sabato 27 febbraio 2021

Stand by Me - Ricordo di un'estate (1986)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Un piccolo classico del cinema sull'adolescenza, film icona degli anni ottanta, questo è Stand by me (a cui tuttavia personalmente gli ho sempre preferito altri, ma indubbio il suo valore). Un film che sa raccontare, con estrema sincerità e semplicità, il ricordo nostalgico di un adulto (sollecitato da un evento infausto) sul periodo "perduto" della propria adolescenza, soffermandosi sulla straordinaria avventura di quattro ragazzini, che si perderanno di vista nel prosieguo della propria esistenza, ma la cui amicizia perdurerà e continuerà a legarli nelle rimembranze. Rob Reiner è abile nel narrare storie adolescenziali, connotandole di una vena amara (esemplata dalle esperienze familiari di ciascuno di essi tutt'altro che rose e fiori) ma allo stesso tempo riscattandole in virtù dei momenti magici e indimenticabili che i quattro amici hanno vissuto insieme. E' un tributo al tempo fanciullezza che, per quanto possa essere travagliato, rimane pur sempre il periodo più bello dell'esistenza di ciascun individuo. Credo che il bello di questo film sia sempre stato e stia proprio in questa semplicità dichiarata: lo si vede, trascorre leggero, quasi senza che ce ne si accorga. E se a suggello di un'operazione ben congeniata a monte come questa (dopotutto parliamo di un racconto di Stephen King, uno dei suoi pochi non horror), si segnalano una convincente selezione musicale che accompagna i diversi livelli della storia e una perfetta scelta di casting, allora il gioco è fatto (anche se perfetto comunque non è). Per me una piccola gemma, non un capolavoro (o almeno per me non lo è mai stato), ma un excursus di sicura presa in grado di riaprire pagine sopite nel tempo (lo "sbloccaricordi" per eccellenza). Voto: 7,5

Mudbound (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Per la regia corretta e controllata di Dee ReesMudbound è un onesto melodramma in costume prodotto da Netflix, che ci catapulta negli orrori e nelle incoerenze di una nazione che ha martirizzato troppo a lungo la sua popolazione, in nome di una libertà di vita e di pensiero per troppo tempo rimaste appannaggio della sola classe dominante bianca. Un trio di attori quasi star come Jason ClarkeCarey Mulligan e Garrett Hedlund, più la cantante Mary J. Blige si impegnano lodevolmente a dare anima e corpo ognuno al loro intenso personaggio, e bravo appare pure l'attore nero Jason Mitchell nel tratteggiare con credibilità il carattere orgoglioso e fiero del suo soldato costretto a tornare in patria, ma in cuor suo distante mille miglia dal quel crogiolo di cattiveria e prevaricazione che così male lo riaccetta tra le sue redini insanguinate e violente. Peccato che questo affresco corale di notevole livello visivo paghi un sovraccarico di tematiche legate proprio ad ognuno dei personaggi, e che il ritmo non pare essere dei più fluidi e la durata, a mio parere eccessiva, non aiuta nel lasciarsi coinvolgere in tutto e per tutto. Ma pur non mantenendo tutte le aspettative, forse per eccessiva ambizione, rimane comunque un discreto film. Un film, seppur sopravvalutato (le quattro candidature all'Oscar paiono eccessive, giacché in nessuna categoria nominata sembra brillare), che vale una visione. Voto: 6+

Tramonto (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Napszállta (come da titolo originale) si sviluppa su coordinate molto simili al Figlio di Saul, dello stesso regista ungherese László Nemes. Come la disumanità del campo di concentramento dove si muove il protagonista alla ricerca spasmodica di suo figlio, anche nel contesto della Budapest alla vigilia della prima guerra mondiale l'atmosfera è spettrale e cupa, indice della piena decadenza dell'impero austro-ungarico. In tale contesto si muove una donna (la Juli Jakab già presente nel precedente film del regista) alla ricerca del proprio fratello mai conosciuto. La ricostruzione d'epoca e la fotografia sono notevoli, la regia pienamente all'altezza, ma dopo un inizio promettente la sceneggiatura rivela tutta la sua inaspettata mediocrità. Nella sostanza dove era secco e coinciso il Figlio di Saul, in Tramonto è un minestrone allungato fatto di dialoghi inconcludenti di mezze domande e risposte che per nulla definiscono i personaggi, tanto che nella confusione è difficile stabilire chi sta dalla parte di chi o di cosa. Una delusione, un passo falso che non mi aspettavo, soprattutto ripensando al bellissimo film precedente del regista, l'unico vero motivo che mi aveva spinto a vedere questo qui. Voto: 5

