lunedì 21 dicembre 2020

Steven Spielberg (Happy Birth) Day

Post pubblicato su Pietro Saba World il 18/12/2020 Qui - Non c'è nessuno al mondo che può dire di non aver mai visto almeno un suo film nella sua vita, anche perché Steven Spielberg è ineluttabile. E' lo zio cinematografico di tutti noi, quello che da più di quarant'anni ci fa divertire, ci fa emozionare e ci fa spaventare, il padre spirituale dell'intrattenimento moderno, artefice di pellicole entrate nell'immaginario collettivo, colui che, vincitore di Premi Oscar, uno dei cineasti più importanti e influenti, al 26º posto nella lista dei 100 geni viventi stilata dal The Daily Telegraph, il cinema l'ha rivoluzionato. Non c'è da stupirsi quindi che per alcuni egli sia il regista preferito, lo è il mio, come dovreste sapere (non è infatti la prima volta che dico questo), e così oggi, nel giorno del suo 74° compleanno, il giusto e definitivo (fino a questo momento) omaggio. Sì perché oggi che posso finalmente dire di aver visto tutti i suoi (32) film, a parte Ai confini della realtà (1983) che era però diretto a quattro mani e che in questa speciale classifica non poteva in ogni caso esserci, eccomi qui a stilare la mia (personale) graduatoria di gradimento. Happy Birthday Zio Steven!

32. Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull) (2008) (4)
Imbarazzante, qualsiasi altro commento sarebbe superfluo. Praticamente è una parodia della saga. Senz'ombra di dubbio il suo peggior film.

31. 1941 - Allarme a Hollywood (1941) (1979) (5) Recensione
E' invecchiato male, tuttavia resta ed è intrattenimento genuino, grazie soprattutto a John Belushi, nel complesso comunque fallimentare rimane ed è l'esperimento comico.

lunedì 14 dicembre 2020

Brivido (1986)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Unica regia di Stephen King e forse una delle trasposizioni più pazzoidi e rocambolesche di uno dei suoi racconti (al passaggio di una cometa, veicoli a motore ed elettrici prendono coscienza iniziando ad uccidere gli uomini, alcune persone si ritrovano assediate all'interno di una stazione di servizio, presa coscienza dell'evento, resistono e progettano la fuga). Non sembra che il Re volesse prendersi sul serio, pare infatti divertirsi a dirigere prove attoriali sopra le righe (di attori come Emilio Estevez, non esattamente un grande attore), scene catastrofiche accompagnate dalle chitarre degli Ac/Dc, esplosioni a iosa, effetti visivi ottantiniani, uccisioni violentissime e assurde. Il ritmo da film d'assedio rischia di cadere nel catatonico, ma la massiccia dose di scene goffe e spettacolari tiene lontana il più possibile la noia (bellissima la scena del ponte e il divertente inizio, dove appare il cameo proprio di Stephen King). Un film brutto che funziona. Il susseguirsi degli eventi è così sconclusionato e stravagante da risultare infatti quasi irresistibile. Il tema delle macchine ribelli ha sempre il suo fascino e l'enorme bestione nero con la maschera da folletto è una figura che, nonostante tutto, è riuscita ad imprimersi nell'immaginario (ancora, non per caso, mi inquieta). Difatti sufficiente, e va bene che dal maestro del brivido King ci si aspetterebbe molto di più, Brivido, tuttavia, rimane un film che, anche se alla distanza non regge, ha i suoi momenti suggestivi e, per una visione distratta, funziona ancora. Voto: 6 [Qui Scheda]

