è male (seppur molto difficile da seguire, occasionalmente sorprendente e coinvolgente). I disegni sono sì particolari, ma azzeccati, la storia non è geniale, ma neanche da buttare. L'amicizia come ancora di salvezza, unico mezzo per scacciare le tenebre dal proprio cuore, solita storia, però la variante dal tema principale c'è, il soffocamento della grande città e della modernità, è già qualcosa. I personaggi sono ben fatti e anche discretamente caratterizzati (figli del caos, i due ragazzini rappresentano lo yin e lo yang). Si lascia decisamente guardare, nonostante un certo sovraccarico, di drammaticità e di tutto il resto. Ricomposto il puzzle, trovato un significato, alla fine è un film che vale la sua visione. Voto: 6,5

Raw - Una cruda verità (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Il tema del cannibalismo resta (nel contesto del cinema horror) uno dei più impressionanti, capace di fare inorridire e urtare anche gli appassionati più scafati del genere. Merito della giovane regista Julia Ducournau è stato quello di avere inserito il suddetto tema in un ambito esistenziale e drammatico di più ampio respiro: dentro l'università frequentata da Justine (la brava e bella Garance Marillier), sembra già sussistere un cannibalismo "metaforico" dove i più forti si rivalgono sui più deboli, dove le pulsioni sensuali della carne vengono fomentate per riuscire a trovare uno sfogo concreto e reale. Contesto dove la competitività tra le due sorelle si mischia con l'affetto, in una guerra dove le pulsioni straboccano e diventano incontrollabili. Una vicenda indubbiamente torbida, con un continuo crescendo di efferatezze che rendono il film sicuramente inadatto ad un pubblico sensibile. La regista dimostra una discreta padronanza nel mettere in scena la violenza perpetrata, coadiuvata anche da dei buoni effetti sonori, motivi per cui lo spettatore si ritrova ad essere coinvolto in un vero e proprio tour de force di emozioni non propriamente piacevoli. Ciò è ottenuto anche grazie alla capacità con cui essa riesce a trasmettere il disfacimento della carne, del corpo. Per concludere il film, pur non essendo privo di imperfezioni (soprattutto narrativamente, basti pensare al rapporto tra la protagonista e il suo compagno di stanza), è un'opera di indubbio valore ed originalità, degna di essere vista (e "masticata"). Perché appunto aldilà dei difetti che non mancano (annesso finale prevedibile), è un film che riesce ad essere più disturbante che pauroso ed inoltre essendo un esordio, più che apprezzabile. Voto: 6,5

Cosa sarà (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Il regista Francesco Bruni, già autore dell'interessante Scialla e del valido Tutto quello che vuoi, si cimenta qui con un film che vuole essere drammatico ma in primis commuovente e ironico: vediamo il protagonista che soffre (Kim Rossi Stuart con la sua aria sbattuta è bravissimo nella parte, bene anche il resto del cast che assolve al compito in maniera convincente) ma finanche che cerca di sdrammatizzare mentre riscopre gli affetti più cari (l'ex moglie, i figli, il padre, la nuova sorella) in un contesto dove tutto sommato il male viene "depauperato" dalla sua valenza più brusca e feroce. Poi c'è la visione della madre che appare sul letto di dolore, le scene dell'infanzia perduta che si affacciano nella mente del protagonista etc, cosicché la vicenda scivola lentamente in una rappresentazione che, seppur ben strutturata, appare troppo artefatta, mentre un'ombra di retorica inquina inesorabilmente tutta la pellicola. Una pellicola non perfetta, forse troppo personale e poco propenso ad allargare il proprio raggio d'azione (è infatti ispirata ad una seria e traumatica esperienza personale del regista), ma comunque meritevole della visione e di una considerazione positiva, battutaccia infelice sulla Juventus a parte. Voto: 6