Sword of the Stranger (2007)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Film d'animazione giapponese, un cappa e spada abbondante come nel solco della tradizione orientale nell'azione dinamica, dove una lotta di potere è sfondo per una amicizia tra due ragazzi di età e origini diverse (la storia è quella di un Ronin senza nome che deve proteggere un bambino da un gruppo di assassini che vuole rapirlo per condurre un misterioso rituale). La bellezza delle scene e l'ottima resa dei combattimenti (piuttosto sanguinolenta ma non eccessiva) la fanno da padroni (il comparto tecnico non per caso è il miglior aspetto di questo film, dove buona è anche la colonna sonora oltre all'animazione di alto livello). Le due figure non vengono però troppo approfondite, la trama si mantiene piuttosto lineare (anzi, a parte la non originalità è pure lacunoso in certi sviluppi) e i dialoghi abbastanza semplici. Detto ciò, comunque mi risulta impossibile dare una valutazione negativa: sarà anche sconclusionato, però riesce a catturare sempre, in ogni singolo istante, l'attenzione dello spettatore. E così che Sword of the Stranger, diretto da Masahiro Andō, disponibile gratuitamente alla visione su VVVVID (e in cui versione si può notare la pregevolezza del doppiaggio), nonostante tutto, si faccia apprezzare (gustosi oltretutto i rimandi agli spaghetti western, e non solo). Una visione piacevole, sopratutto se si è amanti del genere cappa e spada come me. Voto: 6,5

John Wick 3 - Parabellum (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Inizia esattamente dove finiva il secondo, con il nostro eroe in fuga dopo aver ricevuto la scomunica. Dopo un secondo capitolo leggermente sottotono la saga di John Wick si rialza e torna a livelli alti (la guest star a questo giro è la bella Halle Berry, decisamente meglio di Riccardo Scamarcio). Trama e dialoghi sono sempre minimali ma ciò che fa brillare gli occhi dello spettatore sono la bellissima fotografia e la spettacolarità degli infiniti combattimenti. L'azione è infatti bella e spettacolare, in cui Keanu Reeves, che non è più un giovanotto, riesce a divertire e vorresti vederla sempre di più. I due capitoli di The Raid hanno fatto scuola e si vede, come qualche gustosa citazione, qua è là e dei bei cameo come quello di una rediviva Anjelica Huston. Action raffinato ed elegante lontanissimo dallo stile macho/muscolare della media del genere. Finale aperto che lascia intendere un (già annunciato) sequel. Voto: 6,5

Someone, Somewhere (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Rémy e Mélanie hanno 30 anni e vivono nello stesso quartiere di Parigi. Barricati dietro agli schermi dei loro computer, entrambi faticano a costruire una relazione, vittime della solitudine della grande città. Questo è un film che fa bene al morale e che dovrebbe essere visto da quante più persone possibile. All'inizio, non sappiamo davvero dove ci porta lo vicenda perché la sua semplicità è più simile a un'idea intelligente per un cortometraggio piuttosto che a un lungometraggio. In effetti, Someone, Somewhere è lo specchio di una generazione di trentenni con la testa, connessi, infelici senza saperlo e in difficoltà nei rapporti umani. Cédric Klapisch firma un'opera toccante, di fine scrittura, in miracoloso equilibrio tra malinconia e umorismo, un film sensibile, leggero e diretto dove insegue ancora la sua piacevole Comedie Humaine del suo cinema (si ricordi in particolar modo L'appartamento spagnolo e/o Bambole russe). La commedia romantica, qui, non ha ancora avuto luogo, ma ci racconta l'inizio di una (probabile) folle storia d'amore (il regista infatti si concentra sul percorso di elaborazione personale che procede l'incontro amoroso) in cui devi prima imparare ad amare te stesso prima di amare gli altri (il titolo originale è non per caso Deux moi: due "io" diventano "noi" soltanto quando ciascuno, dipanato l'intimo groviglio, riesce ad accettare pienamente se stesso). François Civil e (la bella, dolce e carinissima) Ana Girardot sono graziosi e divertenti. Camille Cottin e François Berléand, nei panni dei rispettivi psicologi, portano una sfumatura insolita e sottile. La bella colonna sonora ci accompagna rivelandosi parte essenziale del racconto, di un racconto, di un film, originale, delicato e simpatico, da guardare senza pregiudizi. Un film che personalmente parlando ho particolarmente apprezzato, per la sua autenticità ed arguzia. Voto: 7

