venerdì 27 settembre 2019

A casa tutti bene (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/09/2019 Qui
Tema e genereGabriele Muccino racconta ancora una volta la famiglia disfunzionale in A casa tutti bene, coadiuvato da un cast stellare che finisce però per essere l'unica cosa interessante del film, di questa commedia agrodolce.
Trama: Il pranzo per i 50 anni di matrimonio di una coppia raduna a Ischia una numerosa famiglia. Rimarranno tutti bloccati per giorni a causa del maltempo, e saranno problemi per tutti. Ognuno si troverà difatti a fare i conti con la propria personale situazione, sentimentale, familiare o professionale.
Recensione: Dopo anni ed anni dal suo (fortunato) sbarco in America, Gabriele Muccino torna a dirigere un film in Italia, con un cast che raccoglie il meglio del cinema italiano, ci sono quasi tutti (basta vedere la locandina). Un film però su di una famiglia disfunzionale, l'ennesima. Questo è infatti il tema del film, che affronta ancora una volta insoddisfazioni, bugie e beghe familiari. Sì perché il regista romano parte dall'idea inflazionata ma sempre intrigante di sfruttare una riunione di famiglia per descrivere tipologie umane e come esse si compongono in un quadro più generale, lo fa purtroppo però puntando troppo su soluzioni facili e luoghi comuni. Le scene abbondano di pianti, strepiti e concitazione, richiamando alla mente format televisivi piuttosto fastidiosi ma di vasto seguito. In questo modo la drammatizzazione inevitabilmente si appiattisce e fatica ad oltrepassare la superficie dello stereotipo di genere. E' ovvio che se nelle riunioni famigliari tutto andasse liscio non avrebbe senso farci su un film, come insegna il Vintenberg di Festen ma anche il Monicelli di Parenti Serpenti. Ma non basta evidentemente puntare sul ritmo e sull'emotività per realizzare un buon film, anche se hai in squadra attori di spessore (e anche alcune new entry interessanti, una, Elena Cucci), anche perché stereotipi e banalità si rintracciano pure nella stesura dei personaggi e delle dinamiche. Giacché è questo un film di Muccino all'ennesima potenza che sembra mostrare i ragazzi de L'ultimo bacio ormai cresciuti, ma impantanati in personaggi numericamente eccessivi per essere approfonditi ed apprezzati. Un film corale in cui si fatica un po' a seguire le vicende personali di ogni coppia, troppo caciarone e avvolto in un tourbillon di eventi repentini che un po' stordisce lo spettatore. Tutto da buttare quindi in A casa tutti bene? Quasi. Sono soltanto pochissimi infatti i momenti in cui si intravede brillare qualche luce sotto la coltre di difetti. A volte si ha la sensazione che il regista riesca a dare la sensazione della coralità di voci che sta rappresentando, sulla scia del meglio del cinema nostrano, e altrove che in qualche misura colga la poesia dell'amore, ma si tratta solo di qualche inquadratura, veramente troppo poco. Perché nel complesso il suo tentativo di raccontare vizi e virtù dei vari componenti della famiglia, facendogli gettare la maschera sul loro ego e la loro voglia di essere migliori di ciò che sono, riesce solo a metà. L'argomento non viene indagato e la sceneggiatura non mette nessuno in discussione né permette di scoprire l'animo umano. Resta un pretesto che, grazie alla bravura degli attori, si regge in piedi. Per raccontare una tragedia si dovrebbe partire dalla commedia, invece qui si inscena il melodramma. Le risate sono contenutissime e i pianti e la disperazione degli attori (comunque tutti ottimi) sono estremi (soprattutto quelli di alcune troppo isteriche), cercando la commozione facile con note musicali e col montaggio ad hoc. Si può fare meglio.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Tutti i pregi e i difetti dei più noti film italiani di Gabriele Muccino (quelli americani, come La ricerca della felicità, il suo miglior film, dipendevano  dalla committenza, e non è stato certo un male per lui) si ritrovano in A casa tutti bene amplificati: l'ottima capacità di dirigere gli attori si accompagna alla tendenza a portare sempre i vari personaggi a un livello di isteria che comporta urla, litigi furibondi e scene scomposte dopo che si è superato il punto di rottura, e le performance dei pur bravi attori che ne risentono. E se una certa facilità di racconto e di descrizione (nei tic, nelle tensioni, nel modo di esprimersi, nel manifestare i propri desideri) è indubbia, alla fine rimane sempre la sensazione di una rappresentazione parziale, di un narratore che si limita a raccogliere gli sfoghi di uomini e donne sempre inquieti e infelici e che lui sembra amare poco (soprattutto quelli vicini a lui per età). E che lascia sempre un passo più indietro di come erano all'inizio. Cinismo? No, piuttosto una scarsa capacità di andare oltre all'abbozzo, all'aneddoticità, alla superficialità. Si dice di tanti registi italiani, ma mai come nel caso di Muccino le sue qualità di regista meriterebbero che si affidassero a penne e soggetti altrui. Invece la sceneggiatura (scritta in questo caso a quattro mani con Paolo Costella, con la collaborazione dell'attrice Sabrina Impacciatore, nel film ovviamente presente) è troppo spesso saldamente presidiata da chi poi la dovrà mettere per immagini. E si sa, in Italia tutti vogliono fare gli autori. Mentre tecnicamente niente da segnalare, in positivo dico, perché in negativo, ci sono note musicali ed un montaggio ad hoc, che cercano solo la commozione facile.
Commento FinaleGabriele Muccino ha fatto un film molto nel suo stile, forse troppo: emotività e conflitti sono estremizzati a discapito dell'approfondimento. Troppi luoghi comuni anche nella sceneggiatura e nella caratterizzazione dei personaggi. Si salva poco in questo film, al più qualche inquadratura in grado di dare il senso della pluralità di voci che si stanno rappresentando, secondo una tradizione del cinema italiano che però Muccino in questo film spreca.
Consigliato: Probabilmente lo spettatore ritroverà in qualcuno dei personaggi sfumature della propria vita, ma di certo non basta. Viceversa l'unico (forse) motivo che potrebbe giustificarne la visione è la gara di bravura del super cast assoldato dal regista, qui per fortuna frenato nei suoi virtuosismi registici.
Voto: 5

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