Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - Tratto dal romanzo omonimo di Michael Crichton e sceneggiato da Nelson Gidding, The Andromeda Strain (questo il titolo originale) è un film (forse uno dei primi che sviluppa la tematica dell'epidemia) pienamente inserito nel suo periodo storico, figlio di un epoca di grandi stravolgimenti culturali e di un evidente malcontento popolare verso le istituzioni e il governo. Il regista Robert Wise (vincitore di 5 Oscar) non ha problemi nell'approcciarsi a questo tipo di tematica e per farlo sceglie uno stile quasi documentaristico, una messa in scena di rigorosa asetticità che concede pochissimo allo spettacolo pur mantenendo viva un evidente tensione narrativa, è senza dubbio una scelta coraggiosa che privilegia una dilatazione dei tempi che rischia in alcune circostanze di stoppare il "naturale" flusso drammaturgico. Si può tranquillamente sostenere che un buon 70% del film non è altro che la messa in scena dei processi di decontaminazione e studio adottati nel laboratorio Wildfire, seguiamo quindi i medici impegnati nel loro lavoro di ricerca e individuazione del batterio killer, il tutto in un contesto scenograficamente affascinate, l'obbiettivo evidente è quello di mostrare come la perfezione di un contesto tecnologicamente avanzato sia comunque fallibile se affidato alle mani (pur esperte) dell'uomo. Come detto lo stile scelto dal regista è assai diverso, si va ben oltre una ricercata verosimiglianza, si punta tutto su un vero e proprio realismo formale, questo non impedisce al regista di presentare sequenze affascinanti in grado di tenere lo spettatore con il fiato sospeso, l'arrivo dei due medici nella città piena di cadaveri è reso con notevole maestria tecnica e crescente tensione. Dall'ingresso nel laboratorio il ritmo cala nettamente, ma il film non smette di alimentare suspense, paranoia e tensione, il regista si attiene ad una rigidità espositiva che richiama la dimensione originaria della storia, ossia quella letteraria, per cui si prende tutto il tempo necessario per presentare i quattro personaggi principali e per inserirli all'interno del complesso Wildfire, la scelta di attori poco noti è certamente voluta e serve a togliere qualsiasi punto di riferimento allo spettatore, che si ritrova così nei meandri di una struttura sotterranea in balia di un minaccia batteriologica invisibile ma letale. L'opera di Robert Wise può lasciare insoddisfatta una certa fascia di pubblico, nonostante il tema trattato le sequenze action sono ridotte al minimo e culminano in un finale, questo si, dalla grande carica emotiva, per il resto si assiste ad un film che con freddezza clinica analizza i fallaci limiti umani e tecnologici di fronte ad un evento di straordinaria pericolosità, una storia che resta opera di finzione ma che propone, a distanza di tanti anni, riflessioni molto attuali. Impressionanti per l'ottima resa le scene con le cavie animali, buona la prova dei quattro attori principali e in particolare di Kate Reid, vanno menzionate perché assolutamente meritate le due nomination agli Oscar per montaggio e scenografie. Voto: 7
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