Dio è donna e si chiama Petrunya (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Donna, sgraziata, disoccupata e incompresa: Petrunya è però laureata in storia e, infatti, inconsciamente, prova a cambiare il verso della storia del suo paese in barba a certe regole medievali della religione ortodossa e ai metodi polizieschi delle autorità civili. Sembra una commedia e invece è un vero e proprio dramma sulla condizione della donna in Macedonia che, a ben guardare, non è poi così dissimile dal resto dell'Europa dove, in fondo, il potere è maschio. Il film difatti, palesa tutta la sua satira nei confronti di una realtà patriarcale, fuori dal tempo, in cui la religione pesa più dello stato e la donna è spesso relegata a semplice appendice "domestica" priva di una sua autonomia e dignità. Petruyna, goffa e stordita dagli eventi, non ci sta e nella macchina da presa della regista Teona Strugar Mitevska, palesa quindi tutta l'ipocrisia di una società balcanica fortemente oppressiva nei suoi confronti e in quelli di tutte. È un buon film questo qui, una bella storia civile messa in scena con garbata e arguta delicatezza. Una dramedy esistenziale, con annessi e connessi, diretta senza pecche e interpretata al meglio (da Zorica Nusheva in primis e da Labina Mitevska in secundis), tanto da farsi apprezzare senza incertezze. Voto: 6+

Odio l'estate (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Aldo, Giovanni e Giacomo, dopo il flop di Reuma Park e il fallimentare esordio da solista di Aldo Baglio con Scappo a casa, tornano (finalmente) quelli di una volta grazie a una commedia divertente, sincera, anche un po' commovente e con un inedito tono agrodolce. E forse non è un caso che questo coincida con il ritorno di Massimo Venier alla regia (lui che è stato il regista e sceneggiatore delle prime memorabili opere cinematografiche del trio). Non c'è grande originalità nell'idea di partenza (tre famiglie in vacanza costrette a vivere nella stessa villa in affitto) e in corso d'opera il trio si autocita con scene che richiamano alla mente altri loro (gran) lavori (la partitella in spiaggia su tutte), ma la storia raccontata è gradevole, molto, affondando le radici in battute e scene da repertorio miscelandole, però, con una dose abbondante di sentimenti (fra problemi personali e di salute, rapporti con mogli e figli, adolescenti e non, anche la partecipazione musicale di Massimo Ranieri, idolo di Aldo, commuove). Odio l'estate è un lavoro quasi serio, dove si affrontano temi importanti e dove si avverte un grande senso di malinconia, soprattutto nell'epilogo, che chiude una bella storia di amicizia (e di riscoperta) che intrattiene, diverte (fantastiche le scene con il carabiniere di Michele Placido) e commuove allo stesso tempo. La scelta delle attrici (Lucia MascinoCarlotta Natoli e Maria Di Biase, più la bella Sabrina Martina) si rivela giusta e quanto mai importante per la riuscita finale. Scorre liscio fino alla fine e lascia col buon umore. Davvero assai godibile. Voto: 7

