sabato 6 luglio 2019

Ferdinand (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/03/2019 Qui - Quando vidi la prima volta il trailer, non mi stupì affatto, mi stupì invece la scelta da parte dell'Academy di nominare e quindi candidare il suddetto film agli Oscar 2018, non riuscivo infatti a capire perché Ferdinand (noto anche come Il toro Ferdinando), film d'animazione del 2017 diretto da Carlos Saldanha, potesse rientrare in quella cinquina. Ebbene, dopo averlo visto ho trovato forse la risposta a quella fatidica domanda che mi chiesi all'epoca, del perché appunto fosse stato nominato, è la risposta è che questo film faccia parte di quella piccola porzione cinematografica del politicamente corretto, che l'Academy spesso nomina per compiacere una fetta di pubblico, una fetta di pubblico soprattutto americano. Perché dico questo? E' difatti ovvio l'intento della pellicola di accontentare ambientalisti e vegani. Protagonista è infatti un gigantesco toro dal cuore tenero, innamorato dei fiori, delle farfalle e della bellezza della natura. Ferdinand, vitellino dalla natura pacifica e gentile, nasce in un allevamento di tori destinati alla corrida o al macello, tuttavia riesce fortunatamente, dopo esser rimasto orfano a causa della morte del padre, deceduto in una corrida, a fuggire prima che per lui sia troppo tardi e viene cresciuto con amore da una famiglia che vive in campagna e rispetta gli animali. Un giorno, però, scendendo in città, con la sua mole ingombrante e goffa involontariamente porta un gran scompiglio, creduto pericoloso viene ricondotto dai suoi vecchi padroni. Il suo passato torna così ad esigere qualcosa da lui, ma grazie alla sua tenacia e al suo buon cuore il giovane toro riuscirà a dimostrare che la sua apparenza non deve necessariamente condizionare la sua vita, che non ci sono apparentemente solo due strade alternative (combattere o morire) per gli animali come lui. E insomma è chiaro dove vorrebbe andare a parare il film, un film non brutto sia chiaro, ma colpevolmente buonista e convenzionale (solo sufficientemente riuscito), un film prevedibile non assolutamente da Oscar.
Un Oscar incredibilmente però, aveva già vinto nel 1938. Questo film infatti fa riferimento ad un cortometraggio animato chiamato Ferdinando il toro (che non ricordo di aver visto, probabilmente mai), un filmato di circa 8 minuti prodotto dalla Walt Disney che vinse il premio Oscar agli Academy Awards dell'epoca, che a sua volta era tratto da un libro di Munro Leaf del 1936, che raccontava proprio la breve storia di un toro dai metodi docili, amante della natura e dei fiori, che improvvisamente viene punto da un'ape, la quale lo trasforma in un animale inferocito, portato più che altro a far danni. Da quelle immagini, ecco che la Blue Sky, casa di produzione (ideata da Chris Wedge 30 anni fa) a cui dobbiamo la saga de L'era glaciale (e tanti altri interessanti lavori, da titoli come Ortone e il mondo dei Chi, Epic - Il mondo segreto, Robots, Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts e i due Rio), tira un fuori un lungometraggio tutto nuovo dalle buone premesse, costruendo attorno al suddetto singolare protagonista un film d'animazione moderno, arricchito ovviamente dalla solita ironia di oggi. E' con Ferdinand che allora viene fuori un omaggio ex-novo del toro più docile del mondo, utile per tirar su una trama tutta ecologia, animalismo e pacifismo, che in questi casi fa sempre la sua buona figura davanti a grandi e soprattutto piccini. A tal proposito è evidente come il regista del lungometraggio, un componente fisso della Blue Sky, ovvero quel Carlos Saldanha divenuto famoso per aver dato vita alla spassosa e prolifica saga de L'era glaciale e l'altrettanto godibile Rio, diriga un film dal taglio visibilmente adolescenziale, per non dire infantile, pennellando personaggi forzatamente comici, costretti ad interagire con gag dalla risata a buon mercato. Il viaggio dell'eroe Ferdinand, in lingua originale non a caso doppiato dal gigantesco John Cena, si fa smaccatamente surreale sin dai primi minuti, con un'evoluzione di trama che bisognerà per forza di cose mettere in secondo piano, onde evitare quesiti logicamente privi di risposte.
