Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2019 Qui - Detective Dee e i quattro Re celesti (Azione, Cina, Hong Kong, 2018): Sequel diretto (inizia esattamente dove si interrompeva il precedente film) di Young Detective Dee: Rise of the Sea Dragon e strettamente legato in coda al primo film della saga, ma ultimo nella cronologia narrativa, ovvero Detective Dee and the Mystery of the Phantom Flame, Detective Dee: The Four Heavenly Kings arriva a cinque anni di distanza dal precedente capitolo, e purtroppo il film di cui si parla non è qualitativamente lontanamente paragonabile a nessuno dei titoli classici del maestro, anzi, ha una sottilissima essenza cinematografica. Se il primo Detective Dee era tutto sommato un film "verosimile" e il secondo iniziava ad adottare caratteri più irreali, tra mutanti e creature giganti, in questo terzo capitolo le armi più potenti sembrano essere le "magie" e le allucinazioni. E questa scelta porge quindi un lussuoso vassoio d'argento al regista Tsui Hark per lasciarsi andare alle più deliranti visioni carnascialesche e surrealiste votate alla potenza del 3D, solo che nella visione classica, a causa dei molteplici piani visivi e di "strati" in campo abbastanza netti e votati ad una profondità di sguardo probabilmente inedita, il tutto lascia a volte basiti. Come se non bastasse il film, che racconta dei pericoli che Detective Dee deve affrontare quando l'Imperatrice Wu Zetian mossa dal timore che la straordinaria arma che l'Imperatore affida a Dee possa essere usata contro il potere imperiale, assolda potentissimi ed abilissimi stregoni per potergliela rubare, vira troppo in favore di una struttura narrativa e di tematiche tipiche da fantasy (abbondano difatti abbigliamenti e armi multiformi, mostri antropomorfi, draghi volanti, personaggi metà uomini e metà esseri fantastici). Ne scaturisce infatti un film che sicuramente è molto meno aderente alla realtà di quanto fu il primo capitolo con Andy Lau ad esempio, ma che non pecca certo di una spettacolarità che si traduce in puro divertimento sempre nutrito da un senso di meraviglia, non che manchino i tratti politici e sociali all'interno del racconto, con uno sconfinamento anche nella filosofia buddhista, attraverso la sublimazione del rancore che produce mostri di potenza estrema, ma è chiaro che la morale contenuta nel sotto-testo è ben lungi dall'essere preponderante. La figura di Dee, sempre a metà strada tra un antesignano di Sherlock Holmes e un invincibile guerriero, è la personificazione della ragione, l'ago della bilancia che riporta le cose nell'ambito della razionalità, il custode della fedeltà al Trono imperiale, personaggio intorno al quale si potrebbero imbastire a ragione serie infinite di racconti. Detective Dee e i quattro Re celesti è quindi lavoro eccessivo, estremo, nella sua continua ricerca di infrangere barriere tecniche e di linguaggio, ma rimane distante dai migliori lavori di Tsui Hark, perché anche se c'è sempre il divertimento e quel senso di sorpresa e meraviglia che è poi il fine ultimo e il motore del cinema, la delusione arriva. Voto: 5+