lunedì 1 luglio 2019

Vi presento Christopher Robin (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/02/2019 Qui - Non ho mai amato l'orsacchiotto giallo, men che meno il suo amichetto umano, eppure è impensabile non conoscere Winnie the Pooh, dal 1961 nella famiglia Disney, mentre è più probabile non conoscere la vera storia dietro la storia. Una storia che questo film racconta. Vi presento Christopher Robin (Goodbye Christopher Robin), film del 2017 diretto da Simon Curtis, è, infatti, un film dedicato ad uno dei giovani protagonisti dell'universo disneyano: il bambino biondo e delicato che si accompagna, nelle sue avventure, all'orsetto più goloso di miele di tutti i tempi, Winnie the Pooh, suo fedele compagno di giochi e tenero amico d'infanzia. Se pensate, però, che la pellicola sia semplicemente un film per ragazzi, in cui trionfano le buone azioni e il valore dell'amicizia, vi sbagliate. Perché anch'io lo pensavo all'inizio (non conoscendo niente), salvo poi ricredermi di fronte ad una storia molto diversa, più terrena, più "cruda". Il film difatti, non racconta solo come è nato uno dei personaggi più iconici della seconda metà del XX secolo, Winnie the Pooh, insieme ai suoi compagni di avventure (Pimpi, Tigro, Ih-Oh) abitanti della Foresta dei Cento Acri, ma racconta soprattutto la vita di A.A. Milne, che ha combattuto durante la Prima guerra mondiale, tornandone con un disturbo post traumatico da stress, racconta la sua crisi una volta rientrato in società (perché abbiamo combattuto una guerra per porre fine a tutte le guerre ma non è cambiato nulla) e il suo blocco dello scrittore. Si addentra nel difficile rapporto tra l'autore, interpretato da Domhnall Gleeson, e sua moglie Daphne (Margot Robbie) e in quello, ancora più difficile, con il figlio Christopher Robin (Will Tilston). Billy Moon (in famiglia chiamato così), in fondo, era solo un ragazzino che voleva l'amore di suo padre e si è ritrovato, da persona, a diventare (quando egli decide di scrivere un libro per lui, che finisce per diventare un libro su di lui) un personaggio, artefatto e fittizio, depauperato di un mondo fantastico che inizialmente era solo suo. Christopher Milne (così, da adulto, fu chiamato dai suoi amici) non a caso non prese mai un centesimo dagli introiti prodotti dai libri su Winnie the Pooh. Questo perché anche se lui ha poi capito l'importanza del suo ruolo, mai poté dimenticare l'inaspettata sua popolarità, il suo essere suo malgrado una star mediatica, che lo mise parecchio in difficoltà, con un disagio sempre crescente, esasperato dalla notorietà e dalla lontananza dei genitori.
Infatti, come tutti sanno, il successo non sempre è fonte di felicità. In tal senso, dopo aver visto il film, risulta evidente come le ambizioni di Vi presento Christopher Robin non si preannunciavano di facile realizzazione. Occorreva trovare un equilibrio tra le conseguenze dei traumi bellici, una ricostruzione storica e biografica accurata e la piccola-grande tragedia di un bambino diventato famoso suo malgrado. Non era solo questione di complessità: tale ricerca spesso porge il fianco alla facile retorica e alla declinazione banalizzante. Ebbene, premettendo che l'adattamento italiano del titolo può risultare fuorviante, poiché la pellicola di Simon Curtis non vuole essere una presentazione del personaggio di una storia (e della storia della letteratura del ventesimo secolo), Goodbye Christopher Robin (da titolo internazionale) è invece un forzato addio all'innocenza e alla spensieratezza della prima infanzia, sacrificata involontariamente sull'altare della fama, Vi presento Christopher Robin, pur tuttavia non sempre sostenuto da una scrittura che aggiunge troppa melassa e poco lubrificante al delicato intrico di ingranaggi, che altresì accetta il rischio dell'enfatizzazione e forza la mano sui sentimenti, ottiene complessivamente un buon risultato, seppur a metà. Perché anche se il dramma che racconta, un interessante spaccato della società britannica del ventennio tra i due conflitti mondiali scricchiola quando esagera nella ricercatezza visiva e concettuale, anche se l'eccesso di enfasi e la disomogeneità del registro rischiano di minare l'equilibrio della pellicola, buone prove attoriali (Will Tilston e Domhnall Gleeson, bravissimi entrambi a mostrare tutte le sfumature dell'altalenante vicenda) e una storia profonda (una storia che getta una luce sull'autore e sui passaggi più bui che hanno contraddistinto la stesura di uno dei libri per bambini più famosi nel mondo) la mantengono sui binari. E se ciò non bastasse, il regista (anche di Woman in Gold) dimostra sincera passione nel mettere in scena questa storia. Perché certo, egli non dosa con l'appropriata grazia tutti gli ingredienti, ma almeno lo fa con innegabile passione. Infatti, nei 107 minuti di Vi presento Christopher Robin, vengono raffigurati al meglio gli anni dopo la grande guerra e il difficile ruolo che il vero Christopher Robin ha dovuto sopportare per il bene di tanti.