The Specials - Fuori dal comune (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - In questo film che tratta il tema dell'autismo Éric Toledano e Olivier Nakache (ancora insieme dopo anche C'est la vie - Prendila come viene) mettono in immagini le vicissitudini accadute veramente a due associazioni che lavorano da anni sul territorio parigino, scegliendo come protagonisti Vincent Cassel e Reda Kateb (bravi entrambi, più il primo a sorpresa): la sincera attenzione dei due registi nei confronti del tema della disabilità è fuori discussione (si ricordi di Quasi amici), sottolineata dalla scelta di far recitare anche persone realmente autistiche, e se la descrizione delle difficoltà dei personaggi "Fuori dal comune" appare vivida e a tratti avvincente, così come funzionale è la messa in scena della formazione "sul posto" dei vari assistenti, laddove l'intesa a pelle talvolta vale più di mille attestati, e dove l'attenzione ai suoni, ai dettagli o ai singoli gesti può risultare determinante per la comprensione di una necessità o di una difficoltà percepite come insormontabili, a convincere assai meno, sono le sotto-trame, che risultano banali, ripetitivi e affatto originali. Ne risulta un film che, al netto dell'evidente trasporto e del messaggio sacrosanto messo in bocca ad una dottoressa la quale, interpellate dagli ispettori, sottolinea come il lavoro di queste associazioni vada al di là dei protocolli ma meriti un encomio perché ottiene risultati sul campo che gli danno ragione (l'alternativa la maggior parte delle volte è la contenzione), appare piacevole, spesso divertente, ma discontinuo e con un buon quarto d'ora di troppo. Voto: 6+

Tornare a vincere (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Cucito su misura per Ben "Batman" Affleck (con annessi muscoli), è un (classico) film drammatico di sofferenza, perdita e rinascita con lo sport, il basket in questo caso, come appiglio e salvezza. Tutto è semplicissimo ma girato bene da Gavin  O'Connor, regista di Warrior (che si trova a suo agio con storie di rivincite sportive legate sempre a uomini con vite difficili, si ricordi anche Miracle), ma è Ben Affleck a occupare la scena per quella che potrebbe essere definita la sua interpretazione migliore (non male era anche in The Accountant, dello stesso regista, quest'ultimo che nel 2016 scese in basso con il mediocre Jane Got a Gun). Colpisce il suo sguardo, il suo dolore, il suo pentimento che si mescola alla vita privata perché in questi ultimi anni è andata completamente a rotoli tra divorzio, lutti improvvisi, flop con critiche al seguito, ricadute nell'alcol. Insomma, un film terapia per lui e da vedere per noi. Il finale non offre una completa redenzione ed è forse questa la particolarità che discosta leggermente il titolo (in originale The Way Back) da altre centinaia di titoli come questo. Forse troppo poco ma funziona, anche se poi comunque non è niente di che (niente di notevole entità) e rimane nel limbo dei film di genere. Voto: 6+