Ad Astra (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Al regista James Gray va dato atto di aver creato una distopia raffinata, dove la condanna della natura umana giudicata debole, autodistruttiva, ottusa, è suggerita, in sottofondo, nascosta tra i dettagli di un mondo futuristico (un passo avanti dopo Civiltà perduta). I tempi del racconto sono molto dilatati, con poche scene d'azione, ma con una fotografia estremamente affascinante, ricco di "passaggi" surreali, l'incontro con il padre (un perfetto Tommy Lee Jones) o con la compagna (una funzionale, bellissima, Liv Tyler), è ridotto a una situazione di routine priva di pathos, tuttavia il film anche se "derivativo" di tanti dejà-vu, richiami e citazioni evidenti, non si può evitare di pensare a 2001: Odissea nello spazio o ad Apocalypse Now e per finire la citazione di Gravity nel finale, comunque è ricco di suggestioni e regala diversi spunti di riflessione. Roy alias Brad Pitt (che conferma le sue ultime buone performance, C'era una volta a... Hollywood) è il protagonista di questa epopea spaziale, in cui un uomo fugge a milioni di miglia dalla Terra per trovare le sue radici e la sua identità. Ancora una volta, la fantascienza, vola alto, diventando humus fertile, per riflessioni esistenziali e filosofiche. Il film di James Gray parla innanzitutto del rapporto padre-figlio e poi racconta l'eterna sfida dell'uomo verso se stesso, nella ricerca di un suo simile. Il film è ambizioso, quando non pretenzioso, non perfettamente riuscito nel ritmo e nello sviluppo drammaturgico, ma molto suggestivo dal punto di vista visivo. Voto: 6+ [Qui Scheda]

Gli anni più belli (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Gabriele Muccino sembra essersi ormai impelagato col cinema nostrano, perché dopo il mediocre A casa tutti bene, ne sforna un'altro, di film mediocre ovviamente. Amori e idiosincrasie, sogni e sconfitte, speranze, conquiste, disperazioni: tutto quanto ci sia di umano, troppo umano entra nel copione di questo film, che molto banalmente accosta sfera personale, intima di quattro personaggi e contesto sociale nazionale. Attraverso espedienti sentimentali/sociologici si ripercorrono infatti alcuni anni della nostra storia d'Italia, ma lo fa in maniera piuttosto raffazzonata, mettendo in scena vicende poco incisive. Gli anni più belli difatti segue pedissequamente un canovaccio piuttosto standardizzato che si basa su meccanismi facilotti e prevedibili, che riesce a prima vista ad ammaliare ma che poi ti stanca subito. Al netto della prova professionale del cast (Pierfrancesco FavinoKim Rossi StuartClaudio SantamariaMicaela Ramazzotti, ma anche, in parti laterali, Nicoletta Romanoff e la cantante Emma Marrone, al suo esordio, tutt'altro che disprezzabile, su un set cinematografico), il film fallisce nel rappresentare i personaggi con troppi cliché e una storia che non offre spunti assai coinvolgenti e simile nell'impostazione al suo modello di rifermento, che è C'eravamo tanto amati di Ettore Scola, tuttavia assolutamente irraggiungibile. Il regista buttandola sull'amarcord, (malamente) ringiovanisce e invecchia gli attori, ma non tutto funziona al meglio, film retorico, opera sentimentale ma senza sentimento. Vengono privilegiati i soliti sentimenti verso un amore finito o il tentativo di riavvicinarsi al figlio non visto da anni. Un film alla fine anche godibile (momenti belli ci sono, decenti le musiche, anche se il pezzo più importante arriva troppo tardi, nei titoli di coda) ma che si dimentica in fretta. Voto: 5 [Qui Scheda]

Brimstone (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Liz è una ragazza muta sposata ad un bravo colono. Perché quindi il Reverendo, quando parla del Male da cui guardarsi, sembra alludere proprio a lei? Perché la ragazza ha paura di lui? Forse lo conosce già? A queste domande, poste tutte dal primo capitolo del film (intitolato "Rivelazione"), daranno adeguata e sconcertante risposta i successivi tre capitoli di questo western cupo e violento: "Esodo", "Genesi", "Castigo". La violenza viene esibita con un gusto quasi sadico, mentre i fatti narrati sono concentrati con una densità talvolta forzata che non può non far ricordare il romanzo d'appendice del secolo 19. Lo spirito che anima lo spietato e indistruttibile villain (un luciferino Guy Pearce) è quello del più bieco integralismo religioso, lo spirito di un Cotton Mather, per intenderci. Lui è l'infernale sacerdote del Male, lei (la brava Emilia Jones da adolescente, l'altrettanto brava Dakota Fanning da adulta) l'eroina sulla quale si addensano, quasi convogliate da un'implacabile predestinazione, tutte le tragedie possibili. La suddivisione del racconto filmico in quattro capitoli gli conferisce una patina letteraria che ha il sapore dell'antico. Film (dell'olandese Martin Koolhoven) che si segue appassionatamente, anche se bisogna ammettere che qualche caduta di tono, qualche scelta narrativa scriteriata (dove in alcuni momenti si sfiora il ridicolo) e alcune forzature soprattutto nel finale gli impediscono di raggiungere livelli più alti. Ma il piacere del racconto attenua questi difetti e li fa quasi dimenticare. Voto: 6 [Qui Scheda]

