Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/10/2018 Qui - Quattro anni fa al cinema (due anni fa dalla mia visione), Matthew Vaughn aveva spiazzato un po' tutti con Kingsman: Secret Service, action scatenato tratto da un fumetto del Millaworld di Mark Millar e Dave Gibbons capace di svecchiare i film di spionaggio che negli ultimi tempi avevano cominciato a prendersi un po' troppo sul serio puntando sulla "credibilità" del contesto e sulla sofferenza dei protagonisti. Non solo. Legittimò l'allora astro nascente Taron Egerton e lanciò Colin Firth come "uomo d'azione" in uno dei ruoli più brillanti della sua carriera, in totale contrapposizione a quanto eravamo stati abituati in precedenza. Una vera e propria lettera d'amore del regista e sceneggiatore ai film della saga di James Bond, che Kingsman: Il Cerchio d'Oro (Kingsman: The Golden Circle) ha provato a controfirmare grazie anche a un incremento del budget, finendo però per sacrificare (come quasi sempre accade coi sequel) l'ingrediente che rese l'originale così interessante, ovvero l'effetto sorpresa, optando per dare di nuovo al pubblico quello che più o meno si pensava avrebbe dovuto (e voluto) aspettarsi. Non a caso se manca qualcosa a questo film del 2017, è probabilmente la capacità di stupire, perché quella di divertire è rimasta invece prerogativa assoluta di un brand che si è sempre caratterizzato da una fortissima personalità e dalla capacità di proporre una comicità sfrontata, seppur racchiusa nei perfetti abiti sartoriali di un atipico action-movie. Gli ingredienti fondamentali della commedia surreale furono infatti una scelta vincente pescata dal regista (che dopo Kick-Ass di surreale se ne intende eccome) dal suo ampio bagaglio. Inevitabilmente non potevano non essere riproposti per Kingsman: Il cerchio d'oro, tuttavia anche seguendo le orme del primo e impeccabile episodio, e riuscendo per questo ad essere addirittura più adrenalinico e bizzarro, questo sequel è meno efficace soprattutto dal punto di vista narrativo. Dura legge del cinema, il secondo è (quasi) sempre inferiore al primo, legge rispettata, questa volta. Se infatti quel film rivelazione (rivelazione che non poteva certo restare un unicum ed ecco perciò questa seconda adrenalinica avventura che permette agli eleganti agenti segreti in doppiopetto di tornare sul campo per fronteggiare una nuova minaccia ancora più pericolosa della precedente) riuscì a rivitalizzare, in modo assolutamente originale, il genere dello spy-movie, questo lo riutilizza solamente, lasciando nello spettatore uno strano sapore di "già visto".
E tuttavia, grazie proprio alla scrittura divertente e divertita, ereditata dal primo capitolo che, Kingsman 2, riesca ad essere comunque un film sopra la media di opere dello stesso genere. Il ritmo del film è infatti brillante, sapientemente mixato per non rendere pesante una durata sulla carta eccessiva (2 ore e 20) e per inserire lo spettatore in un mondo folle, sopra le righe, che gioca con gli stereotipi bondiani e li estremizza con gadget e oggetti che sono dei veri deus ex machina (e in tal senso bisogna avere un certo senso dell'assurdo per godersi appieno il film, le sue trovate, i personaggi sopra le righe). E non dimentichiamo che Matthew Vaughn è un regista con i controfiocchi (questo si è visto nella cura estetica di certe inquadrature e certi movimenti di macchina, nella cura delle ambientazioni, della colonna sonora, nei riferimenti al primo film, nella feroce critica all'attuale politica americana, e soprattutto nel disegno dei personaggi principali e in un paio di momenti sinceramente emozionanti), egli seguendo difatti l'estetica del cinema d'azione inglese degli anni 2000 (Guy Ritchie ma non solo), ovvero montaggio ipercinetico, uso ipertrofico dei piani sequenza nelle scene di combattimento (tra cui quello complessissimo nel combattimento finale), gusto eccessivo per la violenza, per lo splatter, per le caratterizzazioni grottesche (la cattiva) e per le golosità demenziali (Elton John), ci regala comunque uno spettacolo imperdibile. Perché anche se tutti questi eccessi in più punti sembrano quasi danneggiare la narrazione e la credibilità del tutto, soprattutto in due o tre picchi di violenza eccessiva ed evitabile, negli espliciti riferimenti sessuali e in alcuni passaggi narrativi troppo sbrigativi, in Kingsman: Il cerchio d'oro ottime sono come da tradizione le scene d'azione e godibilissime quelle montate a ritmo di musica, seppur quest'ultime soffrono l'inglorioso confronto con il peso massimo contemporaneo di Edgar Wright, Baby Driver, che è proprio su un altro livello. Quindi non né sono rimasto deluso perché il film funziona abbastanza bene come sequel e in più raggiunge l'obbiettivo che si prefissa, ovvero divertire con tanto umorismo ed intrattenere con delle scene d'azione mozzafiato. Però non riesce, neanche lontanamente, a raggiungere il livello qualitativo del suo predecessore.