mercoledì 9 giugno 2021

Ai confini della realtà (1983)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - Un film che viene oggi ricordato più che per il suo valore artistico, per la grave tragedia che colpì la produzione, rientrando in quel ristretto gruppo di opere considerate "maledette". Durante le riprese del primo episodio Time Out girato da John Landis (tra l'altro l'unico frutto di una sceneggiatura originale, a cura dello stesso regista, gli altri sono remake di puntate della serie), l'attore Vic Morrow (padre di Jennifer Jason Leigh) morì insieme a due bambini Vietnamiti a causa di un grave incidente, un elicottero militare precipitò da una altezza di dieci metri e si rovesciò su un lato decapitando lui e uccidendo le due giovanissime comparse, il regista fu accusato di omicidio involontario insieme al pilota dell'elicottero ma l'inchiesta giudiziaria non ebbe poi un seguito rilevante. Ed è un peccato, perché a parte questa tragica vicenda il film, seppur abbastanza ordinario, è godibile e valido. Non posso fare il paragone con la serie televisiva che questo prodotto omaggia, ma la visione mi ha sufficientemente soddisfatto. Quattro grandi registi si cimentano nel girare ognuno un episodio che cerca di focalizzarsi su un elemento sovrannaturale, un qualcosa che in qualche modo si estranei dalla realtà. Ci riescono in gran parte, ma non tutti gli episodi hanno lo stesso effetto. L'episodio di Landis, il primo, verte sul contrappasso ai danni di un convinto razzista. L'idea è semplice, la messa in scena efficace e interessante, peccato soltanto per un finale letteralmente troncato a metà. L'episodio di Steven Spielberg, il secondo (dove i reclusi di un ospizio tornano all'infanzia), è (e mi spiace dirlo, perché sapete quanto io l'adori, qui) ai confini del guardabile, almeno in un contesto del genere, infantile e mieloso, sembra quasi una versione collaudo del futuro "Hook - Capitan Uncino", è il più debole dei quattro. Joe Dante gira la terza storia riuscendo ad unire il cartone animato con il contesto reale, grazie anche alla collaborazione ottima di Rob Bottin che cura gli effetti speciali. Il regista analizza le turbe e i disagi di un bambino isolato perché diverso, e quindi viziato affinché venga tenuta a bada la sua ira. Riflessione interessante che si coadiuva benissimo con il comparto tecnico strepitoso. Forse un pochino fiacco il finale. L'ultimo episodio girato da George Miller (che parla di un passeggero isterico in un aereo che ha un incubo) è un cult che mi pare fosse stato tratto da un racconto di Richard Matheson (tra l'altro questo e il terzo episodio saranno ripresi anche dai Simpson in due speciali di Halloween, e questo quarto, nella versione Simpson, è tra l'altro bellissimo). Bravissimo John Lithgow e atmosfera surreale\horror tratteggiata alla perfezione. Finale azzeccato e beffardo che si ricollega al prologo (che era più adatto forse a Creepshow che a Twilight Zone, ma comunque godereccio), in cui appare Dan Aykroyd ed è un gran piacere. Insomma, come tutti gli horror o film ad episodi finisce per risultare discontinuo e non sempre convincente, ma si merita la sua visione, anche come stimolo per chi ancora non conosce la serie, di andare a cercarla e vederla (cosa che prima o poi io farò), perché a quanto pare è un autentico cult degli anni sessanta. Voto: 6

Andromeda (1971)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - Tratto dal romanzo omonimo di Michael Crichton e sceneggiato da Nelson GiddingThe Andromeda Strain (questo il titolo originale) è un film (forse uno dei primi che sviluppa la tematica dell'epidemia) pienamente inserito nel suo periodo storico, figlio di un epoca di grandi stravolgimenti culturali e di un evidente malcontento popolare verso le istituzioni e il governo. Il regista Robert Wise (vincitore di 5 Oscar) non ha problemi nell'approcciarsi a questo tipo di tematica e per farlo sceglie uno stile quasi documentaristico, una messa in scena di rigorosa asetticità che concede pochissimo allo spettacolo pur mantenendo viva un evidente tensione narrativa, è senza dubbio una scelta coraggiosa che privilegia una dilatazione dei tempi che rischia in alcune circostanze di stoppare il "naturale" flusso drammaturgico. Si può tranquillamente sostenere che un buon 70% del film non è altro che la messa in scena dei processi di decontaminazione e studio adottati nel laboratorio Wildfire, seguiamo quindi i medici impegnati nel loro lavoro di ricerca e individuazione del batterio killer, il tutto in un contesto scenograficamente affascinate, l'obbiettivo evidente è quello di mostrare come la perfezione di un contesto tecnologicamente avanzato sia comunque fallibile se affidato alle mani (pur esperte) dell'uomo. Come detto lo stile scelto dal regista è assai diverso, si va ben oltre una ricercata verosimiglianza, si punta tutto su un vero e proprio realismo formale, questo non impedisce al regista di presentare sequenze affascinanti in grado di tenere lo spettatore con il fiato sospeso, l'arrivo dei due medici nella città piena di cadaveri è reso con notevole maestria tecnica e crescente tensione. Dall'ingresso nel laboratorio il ritmo cala nettamente, ma il film non smette di alimentare suspense, paranoia e tensione, il regista si attiene ad una rigidità espositiva che richiama la dimensione originaria della storia, ossia quella letteraria, per cui si prende tutto il tempo necessario per presentare i quattro personaggi principali e per inserirli all'interno del complesso Wildfire, la scelta di attori poco noti è certamente voluta e serve a togliere qualsiasi punto di riferimento allo spettatore, che si ritrova così nei meandri di una struttura sotterranea in balia di un minaccia batteriologica invisibile ma letale. L'opera di Robert Wise può lasciare insoddisfatta una certa fascia di pubblico, nonostante il tema trattato le sequenze action sono ridotte al minimo e culminano in un finale, questo si, dalla grande carica emotiva, per il resto si assiste ad un film che con freddezza clinica analizza i fallaci limiti umani e tecnologici di fronte ad un evento di straordinaria pericolosità, una storia che resta opera di finzione ma che propone, a distanza di tanti anni, riflessioni molto attuali. Impressionanti per l'ottima resa le scene con le cavie animali, buona la prova dei quattro attori principali e in particolare di Kate Reid, vanno menzionate perché assolutamente meritate le due nomination agli Oscar per montaggio e scenografie. Voto: 7