Perché certo, il messaggio che il film media è chiaro nel voler affermare sé stessi e la propria indipendenza condividendo valori nella negazione della violenza e sostenendo in modo risoluto il sentimento di reciprocità, valori che si pongono come contenuti positivi di un valido cinema di formazione, perché certo, il film è realizzato con cura e sentimento continuando a portare avanti il suo messaggio ambientalista, non risparmiando momenti riflessivi anche un po' crudi, su tutti quello del chi nasce toro non può che morire in un mattatoio o in una corrida, ricorda il burbero Valiente al tenero Ferdinand, pronto a smentirlo in più e più occasioni a costo di rimetterci la pellaccia, perché non è detto che un toro debba sempre uscire sconfitto da quella terrificante arena, in tal senso la vera co-protagonista della pellicola è qui rappresentata in tutto il suo sanguinoso e ormai anacronistico fascino che nei primi anni '30 del '900 ammaliò Ernest Hemingway, ovvero la celebre e tanto criticata tauromachia spagnola, una mattanza che negli anni si è fatta sempre meno "tradizione" spagnola, bensì pura e semplice esibizione turistica, dal regista rappresentata attraverso un'animazione più orientata allo sfrenato e irreale divertimento che alla presunta realtà, ma i personaggi (proprio per la trama "sofferente") soffrono di una caratterizzazione non molto incisiva, che non permette loro di restare impressi allo spettatore, nonostante la grafica gradevole e colorata, anche il ritmo è molto buono e nel complesso la visione non delude troppo chi ama il genere cartoni, ma purtroppo manca nella sceneggiatura quell'appeal che renda questo prodotto pienamente apprezzabile anche da occhi meno infantili.
Perché sarà che il soggetto su cui si basa il film di Saldanha era fin troppo poca roba, d'altronde pur sempre di un filmato di soli 8 minuti si parla, ma Ferdinand non sembra essere un cartone animato che regge tutta la sua lunga durata (un'ora e cinquanta minuti) con grande creatività narrativa. La storia è molto esile e tutto si incentra sulla delineazione dei vari personaggi animali, abitanti dell'universo che contornano il nostro eroe, ci sono la capra Lupe, i porcospini Una, Dos e Quatro (sì la battuta ripresa nel film è divertente), i cavalli Hans, Claus e Greta, il cane Paco e i tori Valiente, Angus, Guapo e Bones. Un gruppo di animali allegri e fracassoni, tipici della cinematografia animata di oggi, tra battute fulminanti e gag slapstick (l'unica eccezionale quella nel negozio di cristalleria), elementi che si considerano essere ormai fondamentali e vincenti per costruire un'opera simpatica a tutti gli effetti, ma che invece, a lungo andare, stuccano nella loro ripetitività e poca originalità (la gara di ballo tra animali è cosa fuori trend ormai, anche per un cartone). Con Ferdinand siamo dalle parti di un film tirato per le lunghe e forzatamente simpatico, non proprio al di sotto della media di questi prodotti, ma che alla fine dei fatti si limita lanciare un messaggio animalistico ed ecologista indirizzato ad un pubblico, non di grandi e piccini, bensì di vegani e ambientalisti. Tecnicamente parlando Ferdinand poi perde il confronto con l'animazione ricercata di alcuni classici visti al cinema negli ultimi anni, dando forza e visibilità ad una banda di emarginati che tra improbabili fughe, immancabili ammiccamenti pop ed esilaranti rallenty vende facili emozioni al kg. Una leggera commedia animata pensata e realizzata per un pubblico giovane, se non giovanissimo (ed altri), da prendere per le corna di un'animazione godibile ma certamente assai poco originale. Voto: 6