Ciò che manca soprattutto è il forte e perenne senso di novità e genialità che aveva contraddistinto "The Secret Service", si nota molto, invece, uno spirito più commerciale e meno coraggioso anche se sempre molto sopra le righe. A tal proposito la storia è presto detta. Come forse ricorderete, il primo film terminava con un omicidio di massa su scala globale e la morte di molti leader mondiali (uno spettacolo pirotecnico degno del miglior capodanno cinese). Senza versarci sopra troppe lacrime, ripartiamo qualche tempo dopo questi eventi, con Eggsy (Taron Egerton) che conduce senza problemi una doppia vita, come agente dell'intelligence per i Kingsman e come tipico perditempo della classe operaia. Convive con la principessa Tilde di Svezia (Hanna Alström) e continua ad andare in missione con la sua partner di spionaggio Roxy (Sophie Louise Cookson) e il supporto tecnico del geniale Merlino (Mark Strong). Dopo che il quartier generale dei Kingsman viene letteralmente distrutto però, il ragazzo e Merlino devono recarsi in Kentucky, alla ricerca degli Statesmen, la loro controparte americana, che operano dietro la copertura di una grande distilleria di bourbon quotata in borsa e i cui operativi hanno nomi in codice appropriati: Tequila (Channing Tatum), Whiskey/Jack Daniels (Pedro Pascal), Ginger Ale (Halle Berry) e Champagne/Champion (Jeff Bridges). La loro comune nemesi è Miss Poppy (Julianne Moore), una melliflua sociopatica nostalgica degli anni '50 e ossessionata dai robot che ha preso (senza che nessuno lo sappia) il totale monopolio sul commercio mondiale di droga e che sta per scatenare il suo diabolico piano di portata planetaria da una base segreta immersa nella foresta cambogiana. Come detto, Kingsman: Il cerchio d'oro non brilla certo per imprevedibilità, a partire dall'ampiamente annunciata "resurrezione" (un fatto abbastanza demoralizzante perché in verità la sua improvvisa morte mi aveva colpito davvero tanto e poi questa spiegazione di come sia stato possibile salvarlo proprio tanto convincente non è) di Harry Hart/Galahad (non si tratta infatti di uno spoiler, visto che la sua presenza era appunto già nota) e si presenta come un sequel ben più allegro e senza pensieri.