Lezioni di persiano (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/02/2021 Qui - Che cosa sareste disposti a fare pur di salvarvi la vita? Un ebreo catturato dall'esercito tedesco e diretto verso morte certa s'inventerebbe una lingua per far colpo su un'ufficiale che il persiano vuole imparare. Ennesima storia ispirata a uno dei momenti più bassi raggiunti dalla razza umana, Lezioni di persiano è ispirato a fatti realmente accaduti e riesce a fornire un'ulteriore chiave di lettura di un fatto storico ormai sviscerato in ogni suo aspetto. L'espediente di Gilles, i dubbi dei soldati e del capitano tedesco, la difficoltà di inventare e soprattutto ricordare le parole, contribuiscono a mantenere alto il livello della tensione per buona parte del film. L'eccessiva lunghezza e il fatto che, a un certo punto, le dinamiche si consolidino, fanno perdere parte dell'emotività, anche se obiettivamente quella accumulata nella prima parte basta e avanza. Senza attori particolarmente noti (a parte Lars Eidinger), Lezioni di persiano si appoggia comunque su interpretazioni solide (in primis su quella equilibrata e disperata in parti uguali di Nahuel Pérez Biscayart, co-protagonista nel film 120 battiti al minuto del 2017). Il regista Vadim Perelman (ucraino naturalizzato canadese noto per il suo esordio con La casa di sabbia e nebbia, film del 2003 con Jennifer Connelly) vola basso, limitandosi a mettersi al servizio della storia, che è poi il cardine attorno a cui il film ruota e che lo rende interessante e meritevole di una visione, e questo nonostante le forzature (sul fronte della credibilità) e gli sviluppi poco approfonditi dei personaggi. Voto: 6

mercoledì 17 febbraio 2021

Okja (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/02/2021 Qui - Bong Joon-ho non resiste (come tanti) al richiamo delle "sirene" di Netflix, e nel suo secondo film uscito in collaborazione con gli States (pochi anni dopo Snowpiercer), lo si scopre virtuoso più di prima, con una escursione nei cosiddetti film per ragazzi o per famiglie che dir si voglia, all'apparenza almeno, giacché la pellicola più che adatta ai bambini lo è per gli adulti (il tenero animale e la ragazzina potrebbero essere soggetti ideali per ragazzi, ma la brutalità di alcune scene e il messaggio ambientalista estremo ne fanno difatti un prodotto per adulti, peraltro di non facile fruizione). Egli infatti, e in modo audace e coraggioso, in Okja (il titolo prende dal nome del personaggio "principale", sorta di super-maiale geneticamente modificato che una multinazionale intende sfruttare commercialmente, il suo destino è diventare salcicce ma una ragazzina sua amica vuol salvarlo a tutti i costi), mette al centro l'ecologia e i maltrattamenti sugli animali, e come lo fa? Lo fa proponendo una certamente squilibrata, ma originale ed interessante fiaba, una pellicola fantastica dai contenuti sociali, dal timbro grottesco, debordante nei contenuti che spaziano dalla denuncia alla commozione, dall'avventura pirotecnica alla quiete bucolica. Affronta in modo leggero e a tratti crudamente un tema serio come l'alimentazione e il macello degli animali. Purtroppo non mancano momenti banali, ma l'interesse non scema mai. Non tutto funziona, troppo chiare le intenzioni, troppo americano e corretto il tutto, ma il risultato è in ogni caso apprezzabile, anche se Bong Joon-ho ha fatto decisamente di meglio (questo è infatti nonostante la sufficienza il suo peggiore lungometraggio). Jake Gyllenhaal e Tilda Swinton (due dei tanti nomi internazionali del cast, un cast USA/coreano, la Swinton l'unica ad aver già collaborato con il regista, Byun Hee-bong invece al terzo gettone, c'è pure Lily Collins e Paul Dano oltre a Steven Yeun, sarà nel bel dramma coreano Burning l'anno dopo) sfruttano al massimo i loro personaggi eccentrici e offrono svolte davvero divertenti (tuttavia non ci si può dimenticare della ragazzina protagonista, performance efficace quella della giovane Ahn Seo-hyun). Discreta la realizzazione dei super-maiali, molto realistici e inseriti bene nel contesto. Nel complesso buon film, forse non per tutti (alcune immagini possono urtare), che però vale la pena comunque guardare. Voto: 6

