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martedì 27 febbraio 2024

Felicità (2023)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2024 Qui - Un racconto di vita frammentato tra istantanea d'una certa romanità popolare, schiacciata da un livello culturale di basso livello (in questo ambito c'è l'eccellente contributo di Max Tortora, che regala momenti perfino spassosi) e quello invece opposto, tra lavoro (lei truccatrice nel cinema) e compagno di vita (Sergio Rubini nell'eterno ruolo "acculturato" di "Verdoniana" memoria). L'opera prima della Micaela Ramazzotti (qui attrice nonché sceneggiatrice) non convince, appare acerba (lodevole il tentativo ma non adeguatamente approfondito il tema malattie psichiatriche), costellata di ingenue lungaggini e altre scene oltremisura concise, con il risultato di un racconto che fa scaturire nello spettatore qualche perplessità. Voto: 5,5 [Sky]

mercoledì 31 gennaio 2024

L'ombra di Caravaggio (2022)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2024 Qui - Notevoli le aspettative riposte durante i numerosi trailer visti, poi vanificate da un puzzle di "scenette" mal cucite che tentano di raccontare la vita del Maestro Caravaggio (oscillante tra il resoconto storico della sua breve esistenza e l'esaltazione della sua visione), ma senza concretamente riuscirci. Bene Riccardo Scamarcio, troppo impostato Luis Garrel e la Isabelle Huppert, vista l'età, poco credibile come spasimante e protettrice del pittore. I due minuti due, del brevissimo incontro con Giordano Bruno, sono tra le poche cose degne di nota di questo film. Per emozionarsi c'è d'attendere che la macchina da presa inquadri alcuni dei più celebri dipinti della storia. Risultato finale deludente, come il documentario. Voto: 5,5 [Sky]

lunedì 31 gennaio 2022

Una storia senza nome (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2022 Qui - Una storia che mette tanta (forse troppa) carne al fuoco, tra malavita, arte, politica e cinema, con non tanto velati riferimenti all'attualità italiana dell'ultimo trentennio e un clima generale di torbido mistero, sfumata dall'ironia della commedia nostrana. Interessante, ma la sceneggiatura non è molto calibrata e il film, pur meritevole di visione, soffre di una parte centrale troppo statica. Divisa tra gialletto e commedia, l'opera di Roberto Andò regge perlopiù grazie alla buona performance attoriale del nutrito parterre (in primis la bella Micaela Ramazzotti, non dimenticando Renato Carpentieri), ma pecca per il taglio televisivo che in taluni frangenti trasforma la pellicola in una banale fiction per la televisione. Alessandro Gassmann, pur nella sua bravura, fa Gassmann. Resta in ogni caso un film persuasivo nella descrizione della metamorfosi psicologica della protagonista. Una commedia dai toni sofisticati che mai trascendono nella volgarità, con qualche passaggio a vuoto, comunque superiore alla media delle italiche commedie di adesso. Voto: 6

lunedì 14 dicembre 2020

Gli anni più belli (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 14/12/2020 Qui - Gabriele Muccino sembra essersi ormai impelagato col cinema nostrano, perché dopo il mediocre A casa tutti bene, ne sforna un altro, di film mediocre ovviamente. Amori e idiosincrasie, sogni e sconfitte, speranze, conquiste, disperazioni: tutto quanto ci sia di umano, troppo umano entra nel copione di questo film, che molto banalmente accosta sfera personale, intima di quattro personaggi e contesto sociale nazionale. Attraverso espedienti sentimentali/sociologici si ripercorrono infatti alcuni anni della nostra storia d'Italia, ma lo fa in maniera piuttosto raffazzonata, mettendo in scena vicende poco incisive. Gli anni più belli difatti segue pedissequamente un canovaccio piuttosto standardizzato che si basa su meccanismi facilotti e prevedibili, che riesce a prima vista ad ammaliare ma che poi ti stanca subito. Al netto della prova professionale del cast (Pierfrancesco FavinoKim Rossi StuartClaudio SantamariaMicaela Ramazzotti, ma anche, in parti laterali, Nicoletta Romanoff e la cantante Emma Marrone, al suo esordio, tutt'altro che disprezzabile, su un set cinematografico), il film fallisce nel rappresentare i personaggi con troppi cliché e una storia che non offre spunti assai coinvolgenti e simile nell'impostazione al suo modello di rifermento, che è C'eravamo tanto amati di Ettore Scola, tuttavia assolutamente irraggiungibile. Il regista buttandola sull'amarcord, (malamente) ringiovanisce e invecchia gli attori, ma non tutto funziona al meglio, film retorico, opera sentimentale ma senza sentimento. Vengono privilegiati i soliti sentimenti verso un amore finito o il tentativo di riavvicinarsi al figlio non visto da anni. Un film alla fine anche godibile (momenti belli ci sono, decenti le musiche, anche se il pezzo più importante arriva troppo tardi, nei titoli di coda) ma che si dimentica in fretta. Voto: 5