Glass (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - M. Night Shyamalan chiude il cerchio con (Mr.) Glass, trilogia che non era stata pensata ad origine ma che si è sviluppata in corso di opera. Unbreakable, sottovalutato quando uscì, era un buon film che trattava il tema supereroi in maniera molto diversa rispetto alla moderna canonicità, Split un buon thriller che solo nel finale si ricollegava al primo e Glass che però è quello che mi è piaciuto di meno. Bravo James McAvoy (fa quasi tutto lui), Samuel L. Jackson per buona parte del film è catatonico (quando s'accende il film finalmente comincia ad ingranare) e Bruce Willis così così (tutti e tre vengono rinchiusi un ospedale psichiatrico con tanto di dottoressa che prova a dissuaderli dall'idea di essere speciali, ma poi si liberano e tutto si svela, ne succedono molte, forse troppe). Anya Taylor-Joy si vede e si sente poco, Sarah Paulson non convince del tutto. Un sei stiracchiato per un film (bizzarro miscuglio fra Superman e Qualcuno volò sul nido del cuculo) che sicuramente poteva chiudere la "Trilogia" in maniera molto migliore (prima parte stenta a decollare, seconda parte più viva). Deludono le forzature o le ingenuità della trama, tipo la scarsa sicurezza dell'istituto o gli espedienti per far cambiare personalità a Kevin. Il finale soddisfa in parte. Bene invece registicamente (il regista ci dona comunque sprazzi della sua arte di costruzione di atmosfere dense, tensive, così come di modificare i comuni punti di vista) e resta in ogni caso interessante tutto il percorso e la tesi non convenzionale supereroistica fatta. Voto: 6 [Qui Scheda]

Lontano da qui (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Madre insoddisfatta, moglie infedele, insegnante capace ma dai modi inquietanti, donna delusa. Questo il ritratto del personaggio della brava Maggie Gyllenhaal, una donna alla ricerca di poesia che vede in un suo piccolo alunno una speranza per liberarsi dall'ombra che si porta addosso. Un'efficace rappresentazione di una parte dell'universo infantile ma anche della personalità borderline di adulti che cercano, anche inconsciamente, di manipolarli e utilizzarli come panacea dei propri fallimenti. La protagonista infatti riversa tutte le sue ambizioni sul bimbo, incurante delle conseguenze: una manipolatrice inconsapevole, animata certo da buone intenzioni ma anche da una vena di insensatezza che si tradurrà in un epilogo amaro (difatti una prima parte più descrittiva lascia il posto ad un seguito inquietante, quasi da thriller da camera). Un film (un remake) a modo suo toccante (eppure straniante, a tratti paradossale), reso tale da una performance attoriale intensa, sorretta da una sceneggiatura interessante, anche se forse un po' enfatizzata (i ritmi non propriamente alti sono il difetto più evidente). Da apprezzare anche la regia di Sara Colangelo oltreché la colonna sonora. Voto: 6 [Qui Scheda]

La famiglia Addams (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - In questo (primo) film animato della famiglia Addams, che affonda le sue radici più nel fumetto da cui tutto partì che dal telefilm, i cartoon o i film anni '90, gli indiscussi eroi della pellicola sono Mercoledì e Pugsley, in particolar modo la prima, alle prese con l'accettazione del diverso, i primi amici "normali" e i problemi della crescita. Esilarante l'antagonista, una presentatrice di reality show che aizza la gente comune contro i nostri, affascinante la Morticia animata/doppiata (in originale) da Charlize Theron (da Virginia Raffaele in quella italiana), buono l'omaggio finale alla sigla del serial. Nel complesso buon film d'animazione, ma per niente eccezionale, anzi, le gag carine sono poche e quasi tutte ricalcano cose già viste, mentre il lodevole messaggio di tolleranza è veicolato con minor brillantezza rispetto a quanto avviene in Hotel Transylvania, con cui il film ha molto in comune (inoltre il doppiaggio di alcuni nomi famosi, Bova e Bertè, non convincono del tutto). Nonostante ciò, pellicola godibile e piacevole. Voto: 6 [Qui Scheda]

