Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/08/2018 Qui - Quando un sequel esce a distanza di tempo, quello è il sintomo che qualcosa non sia andato o non andrà nel modo giusto, perché a quattro anni da quel piccolo gioiellino a basso costo di Monsters, monster-movie dal piccolo budget ma dalla grande anima diretto appunto dall'esordiente Gareth Edwards, ecco il sequel che non ti aspetti, il sequel che non avresti voluto vedere, e in tal senso per fortuna che Edwards (nel frattempo probabilmente al lavoro del "The Monster") lasci il comando a Tom Green, perché il suo debutto, dell'autore televisivo di alcune puntate Misfits e Blackout, che prova a riprendere le redini narrative del precedente, ambientandolo sette anni dopo (arco di tempo in cui la "zona infetta" si è diffusa a macchia d'olio in tutto il pianeta, concentrandosi soprattutto nei territori del Medio Oriente, già gravati da un insurrezione di massa dei popoli arabi), anche non avendo direttamente colpe, quella ce l'ha la sceneggiatura che, seguendo le vicende di due soldati, un veterano e un novellino, che insieme ai loro compagni dovranno effettuare una missione di soccorso proprio nel bel mezzo della zona in cui proliferano sia i terroristi che le enormi creature, lascia parecchio a desiderare, non convince ma delude. Perché anche se narrativamente Monsters: Dark Continent (2014) cerca di seguire il tono più drammatico e personale già visto nel capostipite, lasciando la figura dei mostri in secondo piano, qualitativamente e non solo, questo secondo capitolo oltre a risentire della mancanza di originalità fantascientifica che soffriva il primo riesce a copiare in malo modo anche dalle centinaia pellicole sulla guerra. Se nel primo film infatti il canovaccio manteneva comunque una sua credibilità, con riflessioni non banali sulla "questione messicana" (ma non solo), il cambio di ambientazione in Medio Oriente finisce per tramutare la maggior parte del minutaggio in un banale e scontato war-movie psicologico (una specie di American Sniper di bassa levatura), gravato inoltre dall'eccessiva durata (2 ore che si fanno sentire) che complice le forzature e illogicità introspettive fanno risultare lo svolgimento del racconto tedioso e pretenzioso.
Una pecca non da poco considerando anche il carisma quasi nullo dei personaggi secondari, vagabondi di periferia arruolatisi più per necessità che per volontà, e la fiera di banalità sulle conseguenze della guerra che ricadono sulla psiche dei soldati. Ad aumentare un minimo l'interesse ci pensano le gigantesche creature (che però si possono ammazzare con una facilità troppo disarmante), realizzate con convincenti effetti speciali e protagoniste di alcune (purtroppo brevi) sequenze spettacolari e poetiche, intrise di un certo lirismo e portatrici di un messaggio: chi sono i veri mostri? Il mondo degli uomini è infatti anche qui dominato da una cieca violenza, rappresentata in tutta la sua brutalità senza sconti di sorta che denota però anche una certa scontatezza in fase registica, nella ricerca di colpi bassi per "colpire" l'occhio di chi guarda. Il cast svolge il suo compito senza infamia e senza lode, anche se nella prima parte il costante voice-over, intriso di banalità sulla guerra e sul significato dell'esistenza, di Parkes (un anonimo Sam Keeley) urta i nervi in più occasioni, così come una colonna sonora poco amalgamata agli eventi che scorrono su schermo. E quindi nel complesso lo spettatore si sente (a ragione) preso in giro: plot debolissimo e pretestuoso, nessuna parentela con il meno costoso ma assai più denso predecessore. Incredibile poi che la parte più interessante, quella preliminare, in cui si descrive come il Lumpenproletariat di Detroit finisce per vestirsi da marines, venga banalizzata da tutto il resto, quest'ultimo già visto, o francamente incongruo. E non serve qualche azzeccata inquadratura da lontano dei mostri nel deserto, se dopo, tutto nasce e muore nella medesima, fortunata inquadratura. E non bastano gli effetti speciali e la presenza (tuttavia anonima) di Sofia Boutella (che non dice nemmeno una parola e sta in scena solo 5 minuti) a risollevarne le sorti. Infatti Tom Green ha cercato con Monsters: Dark Continent di continuare il percorso di intenti sociali del primo film, sbagliando però in pieno la mira. L'attenzione alla questione mediorientale è difatti raccontata attraverso le banalità tipiche dei war-movie più scontati, con un uso copioso della violenza, psicologica e fisica, e risvolti spesso forzati. Tanto che le sequenze più suggestive, coadiuvate da buoni effetti speciali, rimangono quelle con protagonisti i mostri, più umani forse degli uomini stessi. E quindi alla fine il film (un film deludente e sciapo) si chiude con la viva speranza che a nessuno venga l'idea di un Monsters 3. Voto: 4