martedì 30 aprile 2019

La principessa e l'aquila (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/08/2018 Qui - Dopo Abel: il figlio del vento, ecco un altro film con le aquile, ma al contrario del film con Jean Reno, sicuramente più cinematografico e ovviamente meno reale (almeno nel racconto), eccone uno che racconta la vera storia di una vera storia di formazione, perché La principessa e l'aquila (The Eagle Huntress), che viene considerato a metà un documentario, che è però e comunque un film (del 2016) a tutti gli effetti, racconta la realizzazione di un sogno da parte di una ragazza di appena tredici anni che riesce a imporsi in una professione (e in una società) tradizionalmente maschile. Il film infatti, diretto con mano ferma dall'esordiente Otto Bell, racconta la storia (vera) della coraggiosa tredicenne Aishoplan (una ragazza nomade che vive in Mongolia) che, aiutata dal padre (e sostenuta dalla famiglia), diventerà, nonostante il parere negativo degli anziani del villaggio (un villaggio, una società atavicamente maschilista), una bravissima cacciatrice con le aquile. Tanto che dimostrerà non solo di riuscire a catturare un fantastico esemplare di rapace, ma anche di essere (dimostrando al festival annuale dell'Aquila reale che raduna tutti i più grandi addestratori del paese per partecipare a una ambita competizione) la migliore di tutte. Tuttavia, è proprio per questo che nonostante questa storia vera sia così sincera e genuina (giacché la protagonista non sceglie di andar contro niente e nessuno, è solo spinta da un sincero desiderio di comprendere una disciplina così radicata nel passato dei suoi antenati) che, il progetto appare costantemente in bilico tra documentario e racconto di finzione. La sensazione di trovarsi spesso di fronte a scene ricostruite ad hoc difatti è sempre presente, tanto che il montaggio (e il tipo di racconto) sembri semplificare il messaggio (quello femminista, e non solo, alla base della storia), ma che tuttavia risulta azzeccata in chiave di grande distribuzione commerciale, e che ha altresì il merito di rendere la storia della grintosa Aisholpan universale. Dopotutto La principessa e l'aquila non ha di certo l'impronta del documentario didattico ma prende piuttosto la forma del film biografico che porta con sé un importante messaggio sulla forza di volontà, mostrando che credendo nei propri sogni è davvero possibile realizzarli. Un inno alla giovinezza, alla caparbietà, all'emancipazione femminile e alla capacità di credere in se stessi.
Un racconto di formazione quindi che si nutre di sentimenti semplici, ma tuttavia profondamente autentici, che vengono esaltati nella loro essenza dal rapporto per certi versi "primitivo" con la natura e gli animali che la abitano. Una storia che coinvolge e allo stesso tempo trasmette una grande serenità perché dimostra, attraverso una storia vera, quanto sia possibile misurarci con i nostri limiti e superarli se lasciamo che a smuoverci sia qualcosa che davvero "ci urge dentro". E quanto sia importante in tutto questo la figura di un genitore che sappia mettersi "al servizio" dei talenti di un figlio, aiutandolo così a diventare un adulto consapevole del suo valore (premessa direi indispensabile per vivere bene con se stessi e con gli altri). Ed è per questo che, tra incantevoli paesaggi selvaggi e riprese di volo mozzafiato (eccezionali i luoghi dove lei e la famiglia si accampano, vivono e cacciano con i poveri mezzi a disposizione, che peraltro comprendono un piccolo impianto fotovoltaico portatile), il regista accompagna lo spettatore (in questa sorta di film-documentario girato con i veri protagonisti della vicenda) con discrezione nella vita povera ma dignitosa di Aisholpan e della sua famiglia concentrandosi particolarmente sul rapporto padre e figlia e sulle motivazioni c:he spingono la ragazza a diventare la prima addestratrice di aquile donna della Mongolia. Non a caso i dialoghi sono pochi e scarni ed è presente una voce narrante (in origine di Daisy Ridley), che nella versione italiana è di Ludovica Comello (a mio avviso però non molto adatta). E perciò La principessa e l'aquila è un film (favorito anche dallo splendore dei paesaggi ed aiutato da un quantomai calzante commento sonoro new age) interessante e poetico. Un film certamente troppo semplice e forse a lungo andare ripetitivo, ma che vale sicuramente una visione in quanto preziosa finestra su un mondo misterioso e seducente, che da un lato svela i dettagli di quella che a quelle latitudini è una vera e propria ragione di vita, e dall'altro testimonia il coraggio e la temerarietà di una tredicenne dal fisico forte ma tutt'altro che mascolina nello spirito, che ha osato sfidare le convenzioni e, forse inconsapevolmente, tirar giù uno dei tanti steccati che impediscono alle donne di agire in piena autonomia. Voto: 6+