2002: la seconda odissea (1972)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - Una piacevole sorpresa questo film di fantascienza un po' datato (i quasi 50 anni che si porta sulle spalle si vedono tutti). Sulla falsariga del primo insostituibile 2001: Odissea nello Spazio, questo non è assolutamente un sequel ma un film a sé stante. Purtroppo già dagli anni '70 in Italia si usava storpiare i titoli per attirare maggiormente il pubblico citando titoli di successo, il titolo originale (Silent Running) secondo me era perfetto. Questo è un film ambientato totalmente nello spazio (ecco, a parte il tecnico degli effetti speciali, qui all'esordio in regia, l'ambientazione è l'unica cosa in comune con il capolavoro di Kubrick), un film molto ben realizzato da un punto di vista visivo (del resto si parla di Douglas Trumbull, regista, produttore cinematografico ed effettista statunitense, vincitore di due Premi Oscar, noto per aver creato gli effetti speciali dei film Incontri ravvicinati del terzo tipoStar Trek e Blade Runner), ma anche coinvolgente, riflessivo, e perché no, pure divertente. Un buon film di fantascienza (pur con momenti morti evitabili e dialoghi facili e scontati la storia funziona) dal messaggio ecologista. Il film è infatti un forte monito per la difesa dell'ambiente naturale sulla Terra, il quale è fortemente compromesso dall'attività sconsiderata dell'uomo. Nel film essa ha anzi distrutto ogni forma di vegetazione. Il messaggio e l'ammonimento non sono però didascalici, ma espressi con buon senso attraverso tante situazioni durante lo svolgimento della trama. Il film è anche privo di certi eccessi dell'ecologismo moderno, come la totale denigrazione dell'uomo di fronte alla natura, o la sua totale parificazione ad essa. Bravo Bruce Dern, che con il suo "giardiniere" (e l'apporto degli aiutanti robot) rende bene (e tristemente) l'idea di uomo solo contro tutti disposto a qualunque cosa pur di portare avanti la sua causa persa in partenza. Un bel personaggio, paranoico ma estremamente umano, per cui sarà impossibile non parteggiare. Anche qui comunque, alla fine, gli adorabili robot si riveleranno più umani degli umani stessi. Le scene tra il giardiniere e questi (chiamati simpaticamente Paperino e Paperina) sono le più belle e toccanti del film. Bellissima la canzone "Silent Running - Rejoice In The Sun" di Joan Baez. Ogni nota e parola trasmette allo spettatore una gran voglia di baciare la terra e respirare aria pulita (d'altronde siamo ancora in pieno periodo hippie). Finale molto suggestivo, ma anche un po' triste, l'ultima scena di pochi secondi è da pelle d'oca e ha contribuito a farmi dare un mezzo voto in più all'intera pellicola. Una pellicola seppur ingenua e leggermente noiosa, semplice, toccante ed intelligente. Da rispolverare. Voto: 6,5