Perché dietro i libri di Winnie the Pooh non c'è solo la ricchezza delle case editrici, ma anche tanta sincera felicità dei bambini. Come Shirley Temple per l'America, Robin è stato il bambino che risollevava la gente britannica dopo gli orrori della prima guerra mondiale e la sua conseguente grande depressione. Questo alla fine lo ha capito pure lui, dimostrandosi anche coerente in tutto e per tutto, non toccando mai un centesimo di quei profitti. Dopo anni di infelicità, ha ritrovato pace e armonia, ritirandosi a vita privata dopo essere stato il bambino più famoso nel mondo. Infelicità di una famiglia che si sgretola sotto il peso di una popolarità difficile da affrontare, ma non impossibile. Non è il successo a distruggere la famiglia Milne, è la famiglia Milne a consumarsi in un successo voluto a tutti i costi, ma che resta sullo sfondo di un asettico quadro familiare che impietosamente dipinge una realtà, quella degli anni '20, in cui si privilegia l'apparenza rispetto all'essere. L'amore che lega la madre (una comunque efficace Margot Robbie, seppur nella "bastarda" parte di una snob di prima categoria) al suo bambino appare quasi inesistente, così come quello tra Christopher Robin e suo padre, di cui il piccolo si limita ad essere estimatore e indiretto fruitore della sua opera, ma non figlio amato e rispettato nella sua individualità. Nella storia è la balia la vera vincitrice (ben interpretata da Kelly Macdonald), portatrice di valori casalinghi, che, per quanto attualmente possano apparire desueti nei modi, sembrano veritieri e immediati nella sostanza, la quale rimane, fortunatamente, invariata fino ai nostri giorni. Il vero focolare arde nell'animo della bambinaia, che cerca di riscaldare con il suo amore e i suoi teneri abbracci il piccolo Christopher Robin, che si aggrappa alla vita e alla tenerezza della fanciullezza solo per tramite della sua unica guida dai neri vestiti e della sua fantasia, che lo porta a giocare col pupazzo a forma di orsacchiotto, dal quale non si separa mai. E quindi è normale che in tal senso il film risulti una pellicola dai toni per lo più patetici, ma non per questo meno apprezzabile dallo spettatore, che (probabilmente come me) si lascerà coinvolgere dallo smarrimento del piccolo C.R. Milne, tra la folla che lo applaude e le numerose lettere che vengono indirizzate a lui e alla sua famiglia, più che dalla gioia del successo dell'algido A.A. Milne, il quale, in verità, non manifesta mai gioia, ma mera e pacata soddisfazione per la sua opera.
Lo stesso Milne, da un punto di vista umano più che relazionale, esce non del tutto vinto da Vi presento Christopher Robin. Infatti, nonostante non provochi l'empatia dello spettatore come riesce a fare suo figlio, rende esplicito più volte il suo malcontento nei confronti di una guerra che ha subito, non combattuto, e che vorrebbe cancellare, non solo dalla sua memoria, ma da quella di tutti. La favola che Milne (che scrive coadiuvato dai disegni di Ernest Shepard) vuole regalare non è quella di un orsetto di pezza che gioca in un enorme bosco insieme al suo amico umano, ma quella di una vita in cui la fantasia e i sentimenti puri possono ancora trionfare, nonostante l'orrore che proprio quegli "amici umani" hanno provocato, combattendo gli uni contro gli altri. Un sogno che Milne, come appare dalla pellicola, riesce a regalare al prossimo, ma non a se stesso, ancora troppo scosso dalla follia omicida dei suoi simili, provato da un profondo terrore e sgomento e incapace di esternare i suoi sentimenti nell'ambito familiare, soprattutto nei confronti del figlio Christopher Robin che tanto, di quel sogno e di quell'affetto, avrebbe bisogno. Questa insomma è la storia di Milne, questa è la storia di molti grandi uomini capaci, col loro genio, di cambiare la vita altrui senza riuscire mai a modificare in meglio la propria. Perciò un film di tutti (seppur solo sufficientemente bello), ma non per tutti, almeno ai più piccoli, si comincia difatti con scene della prima guerra mondiale, che non sono per niente cruente ma al tempo stesso possono impressionare chi si affaccia per la prima volta a queste realtà, così come i bambini possono non capire il vero messaggio della storia, quello che bisogna pensarci due volte prima di utilizzare un bambino così piccolo come strumento del marketing, però in ogni caso un film che se forse non resterà per sempre impresso nella vostra mente, aiuta certamente a riflette sull'importanza della fantasia come unico mezzo di espiazione del dolore e come catarsi in un mondo avvelenato dal male, altrettanto in grado di far capire che, spesso, i grandi personaggi non sono anche grandi persone. Infatti a fronte di una fotografia luminosa, negli spazi esterni come negli interni, il film affronta tematiche di un certo peso e riesce a farlo lasciando allo spettatore molti spunti di riflessione su quanto la realtà e la fantasia si influenzino a vicenda e su come sia difficile vivere senza l'una o senza l'altra. E quindi film non eccezionale, ma interessante, pochino emozionante e buono. Voto: 6,5