Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/06/2021 Qui - Storia romanzata (e priva di pathos) di Ludwig o Louis, com'era chiamato dai familiari il genio che perse l'udito da giovane e non poté godere dei suoi stessi capolavori. Qui si parte dall'infanzia, ma il film (che comunque si mantiene al di sotto del ben più famoso Amata immortale) è imperniato su continui flashback che risultano stancanti, curati i costumi, ingiustamente penalizzato il calzante Tobias Moretti, il quale evidenzia tutta l'ambivalenza del suo personaggio, burbero ma a tratti gentile, sempre e comunque brillante (deliziosa la scena in cui suona e canta per la cameriera). Il Beethoven di questo film non sceglie infatti una narrazione simile all'Amadeus di Milos Forman (di cui risultato fu strepitoso), si muove su più filoni paralleli mantenendo come perno centrale l'ultimo periodo di vita del maestro, scelta coraggiosa sì, quella di accennare appena alle sue opere più famose come le sinfonie o le sonate, ma pure sbagliata. Il film difatti, che oltretutto dà tutto per scontato, ha un taglio televisivo troppo marcato e non riesce a toccare le corde giuste, rimandato. Voto: 5
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