Madre (2009)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/02/2021 Qui - Bong Joon-ho, dopo le Memories, torna ad indagare nelle piaghe della società sud coreana. E alza il tiro regalandoci un dramma struggente e malinconico, disperato e pungente, poetico e riflessivo, dove l'amore incondizionato di una madre (del resto, cosa non si fa per i figli?) sarà il motore di una vicenda che porta con se tanta amarezza e pessimismo. Intimista nel tratteggiare i caratteri, ma anche grezzo e diretto quando le dinamiche lo necessitano. La fotografia plumbea e slavata (indovinatissima) non fa altro che accentuare l'opprimente senso di smarrimento. Come al solito il regista coreano è infatti interessato a scandagliare l'animo dei suoi protagonisti, e lo fa mantenendo sempre un perfetto equilibrio tra cinema di autore e cinema di genere. Questa è forse la sua opera più nera: nel meccanismo dell'indagine ricorda molto da vicino proprio le Memories, anche se, qui è tutto meno ritmato e un po' più legnoso nello svolgimento. La periferia, il microcosmo familiare, la commedia, il dramma, il giallo e il thriller sono come al solito le sue linee guida predilette. Qualcosa a livello di intreccio non mi ha pienamente convinto, l'ingresso in scena di uno dei personaggi chiave è forzato e frettoloso, così come l'indagine stessa della madre disperata. Dettagli che rovinano di poco il mio giudizio complessivo, anche perché Mother rimane comunque un altro tassello importante nella filmografia del regista coreano. Tecnicamente è un lavoro immenso, la regia è sempre quella di un grandissimo esteta, già detto della fotografia, il cast è di livello con in testa la performance sofferta di Kim Hye-ja, performance che tocca l'apice in un finale bellissimo dove è rinchiusa tutta la riflessione su amore e verità alla base dell'intera pellicola. Una pellicola che pur non raggiungendo i livelli di Memorie di un assassino e Parasite, sa rendersi memorabile agli occhi dello spettatore. Voto: 7

The Host (2006)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/02/2021 Qui - Di monster movie se ne sono fatti tanti ed eseguendo una ricerca veloce, si scopre che in oriente c'è una filmografia sterminata sull'argomento, anche se la stragrande maggioranza di questa roba non è mai giunta qui in occidente. Bong Joon-ho non temendo la ricca tradizione di kaiju movie, al suo terzo film dopo Memorie di un Assassino, decide di cimentarsi con un monster movie, girando questo The Host, che verrà accolto da critiche più che positive, ottenendo all'epoca il record di pellicola più vista in Sud Corea, che grazie a tale fortuna al box-office, è riuscita ad arrivare anche nel resto del mondo. Una pellicola che tuttavia nel complesso mi ha un po' deluso. Con ciò non voglio dire che il film sia brutto, anzi, ma viste le tante lodi piovute su questo titolo mi aspettavo sinceramente di più. La storia narra, causa sconsiderato inquinamento, della nascita di un mostro in un fiume di Seoul e delle spiacevoli conseguenze che ne derivano. Partendo dai pregi, la creatura è innegabilmente realizzata benissimo e ogni scena in cui appare è un piacere per gli appassionati di genere. La sequenza in cui compare per la prima volta è pura maestria cinematografica, un inizio di pellicola davvero folgorante. Ottimi gli effetti e buona la resa digitale del mostro, una non facile missione visto il budget non dei più elevati. Apprezzabile la poco velata critica sociale al governo coreano troppo asservito a quello statunitense e la denuncia al folle inquinamento che in quelle zone del mondo è una vera piaga sociale. Purtroppo ai lati positivi bisogna affiancare una serie di difetti, che partono da una recitazione non sempre all'altezza (brava in ogni caso sia la bambina che il buon Song Kang-ho, sì ancora lui), continuano con la lunghezza eccessiva dell'opera e si concludono con gli inefficaci questa volta siparietti comici, quest'ultimi sparsi qua e là. Perché va bene dimostrare che il film non vuole prendersi certo sul serio, ma visto il finale, diverso dal solito e comunque notevole, e il tono drammatico dell'intera pellicola, un po' stonano. Però in definitiva The Host è un buon prodotto, coraggioso e interessante, sfortunatamente imperfetto malgrado i tanti aspetti positivi, ma nel complesso comunque riuscito. Voto: 6,5