Metropolis (1927)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - Uno di quei film su cui risulta difficile scrivere una recensione originale, perché tutto è già stato detto, sia a favore che contro (ma principalmente a favore). Il film ha avuto un notevole impatto sulla fantascienza dei decenni a venire (punto di riferimento per opere importantissime che verranno realizzate moltissimi anni dopo, come ad esempio Blade Runner), nonché sulla cultura popolare in genere, ma è oggetto di controversie fra i critici: una parte di essi lo ritiene un capolavoro "senza se e senza ma", altri gli rimproverano difetti soprattutto nella sceneggiatura. Indubbiamente, alcuni elementi narrativi possono risultare un po' datati, soprattutto l'idea che "la mano e il cervello possono essere riuniti soltanto dal cuore", che semplifica il conflitto fra il proletariato schiavizzato e il capitalismo tirannico e crudele, mentre funzionano molto meglio elementi narrativi di derivazione espressionista, come la lotta fra la dolce Maria e il suo "doppio", il robot creato dallo scienziato pazzo Rotwang. Anche nella recitazione si avverte qualche squilibrio: piuttosto enfatico l'attore Gustav Frohlich che interpreta il giovane eroe Freder, anche Brigitte Helm e Rudolph Kleine-Rogge tendono a caricare molto le rispettive interpretazioni in linea con i dettami del muto, ma la loro intensità è preferibile rispetto all'overacting di Frohlich e regge bene anche per gli standard odierni. Tuttavia, quello che rende il film eccezionale ancora oggi è la genialità delle invenzioni visive e scenografiche adottate dal regista (Fritz Lang, anche sceneggiatore insieme alla moglie Thea Von Harbou): uno stile visivo che costruisce una città futuristica popolata da palazzi monumentali collegati fra di loro da un intrico di ponti e passaggi sopraelevati, contrapposti a un mondo sotterraneo dominato da macchinari giganteschi dove gli uomini si sentono alienati. L'effetto visivo risulta volutamente abbacinante, con un'impressione di artificialità che si sposa benissimo all'idea di società totalitaria che sta alla base della trama. Fra le sequenze memorabili, da citare almeno la visione del Moloch che si nutre di carne umana, quella della Torre di Babele, il lavoro disumanizzante provato dal ricco Freder o la creazione del robot da parte di Rotwang, quest'ultima omaggiata da tantissime citazioni in altri film su scienziati pazzi come la saga di Frankenstein. Nel complesso, un'opera di impatto ancora molto forte a più di novant'anni dalla sua uscita, dunque una pietra miliare nell'evoluzione del linguaggio cinematografico: da vedere preferibilmente nell'edizione integrale (disponibile su Youtube) di quasi due ore e mezza che reintegra molte sequenze assenti dalle copie che avevano sempre circolato. Uno dei pochi film muti che, in virtù del suo estremo dinamismo, si fa apprezzare anche dal pubblico odierno non avvezzo a questo tipo di linguaggio. Voto: 9

Fantascienza Vintage - Parte 2

Post pubblicato su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - A distanza di due anni dall'ultima volta tornano le visioni di pellicole fantascientifiche prodotte "almeno vent'anni prima del momento attuale", questa una delle tante definizioni di Vintage, che anche questa volta rientrano nella Promessa cinematografica annuale in corso. Per questo motivo infatti, alla dicitura del titolo ho aggiunto "seconda parte", per non far confusione. E riallacciandomi alle scorse quattro pellicole (che ricordo furono WestworldBrazilSolaris e Stalker), il post lo trovate Qui, è paradossale scoprirne le attinenze con questi altri quattro (di cui uno dei film più vecchi che ho mai recensito) che ho visto (vorrei comunque precisare che Metropolis conoscevo già benissimo, mancava solo una mia visione completa e dettagliata). Infatti, Brazil come tanti altri, da Metropolis è stato influenzato, che Solaris con 2002 condivide l'odissea spaziale, che Stalker con Ai confini della realtà condivide la concezione di surrealità espressionistica insita, che Andromeda con Westworld condivide lo stesso autore dei romanzi omonimi, quel Michael Crichton padre di Jurassic Park. Insomma, e non è la prima volta che mi capita, coincidenze curiose, e giuro che apposta non ho fatto. Ma in ogni caso, quattro film tra i più famosi (a parte uno forse) e tra i più interessanti, ciak si gira.