Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/06/2021 Qui - Un film che viene oggi ricordato più che per il suo valore artistico, per la grave tragedia che colpì la produzione, rientrando in quel ristretto gruppo di opere considerate "maledette". Durante le riprese del primo episodio Time Out girato da John Landis (tra l'altro l'unico frutto di una sceneggiatura originale, a cura dello stesso regista, gli altri sono remake di puntate della serie), l'attore Vic Morrow (padre di Jennifer Jason Leigh) morì insieme a due bambini Vietnamiti a causa di un grave incidente, un elicottero militare precipitò da una altezza di dieci metri e si rovesciò su un lato decapitando lui e uccidendo le due giovanissime comparse, il regista fu accusato di omicidio involontario insieme al pilota dell'elicottero ma l'inchiesta giudiziaria non ebbe poi un seguito rilevante. Ed è un peccato, perché a parte questa tragica vicenda il film, seppur abbastanza ordinario, è godibile e valido. Non posso fare il paragone con la serie televisiva che questo prodotto omaggia, ma la visione mi ha sufficientemente soddisfatto. Quattro grandi registi si cimentano nel girare ognuno un episodio che cerca di focalizzarsi su un elemento sovrannaturale, un qualcosa che in qualche modo si estranei dalla realtà. Ci riescono in gran parte, ma non tutti gli episodi hanno lo stesso effetto. L'episodio di Landis, il primo, verte sul contrappasso ai danni di un convinto razzista. L'idea è semplice, la messa in scena efficace e interessante, peccato soltanto per un finale letteralmente troncato a metà. L'episodio di Steven Spielberg, il secondo (dove i reclusi di un ospizio tornano all'infanzia), è (e mi spiace dirlo, perché sapete quanto io l'adori, qui) ai confini del guardabile, almeno in un contesto del genere, infantile e mieloso, sembra quasi una versione collaudo del futuro "Hook - Capitan Uncino", è il più debole dei quattro. Joe Dante gira la terza storia riuscendo ad unire il cartone animato con il contesto reale, grazie anche alla collaborazione ottima di Rob Bottin che cura gli effetti speciali. Il regista analizza le turbe e i disagi di un bambino isolato perché diverso, e quindi viziato affinché venga tenuta a bada la sua ira. Riflessione interessante che si coadiuva benissimo con il comparto tecnico strepitoso. Forse un pochino fiacco il finale. L'ultimo episodio girato da George Miller (che parla di un passeggero isterico in un aereo che ha un incubo) è un cult che mi pare fosse stato tratto da un racconto di Richard Matheson (tra l'altro questo e il terzo episodio saranno ripresi anche dai Simpson in due speciali di Halloween, e questo quarto, nella versione Simpson, è tra l'altro bellissimo). Bravissimo John Lithgow e atmosfera surreale\horror tratteggiata alla perfezione. Finale azzeccato e beffardo che si ricollega al prologo (che era più adatto forse a Creepshow che a Twilight Zone, ma comunque godereccio), in cui appare Dan Aykroyd ed è un gran piacere. Insomma, come tutti gli horror o film ad episodi finisce per risultare discontinuo e non sempre convincente, ma si merita la sua visione, anche come stimolo per chi ancora non conosce la serie, di andare a cercarla e vederla (cosa che prima o poi io farò), perché a quanto pare è un autentico cult degli anni sessanta. Voto: 6
Nessun commento:
Posta un commento