Memorie di un assassino (2003)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 17/02/2021 Qui - La stoffa di Bong Joon-ho si vedeva già dalle sue prime opere: non quella tecnica intendo, che pure c'è ed è indiscussa, ma soprattutto la capacità di raccontare un paese contraddittorio fatto di una marcata stratificazione sociale utilizzando le armi del sarcasmo, della malinconia e ovviamente della verità. Una storia terribile come quella del primo serial killer sud coreano ci è quindi riportata in un'insolita veste grottesca dove singolari detective fanno il paio con reietti della società scambiati per capri espiatori, dove l'emarginazione è una realtà fin troppo facile e la violenza è spesso fine a se stessa. La farraginosa indagine alla base del plot si sviluppa con una certa vivacità sia formale che fisica che rende l'opera un calderone di generi (comico, thriller, dramma, horror) tenuto però sempre in elegante equilibrio, che diverrà un marchio di fabbrica riconoscibile del regista. Memorie di un assassino è infatti un racconto drammatico e grottesco dove il tema dell'omicidio diventa motivo per raccontare quello che non funziona nel paese, e in questo film di sconfitti la bravura del regista si vede, nella regia, nella fotografia, nel sonoro, nella sceneggiatura. E aiutano tanto queste scenografie così cupe e sporche. Il finale lascia l'amaro in bocca, ma visto che si ispira a fatti reali, rimasti insoluti per molto tempo (almeno fino al 2019 quando il "cold case" è stato finalmente risolto), ci può stare che il regista abbia voluto mantenere quel senso d'incompiuto, però un pizzico di delusione c'è. Grandissimo il cast devo dire, con Song Kang-ho su tutti, un personaggio dalle mille sfaccettature che si odia, ma con cui a tratti si empatizza, che ci fa riflettere e ci fa fare a volte grasse risate. Forse si insiste troppo sull'inefficienza della polizia, una bella sforbiciata non avrebbe fatto male. Essendo un film così denso di avvenimenti, personaggi, invenzioni registiche e anche di sorprese, due ore abbondanti di pellicola possono però "saziare" oltre il consentito. Critico infatti ed anche (non è esente da altre piccole sbavature come detto), la durata di questa pellicola, una pellicola di certo importante e dalle indubbie qualità, che merita la visione e un voto positivo. Però, e sarà una mia opinione nel vento, questo film non è un capolavoro. Sarà per la totale assenza di tensione, sarà perché mi aspettavo un film "compiuto" alla I saw the devil (altro gran thriller coreano). E' un gran film, diverso dal solito poliziesco, ma a mio avviso non rientra nei film di categoria superiore. Ma resta un gran film, ecco. Voto: 7+