I miserabili (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Gli ingredienti del genere ci sono (quasi) tutti e sono mescolati con efficacia, nonché nutriti dalle giuste dosi di tensione (siamo dalle parti del cinema di genere che dà voce agli ultimi, a quelli messi in disparte dalla società perché figli di una colonizzazione selvaggia che porta il suo conto da pagare). Poliziotti stressati ma con differenti vissuti e coscienze, periferie ghettizzate, inseguimenti e scontri fino alle sconvolgenti scene conclusive (l'escalation di incomprensioni porta infatti a un finale molto interessante che lascia con il fiato sospeso). Appare contratta, però, la sensibilità sociologica, manca il guizzo riflessivo che, con uno sguardo più penetrante sul clima e sull'anima della banlieue, avrebbe potuto far diventare pregevole un prodotto che rimane comunque buono. Parigi finisce con l'assomigliare a Chicago: almeno in parte, un'occasione perduta. Nel complesso da vedere (buone le performance attoriali, di Damien Bonnard e tutti gli altri, giovani e adulti) ma lascia amarezza. I miserabili, del regista Ladj Ly, basato sull'omonimo cortometraggio dello stesso del 2017, a sua volta ispirato al romanzo omonimo di Victor Hugo, è un film intenso, ma è più potente il messaggio che il film in sé. Voto: 6,5 [Qui Scheda]

Tolo Tolo (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Per la prima volta Checco Zalone dirige se stesso e purtroppo i risultati sono inferiori ai lavori precedenti. Molte delle battute sono un ricalco di Quo Vado (molto più riuscito), parlando spesso di contributi e di Iva. Malgrado una certa ripetitività il livello è comunque superiore alle decine di commedie italiane (più o meno simili) uscite quest'anno e non solo (certamente migliore del pessimo Scappo a casa, stranamente affine). Non mancano momenti riusciti, come i sogni del Checco protagonista, o qualche buon momento musicale, ma speravo di più e di meglio. Tolo tolo è meno divertente (spara frecciate a destra e manca, la sua trasversalità si mantiene sostanzialmente intatta e qualche volta, non sempre colpisce anche il bersaglio), ma sicuramente più ambizioso, forse troppo. Si ride meno e si riflette maggiormente in questa pellicola indubbiamente scorretta ma finalizzata a smascherare determinate situazioni e comportamenti italici e non solo. In questo senso, il messaggio di accoglienza funziona? In modo alterno, meglio la parte delle citazioni più attuali mentre risultano retoriche le parti fasciste. Finale, nonostante l'esilarante "cicogna strabica", lievemente deludente e seconda parte migliore della prima. Nel complesso valido, nonostante il cast di contorno sia leggero (piacevoli comunque i camei di Nicola Di Bari e Barbara Bouchet). Voto: 6 [Qui Scheda]

