Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/09/2019 Qui
Tema e genere: Horror slasher del 2018 diretto da Gregory Plotkin, al debutto da regista.
Trama: Il film segue un gruppo di adolescenti che viene inseguito da un serial killer, all'interno di un parco a tema horror.
Recensione: Dopo che il filone è stato destrutturato (Scream), preso in giro (Scary Movie), rifondato, omaggiato (The Strangers: Prey at Night) ed è diventato oggetto di riflessione (Quella casa nel bosco) e originali tentativi di fusione con altri generi (Auguri per la tua morte), Hell Fest torna all'essenza dello slasher: prende un gruppo di ragazzi stupidi e sufficientemente incoscienti, li immerge in un luogo inospitale e li fa trucidare da un assassino misterioso armato di coltellaccio. Tutto qui, niente di innovativo, niente di trascendentale. Eppure che fascino, che tensione, che fantastica ambientazione. Il fascino di questa trama (semplice) è certamente il sadismo dell'Altro (termine con cui il regista denomina il killer) e le situazioni di ambiguità che genera: tutti sono all'Hell Fest per vivere la paura e sprofondare nel terrore, sicuri però di essere al sicuro, perché tutto in fondo è solo una magnifica finzione. Perciò anche il pericolo reale viene vissuto come parte del gioco e confuso con una recita in maschera, che presto si rivelerà fatale e atroce. Cosa c'è di più agghiacciante che assistere a un omicidio credendolo una farsa? L'idea di mantenere anonima l'identità dell'Altro è efficace e porta con sé un orizzonte di senso inquietante: chiunque potrebbe essere l'assassino. Ma la forza di Hell Fest sta tutta nella location, un parco dei divertimenti notturno, coloratissimo e inventivo nel riprodurre scenari da horror ricostruiti con cartapesta e protesi da supermercato, che richiama alla mente Il tunnel dell'orrore (1981) di Tobe Hooper, e che riesce a sopperire ad una reiterazione narrativa consistente nel seguire i protagonisti all'interno delle varie escape room. Questo perché Hell Fest fa proprie le atmosfere horror degli anni '80, soprattutto grazie alla regia e all'ottimo montaggio di Gregory Plotkin, un grande professionista del genere: regista di Paranormal Activity 5 e montatore degli altri film della saga, di Scappa - Get Out e Auguri per la tua morte. Egli porta avanti una preferenza per scene tipicamente splatter, non tanto consuete oggigiorno negli horror mainstream, e il gusto per il truculento è ampiamente presente in Hell Fest, anche se comunque non eccessivamente per gli habitué del genere. A livello stilistico è inoltre molto affascinante il gioco di luci, contrasti e colori psichedelici, che vanno dal rosso al viola, dal verde al blu, investendo tutte le realtà cromatiche di una certa intensità. E' insomma un riuscito esempio di horror teso e visionario, molto ben curato nell'impianto scenografico, che dà giusta misura del talento di Gregory Plotkin, regista che probabilmente saprà riservare in futuro piacevoli sorprese, un horror che è anche un contenitore di tutti gli ingredienti della suddetta cinematografia, come perturbanti bambole, clown angoscianti, spettri e serial killer, un horror che non colpisce con forza lo spettatore, come Hereditary per esempio, forse anche a causa della scelta di un cast con cui non sempre l'immedesimazione è immediata, ma che riesce a farsi ricordare. Perché questo è un film molto curato nell'evoluzione della suspense e in molte scene di forte impatto, davvero interessante, nonché il perfetto film da guardare nella notte di Halloween (e tutti gli altri giorni).
Regia/Sceneggiatura: Gregory Plotkin, al lavoro su una sceneggiatura non di sua mano (che forse pecca nel suo finale colpa di un montaggio sbagliato ma che colpisce grazie ai continui colpi di scena, che lasciano lo spettatore senza fiato e lievemente asmatico, e che sferra un paio di pugni nello stomaco niente male), dirige alla grande riuscendo a rendere l'intero film teso come una corda di violino. Prima perché, sullo stile di Hitchcock, informa gli spettatori del pericolo (non riuscendo per questo a rovinare la "festa"), mentre i protagonisti ne sono all'oscuro. Il prologo ha questa funzione, poi amplificata dalle riprese in terza persona dell'ignoto cliente che passa i controlli ma, appena entrato, raccoglie un coltello all'interno del parco. L'uso del colore, qui sfruttato per creare una stimolazione quasi lisergica con la scusante del luogo (rosso, verde, blu si alternano con effetto stroboscopico), contribuisce a rendere onirico (perciò ancor più suggestivo) il clima di allucinata esperienza vissuta dai giovani protagonisti. Un'esperienza, come per lo spettatore, ansiogena ed inquietante.
Regia/Sceneggiatura: Gregory Plotkin, al lavoro su una sceneggiatura non di sua mano (che forse pecca nel suo finale colpa di un montaggio sbagliato ma che colpisce grazie ai continui colpi di scena, che lasciano lo spettatore senza fiato e lievemente asmatico, e che sferra un paio di pugni nello stomaco niente male), dirige alla grande riuscendo a rendere l'intero film teso come una corda di violino. Prima perché, sullo stile di Hitchcock, informa gli spettatori del pericolo (non riuscendo per questo a rovinare la "festa"), mentre i protagonisti ne sono all'oscuro. Il prologo ha questa funzione, poi amplificata dalle riprese in terza persona dell'ignoto cliente che passa i controlli ma, appena entrato, raccoglie un coltello all'interno del parco. L'uso del colore, qui sfruttato per creare una stimolazione quasi lisergica con la scusante del luogo (rosso, verde, blu si alternano con effetto stroboscopico), contribuisce a rendere onirico (perciò ancor più suggestivo) il clima di allucinata esperienza vissuta dai giovani protagonisti. Un'esperienza, come per lo spettatore, ansiogena ed inquietante.
Aspetto tecnico: La messa in scena (parecchio suggestiva, anche grazie alla fotografia ed allo stile) rende giustizia al tono del film (non male neanche la colonna sonora), che trascende l'horror classico per entrare in un discorso più attento e innovativo.
Cast: In un cast di sconosciuti si contraddistinguono un paio di interessanti volti di estrazione televisiva, ovvero Bex Taylor-Klaus, già vista in Arrow e protagonista nella serie tv Scream (tanto per rimanere in tema...), e Amy Forsyth di Defiance, mentre Tony Todd compare per il solito (forse qui inutile) cammeo mirato a strizzare l'occhio ai fan di lunga data.
Commento Finale: Hell Fest è un interessante lavoro di regia e stile, che attraverso una tecnica visiva accattivante rende omaggio ai grandi horror del passato, con un occhio verso il futuro. Attraverso gli occhi dei teenager, che con sguardo disincantato osservano la realtà, Hell Fest si ripromette di essere un cult generazionale che evade dai soliti contesti monotematici di vittima-carnefice presente nei film di genere, assumendo corpo ed identità in un finale davvero godibile, per uno dei migliori slasher/horror degli ultimi anni (al pari quasi del nuovo Halloween).
Consigliato: Hell Fest gioca su continui rimandi tra la realtà e la finzione, confondendo lo spettatore che si immedesima con gli spaesati protagonisti, che non sanno se quello a cui stanno assistendo è reale o meno. Però assistere a tutto ciò è consigliabile soprattutto se amate il genere.
Voto: 6,5
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