Un sequel che però strizza parecchie volte (forse troppe) l'occhio al capostipite, replicandone svariate gag e indulgendo in caotiche sequenze action dilatate e a lungo andare anestetizzanti, infarcite da un uso smodato e vistoso della CGI, che dona al tutto un'atmosfera molto cartoonesca, esaltata anche dalle numerosi morti iper gore ma senza sangue (questo a beneficio di chi invece cercasse reale suspense e senso del pericolo). Secret Service era sì allo stesso modo "eccessivo", tra esplosioni e inseguimenti vari, ma poteva contare su una storia delle origini intrigante, con un ragazzo dei quartieri poveri e senza un futuro che veniva ripulito e trasformato in un perfetto 007 britannico. Matthew Vaughn e la sua co-sceneggiatrice Jane Goldman hanno qui preferito non uscire troppo dal seminato, forse consapevoli dei doveri di chi aveva per le mani un prodotto che non poteva permettersi di fallire al botteghino. Il film dopotutto è ancora R-rated, tra linguaggio parecchio colorito, riferimenti alla liberalizzazione delle droghe (di ogni tipo) che farebbero meno danni dello zucchero e discorsi sessuali diretti, ma non c'è praticamente più traccia di spirito anarchico. Non c'è infatti nulla di altrettanto aggressivo dell'incredibile sparatoria in piano sequenza nella chiesa. Azzardando un paragone poco azzardato (visto che sempre di Vaughn e sempre di Millar si parla), è lo stesso che accadeva con i due Kick-Ass (anche se lì era cambiato il regista nella seconda iterazione). Anche la cinguettante Poppy della Moore richiama parecchio il Richmond Valentine di Samuel L. Jackson, tra la passione per la robotica avanzata (tra mastini-borg e protesi cibernetiche impiantate su un'altra vecchia conoscenza, Charlie, interpretato da Edward Holcroft, senza avere tuttavia la stessa intensità) e quella per il rapimento di celebrità (stavolta tocca a Elton John, nei panni di sé stesso, anche se più scurrile e rabbioso del solito, e tra le cose più divertenti del film, seppur immotivata è l'ironia demenziale, fuori contesto, che eccede spesso in quel trash fastidioso che fortunatamente era stato tenuto alla larga nel primo film).
Chi si aspettava poi una concreta partecipazione degli Statesmen alla mischia rimarrà deluso, perché Bridges (e persino Tatum) occupano ruoli davvero marginali (molto probabilmente saranno destinati a degli spin-off oltre che ad altri possibili seguiti). Diverso il discorso per il lanciatissimo Pascal, gustoso terzo incomodo accanto a Firth ed Egerton, e per la Berry, simpatico clone a stelle e strisce di Merlino (che finalmente, trova il suo spazio e riesce a lasciare un'impronta significativa negli eventi narrati), al tempo stesso quota rosa e quota di colore (così a Hollywood stanno tutti tranquilli). Ma i problemi non finiscono qui, perché anche se Matthew Vaughn (che con molta più sicurezza realizza delle scene d'azione molto più esagerate ma anche sensazionali, grazie ad un coraggio con la cinepresa davvero notevole) riesce comunque a mandare a segno una serie di colpi vincenti, a fine visione, il film non riesce a lasciare quella scarica di euforia che ci si aspettava. Nonostante tutto, si ha la sensazione difatti che qualcosa sia fuori posto. Cosa? In primis il tipo di comicità, perché se da un lato troviamo la geniale, esagerata satira sugli spy movie che ci propone il primo, qui si riscontra una comicità che vira molto di più sul demenziale leggermente più stupido, banale e soprattutto convenzionale che, per quanto riesca a far sorridere in più di un'occasione, non stupisce. In seconda istanza, c'è la componente action che lascia un leggerissimo retrogusto amaro. Sia chiaro, come detto il regista si dimostra ancora maestro nella messa in scena di sequenze d'azione, eppure, rispetto al precedente capitolo, questa volta sembra esserci minor ispirazione. In 140 minuti abbondanti di durata, c'è solo una sequenza che riesce a farsi ricordare poiché figlia dell'indimenticabile scena in chiesa di Kingsman: Secret Service. Ultima nota per la colonna sonora visto che è un aspetto fondamentale per un film, ultimamente soprattutto se "importante" (visti i vari La La Land, Guardiani della Galassia, Baby Driver, ecc ecc), ecco devo dire di essere rimasto leggermente deluso perché troppo canonica, prevedibile e poco azzardata, in particolar modo se considerato tutto il resto del film.