Terminator - Destino oscuro (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Cancellando in un colpo solo gli ultimi tre capitoli della saga, anche Terminator Genisys (il quasi inutile reboot di pochi anni fa che comunque non mi era dispiaciuto), Destino Oscuro riutilizza i classici scenari per aprire la strada a quella che, doveva essere una nuova trilogia del marchio Terminator (viste le perdite monetarie non credo sarà), miscelando vecchi e nuovi personaggi in un ideale passaggio di consegne (la presenza di Linda Hamilton e Arnold Schwarzenegger sembra, infatti, un passaggio di consegne fra la vecchia serie e quella nuova, ma solo Mackenzie Davis, che fa strano vedere in vesti action, parrebbe avere le giuste doti in un ipotetico futuro). Il risultato, sotto l'aspetto visivo, è discreto: la spettacolarità è garantita da scene e situazioni costate un botto di milioni in dollari sonanti (il budget stanziato ha permesso un grande impiego di mezzi) che hanno sortito il giusto effetto (dopotutto Tim Miller, regista del primo Deadpool, sa come si fa), sfornando un blockbuster di tutto rispetto che intrattiene senza dubbio. Quello che non ho ben capito è la scelta narrativa di una sceneggiatura che mostra alcuni punti oscuri e che fa storcere un po' il naso (lo sviluppo e la conclusione sono in qualche modo prevedibili, però il film riesce ad avere un certo mordente, grazie appunto ad un ritmo frenetico e ad un'alta spettacolarità delle scene). In ogni caso questo sesto (primo) nuovo capitolo (?) non è malaccio e il suo dovere di prodotto ludico lo assolve pienamente, più giusto sufficientemente. Voto: 6 [Qui Scheda]

It - Capitolo due (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Il capitolo finale di IT, tratto dall'omonimo e famosissimo libro di Stephen King (che qui compare anche in un divertente cameo) si è fatto attendere (ben due anni), non senza creare intorno a se un'aura di curiosità mista a diffidenza, per la possibile piega che potevano prendere gli eventi, soprattutto dopo una più che discreta prima parte, ma possiamo dire che non è andata poi così male, anche se il primo è decisamente migliore. Il primo It infatti, non mi era dispiaciuto, anzi, gli avevo dato un 7,5, ma il film in fondo era più che altro un thriller. La seconda parte, cioè questo, spinge più sull'horror, non è malvagio (soprattutto nella prima ora e mezza), poi però ha vari cedimenti e alla fine io sarei per la sufficienza. Si racconta di come siano passati 27 anni e i ragazzini del primo film (presenti anche qua, nei flashback) siano ora adulti, il pagliaccio assassino è tornato e ci sono molti conti da chiudere una volta per sempre. Il film è di notevole lunghezza (2 ore e tre quarti) ma di rapida scorrevolezza. Il problema è il finale, il modo cioè di come viene affrontato infine It, beh, è debole assai e deludente. Non mi è piaciuta molto la caratterizzazione dei personaggi adulti, rispetto alla controparte bambina del precedente film c'è un bello stacco (in negativo, però). Se Jessica Chastain e Bill Hader non fanno rimpiangere i piccoli colleghi, Jay Ryan e James McAvoy non sembrano sempre essere in simbiosi con la sceneggiatura o comunque risulta difficile, in certi momenti, collocarli nel contesto. Sempre più nella parte invece Bill Skarsgård che riesce ad essere sempre più spaventoso. Il suo Pennywise ricalca la crudeltà del personaggio creato da King. E' la personificazione del male e se ti terrorizza quando è in scena, quando non c'è brami la sua presenza, come se non potessi fare a meno di vederlo, un personaggio calamitante. In questo secondo capitolo c'è molta più CGI (non eccezionale a volte, bisogna dirlo), e c'è qualche scena tipicamente horror decisamente ben fatta (in questo senso si vede la buona mano di Andrés Muschietti). Tutto sommato non è male, e nel complesso pellicola da vedere se rimasti favorevolmente colpiti da quella del 2017. Voto: 6 [Qui Scheda]