venerdì 29 marzo 2019

La pazza gioia (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/09/2017 Qui - Ho sempre avuto una certa antipatia per Valeria Bruni Tedeschi, ho trovato troppe volte sopra le righe le sue tante interpretazioni, con la sua voce un po' fastidiosa e i movimenti un po' farraginosi, ma è probabilmente proprio questo di lei che ne La pazza gioia, film del 2016 diretto da Paolo Virzì, ho trovato perfetto. Giacché in questa pellicola, di cui il titolo dice molto, ella interpreta, insieme ad una "trasformata" ma sempre brava Micaela Ramazzotti, una pazza scatenata ad alto tasso di vitalità. Dopotutto il film di Virzì vuole essere un inno alla vita, alla voglia di esserci nonostante tutto. Una storia di affetto e di amicizia a metà tra la realtà e l'invenzione così come i suoi due personaggi femminili. In particolare la Bruni Tedeschi che ha il ruolo di Beatrice, una ricca nobile un po' âgée con una mentalità reazionaria e snob, che confonde la fantasia dalla realtà continuando a impartire ordini anche a Villa Biondi (la comunità terapeutica nella quale è relegata) come se le altre pazienti fossero tutte sue domestiche, giardiniere e cameriere. Donatella invece (la sempre discreta Ramazzotti) è una giovane donna proletaria piena di tatuaggi e di pochissime parole, provata da varie disavventure della vita, ex cameriera in un night-club, anche lei sbarcata a Villa Biondi. L'incontro tra le due è in crescendo, la logorroica Beatrice non si arresta difronte alla scorbutica Donatella e man mano riesce a sfondare il muro protettivo dietro il quale si trincera e ad acquistarne la fiducia. In fondo la trama del film è tutta qui nel rapporto tra le due donne, con la progressiva apertura dell'introversa e con l'affiorare di sincerità dell'altra una volta crollate le maschere, e si apprezza così sia la buonissima interpretazione delle due attrici, sia la mano alla regia di Virzì quasi priva totalmente di sbavature.

sabato 29 dicembre 2018

Ho ucciso Napoleone (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 25/05/2016 Qui - Ho ucciso Napoleone è una cinica, perfida e ironica commedia del 2015, diretta da Giorgia Farina, alla sua seconda prova da regista dopo Amiche nemiche. E come quest'ultimo lungometraggio, si tratta nuovamente di un film in cui un gruppo di donne cerca di sovvertire l'ordine del mondo degli uomini con un piano segreto (ma c'è un twist, colpo di scena). La storia è quella di una manager in carriera, Anita, autoritaria, intraprendente e ambiziosa che negli anni ha imparato a rimanere fredda, glaciale a tutto e tutti. Ciò che però ancora non sa, è che un uragano sta per travolgerla spazzando via tutte le sue certezze. Il lavoro, l'amore, il futuro, tutto in macerie nel giro di un giorno. Nell'arco di ventiquattr'ore, infatti, riceve una promozione, scopre di aspettare un bambino e viene licenziata di punto in bianco dalla società farmaceutica in cui si occupava di Risorse Umane. Abbandonata anche da Paride (sposato con figli), suo amante e capo (e padre di suo figlio), Anita, aiutata da tre donne a dir poco problematiche, e da un avvocato (della stessa sua ex-società) ansioso, timido e goffo, metterà in atto la sua vendetta (elaborando un complesso piano) contro i suoi datori di lavoro e contro chiunque provi a metterle i bastoni tra le ruote. Ma come spesso accade, anche il piano perfetto può vacillare di fronte all'imprevisto, soprattutto se l'imprevisto ha le sembianze di chi non sospetteresti mai. Niente infatti sarà come sembra, e nonostante Anita comincerà ad aprirsi al mondo e scongelare il 'sofficino' che ha messo al posto del cuore (grazie a sua figlia), per lei ci saranno molte sorprese, non tutte gradevoli. La regista, con questa ironica e pungente commedia, sorprende, grazie all'originalità della trama. Infatti il film è veramente una sorpresa, anche se non regge tantissimo, portando con quest'opera corale al femminile che si ripropone di rovesciare un sistema maschilista arcaico e non sempre funzionale, una ventata di "internazionalità", lontana dalla volgarità e dal facile sentimentalismo che imprigionano spesso la nostra cinematografia. Un film che guarda con occhio divertito al mondo manageriale, senza pretese etico-moralistiche. Una commedia sopra le righe con una misura di ferocia insolita per il nostro cinema, fortemente stilizzata e profondamente cinica. Peccato che il film assuma un aspetto grottesco e farsesco ad un certo punto, difatti sembra concludersi e diventare un film completamente diverso.

venerdì 9 novembre 2018

Il nome del figlio (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/01/2016 QuiIl nome del figlio (2015) non è la versione italiana della commedia francese Cena tra amici, infatti i due film usciti a distanza di tre anni, condividono soltanto il punto di partenza letterario, Le prénom, una pièce teatrale. Il nome di un bimbo in arrivo, annunciato durante una cena, è l'avvio e la bomba che esplode una dopo l'altra le maschere sociali dei commensali. A cambiare sono il salotto, convertito letteralmente e antropologicamente in italiano, e naturalmente il nome, ispirato dalla nostra letteratura e dalla nostra Storia (da Adolf a Benito). Paolo Pontecorvo, agente immobiliare con la battuta pronta e il vizio della beffa, e Simona, aspirante scrittrice di periferia col vizio della gaffe, aspettano un bambino. In occasione di una cena, che raccoglie intorno al tavolo i futuri zii e la futura zia, Paolo comunica con enfasi e convinzione il nome scelto per il nascituro. La famiglia, composta da professori universitari, insegnanti e musicisti allineati a sinistra, non reagisce bene davanti a quel nome, un nome 'inquadrato' a destra e dentro un passato drammatico per la nazione. Dibattito e scambio di idee degenerano presto in una messa in discussione di valori, scelte e persone, che non mancano di offendere e ferire tutti, nessuno escluso. Ma qualche volta l'amore può fare miracoli e rimettere ordine nel caos degli affetti.