In ogni caso, Kingsman: Il Cerchio d'Oro (un secondo capitolo senza infamia e senza lode in cui i pregi si alternano con i difetti dando vita ad un film indubbiamente gradevole ma che non riesce però a spingere la narrazione lì dove ci si aspettava) riesce nell'intento di intrattenere chi è consapevole di cosa sta per vedere, cioè una versione rivisitata e tendente alla dark comedy delle vecchie pellicole di James Bond, tra cattivi cattivissimi, femme (quasi) fatale da farci sesso e poi gettare via, viaggi nei posti più esotici del mondo (c'è addirittura anche l'Italia, con la Skyway del Monte Bianco), gadget esagerati e impossibili e rimandi sapidi all'attualità (vedere il comportamento del presidente americano Bruce Greenwood per credere). E quindi sommando tutti questi aspetti, il risultato che ne viene fuori è un film (in cui da segnalarsi è la presenza del cast anche di Emily Watson, Poppy Delevingne, Michael Gambon e Keith Allen) certamente godibile (ed ovviamente un buon prodotto d'intrattenimento) ma non eccelso. Uno spy-movie tuttavia effervescente e che mantiene la saga di Kingsman tra le più elettrizzanti ed eccessive del momento. Ci si aspettava di più, forse, ma probabilmente per causa delle aspettative molto alte che rimangono negli animi di chi ha vissuto con coinvolgimento e frenesia il primo brillante capitolo. Perciò, riassumendo il tutto, si può facilmente affermare che Kingsman: Il Cerchio d'Oro è un sequel di buon livello (che piacerà quasi sicuramente a chi ha già apprezzato il lungometraggio del 2014, non riuscendo probabilmente nell'intento di raccogliere nuove reclute) che purtroppo soffre proprio del fatto di essere figlio di quella meraviglia che è stato il primo film. E si rimane pertanto in trepidante attesa del molto probabile terzo episodio, che si spera sia meglio di quest'ultimo. Voto: 6,5
In ogni caso, Kingsman: Il Cerchio d'Oro (un secondo capitolo senza infamia e senza lode in cui i pregi si alternano con i difetti dando vita ad un film indubbiamente gradevole ma che non riesce però a spingere la narrazione lì dove ci si aspettava) riesce nell'intento di intrattenere chi è consapevole di cosa sta per vedere, cioè una versione rivisitata e tendente alla dark comedy delle vecchie pellicole di James Bond, tra cattivi cattivissimi, femme (quasi) fatale da farci sesso e poi gettare via, viaggi nei posti più esotici del mondo (c'è addirittura anche l'Italia, con la Skyway del Monte Bianco), gadget esagerati e impossibili e rimandi sapidi all'attualità (vedere il comportamento del presidente americano Bruce Greenwood per credere). E quindi sommando tutti questi aspetti, il risultato che ne viene fuori è un film (in cui da segnalarsi è la presenza del cast anche di Emily Watson, Poppy Delevingne, Michael Gambon e Keith Allen) certamente godibile (ed ovviamente un buon prodotto d'intrattenimento) ma non eccelso. Uno spy-movie tuttavia effervescente e che mantiene la saga di Kingsman tra le più elettrizzanti ed eccessive del momento. Ci si aspettava di più, forse, ma probabilmente per causa delle aspettative molto alte che rimangono negli animi di chi ha vissuto con coinvolgimento e frenesia il primo brillante capitolo. Perciò, riassumendo il tutto, si può facilmente affermare che Kingsman: Il Cerchio d'Oro è un sequel di buon livello (che piacerà quasi sicuramente a chi ha già apprezzato il lungometraggio del 2014, non riuscendo probabilmente nell'intento di raccogliere nuove reclute) che purtroppo soffre proprio del fatto di essere figlio di quella meraviglia che è stato il primo film. E si rimane pertanto in trepidante attesa del molto probabile terzo episodio, che si spera sia meglio di quest'ultimo. Voto: 6,5