Le Mans '66 - La grande sfida (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Cinema e motori, gioie (poche) e dolori (molti). A invertire questa tendenza ci prova questa volta il poliedrico regista James Mangold, l'uomo che ha risollevato le sorti del supereroe Wolverine qualche anno fa (2013 e soprattutto 2017) e raccontato ancor prima le gesta di Johnny Cash (2005), adattando per lo schermo (è sua anche la sceneggiatura) la vera storia di Carroll Shelby e Ken Miles e del loro sogno di riuscire a realizzare una macchina in grado di mettere termine al dominio Ferrari nella corsa probabilmente più famosa del mondo negli anni '60, le 24 Ore di Le Mans. Ed ebbene ci riesce, pur non essendo un regista adrenalinico come lo era il compianto Tony Scott, il regista sa il fatto suo, si affida a Christian Bale e Matt Damon, condensa il tutto con un tono agrodolce che non guasta, e fa discretamente centro. Ecco infatti un film che celebra come meglio non si potrebbe l'epica delle corse automobilistiche in un epoca in cui il pilota contava più della tecnologia. Due coraggiosi sognatori la cui vicenda è raccontata da un film appassionante, segnato da appassionanti riprese delle performance sportive ma ricco di dettagli sui personaggi principali dei quali si evidenzia la profonda umanità e il notevole legame reciproco. Un film dallo stile splendidamente classico nel suo modo di concepire valori che esulano da pubblicità e marketing, che aiutano economicamente lo sport nello stesso modo in cui sono in grado di rovinarlo. Non raggiunge la spettacolarità del recente Rush, ma è un film di tutto rispetto che offre un genuino piacere nel vederlo. Certo, ingannevole è il titolo, anche in lingua originale (non è la battaglia fra due colossi), ed è fin troppo evidente la sua natura tronfiamente americana (sugli italiani si è un po' ecceduto in caricature ma, perlomeno, è stata mantenuta una certa integrità di Enzo Ferrari, è Remo Girone ad impersonarlo degnamente, che spicca in due scene) però, al di la di questo, il film riesce a colpire comunque il bersaglio grazie a un ritmo e a un montaggio serratissimo che riesce, nonostante la notevole lunghezza, a mantenere costantemente alta la tensione, anche grazie all'ottimo lavoro sia per scenografia (buone le ricostruzioni d'epoca) e, soprattutto, sonoro che per la fotografia oltre che per il lavoro sui personaggi, splendidamente caratterizzati (tra l'altro due Oscar vinti per il miglior montaggio e il miglior montaggio sonoro). I principali almeno, perché i secondari così così, in ogni caso due ore e mezza niente male. Voto: 7 [Qui Scheda]

venerdì 11 dicembre 2020

Commemoration Day: Atmosfera zero (1981)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/12/2020 Qui - In un anno già particolarmente difficile di per sé, potevano forse mancare illustri dipartite? Purtroppo no, molte sono state infatti le notizie tristi per il mondo del cinema, tanti i grandi attori così come le attrici che ci han in questo 2020 lasciati, penso sia inutile in questo senso nominarli tutti. Tuttavia, io con altri colleghi blogger cinefili, abbiamo pensato bene di commemorare oggi alcuni di questi, e il nome e cognome scelto da me è stato quello dello James Bond per eccellenza, di quel Sean Connery agente 007 al servizio di sua Maestà, che il palcoscenico moltissime volte ha calcato. Ricordo con grande piacere alcuni film in cui egli è stato protagonista (o anche spalla), Assassinio sull'Orient ExpressHighlanderIl nome della rosaGli intoccabiliIndiana Jones e l'ultima crociataCaccia a Ottobre RossoRobin HoodThe RockEntrapment (ed altri), ma pure La leggenda degli uomini straordinari, il suo ultimo (non particolarmente memorabile) lungometraggio. Però quanti non avrò visto? Non avevo mai visto per esempio Atmosfera zero (Outland), cosicché ne ho (nonostante l'amarezza della sua dipartita avvenuta a fine Ottobre all'età di anni 90) approfittato. Ho perciò visto un thriller psicotico e claustrofobico di ambientazione fantascientifica decisamente interessante, troppo facilmente liquidato all'epoca della sua uscita come un "Mezzogiorno di Fuoco nello spazio". Descritto come un "western spaziale" con numerose (appunto) similitudini con quel capolavoro di Fred Zinnemann del 1952 (Nota: "western spaziale" descrizione tornata prepotentemente in auge grazie al fenomeno The Mandalorian), ne subì (purtroppo) le conseguenze, e in negativo, incassò infatti poco più di quanto era costato. E va bene che Atmosfera Zero è uno di quei film di fantascienza dalle meravigliose intuizioni ma tarpati da un budget non eccezionale e da qualche realizzazione poco felice (dal punto di vista tecnico ci sono difatti alcune cose che non tornano), però Atmosfera Zero è davvero un discreto film di fantascienza, che accusa un po' il passare degli anni, ma è una visione più che accettabile ancora oggi. Già, un bel thriller fantascientifico con un grande Sean Connery nella parte del "giustiziere".