Bong Joon-ho Filmography

Post pubblicato su Pietro Saba World il 17/02/2021 Qui - Dovevo già farlo l'anno scorso, sia prima che dopo aver visto quel mezzo capolavoro di Parasite, ma non c'è stato tempo, così ho inserito il tutto nella Promessa cinematografica di quest'anno, e finalmente ci sono riuscito a vedere quattro film della filmografia del regista Premio Oscar 2020 di quel grandissimo film (il migliore visto nel 2020 e vincitore del Saba Cine Awards), ovvero ed appunto, il (sud) coreano Bong Joon-ho. Vuoi infatti una distribuzione limitata, o vuoi altro, ma non avevo ancora visto quattro dei suoi sette film. Il suo primo, l'esordio, non ha nemmeno un titolo internazionale, e non credo sia stato mai distribuito al di fuori dalla Corea, del suo ultimo abbondantemente scritto (ma dopotutto i Premi, meritati, parlano da soli), nel 2013 uscì Snowpiercer, l'unico che avessi già visto (e a dir la verità nemmeno mi piacque così tanto, buono sì ma non eccezionale). Ne mancavano appunto quattro e prontamente recuperati tutti, il suo secondo, del 2003, paradossalmente uscito al cinema solo l'anno scorso, il suo terzo, del 2006, passato inosservato in tv tanti anni fa, il suo quarto, del 2009, abbastanza inedito, e infine il suo penultimo, del 2017, il più conosciuto probabilmente, perché distribuito da Netflix. Ma conosciuti o meno, apprezzati o meno, io spero di sì (perché alcuni soprattutto, valgono parecchio), visti, e chi più, chi meno, piaciuti tutti. Eppure il suo canto del cigno penso sia stato l'ultimissimo, perché tutti i migliori elementi messi in campo in Parasite (in particolar modo il suo saper giocare abilmente tra i generi), si ritrovano nella (non disprezzabile affatto, anzi) precedente filmografia del regista coreano, condensati poi successivamente in quel strabiliante unicum filmico. Ed a proposito di ciò, singolare come cosa ma alcuni suoi film sembrano essere un'evoluzione (soprattutto tematica) e non solo, di un suo film precedente, Mother di Memorie di un assassinoOkja di The Host e Parasite di Snowpiercer. Ma curiosità a parte sei film decisamente interessanti, quattro film, di cui eccovi la recensione, che voto a parte, meritano rispetto.

lunedì 8 febbraio 2021

Christine - La macchina infernale (1983)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Da un'idea poco inquietante (almeno su carta) e all'epoca già abbastanza abusata di suo (DuelLa macchina nera e molto più prima Herbie, dopotutto Christine pare proprio il suo gemello cattivo, il suo lato oscuro), maestro John Carpenter (fresco settantatreenne, ancora Auguri) se ne uscì più che dignitosamente con questo "leggero" (all'apparenza) horror dalla grande atmosfera, un film che rivisto dopo anni non è per niente invecchiato, un film che, basato sull'omonimo romanzo di Stephen King dello stesso anno, seppur minore nella filmografia di Carpenter, tra i suoi più iconici e riconoscibili, con due palle così. Come dicevo prima, l'idea di una macchina posseduta, auto verniciata rosso fiammante che si rivela fin da subito un entità maligna, bastarda fino al midollo (come da, straordinario, contrappunto musicale), sinceramente, non è che sia proprio così "terrorizzante", ma l'abilità del regista qui, è stata proprio quella di riuscire (con poco e con successo) a rendere tutto spaventoso ed agghiacciante in ogni caso (aggiungendoci pure qualche accurato e sincero episodio di vita adolescenziale). Un'interessante sceneggiatura ricca di colpi di scena, una regia ispirata, un'inquietante fotografia, delle musiche da brivido (punto forte del film, realizzate come al solito con il fraterno Alan Howarth), degli ottimi effetti speciali, e degli attori abbastanza in parte (Keith GordonJohn Stockwell, il mitico Robert Prosky e la futura bagnina Alexandra Paul, e la giovanissima Kelly Preston, recentemente scomparsa) sono gli ingredienti base di questo horror non particolarmente memorabile (specie se si parla appunto di John Carpenter) ma comunque ben fatto, girato con classe e capace di trasmettere in più occasioni una tensione non indifferente (nelle scene degli omicidi in particolare). Sprecato Harry Dean Stanton nei panni di un detective completamente inutile. Un plus in più per affetto (ricordo la prima volta che lo vidi, stessa sensazione di inquietudine) e per l'ispirazione che nel futuro poi regalerà. Voto: 7+

Bloodshot (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Action movie fantascientifico tratto dall'omonimo fumetto con trama ridotta all'osso con protagonista l'invulnerabile nel fisico ma non nell'animo Vin Diesel. Una tecnologia futuristica con utilizzo di naniti permette di ridar vita ad un soldato che si rigenera dalle ferite ed entra nei server fagocitando milioni di informazioni. Oltre alla presenza delle belle Eiza Gonzàlez e Talulah Riley non vi è altro di interessante da aggiungere, forse che, bisogna ammetterlo, è meglio di quanto mi aspettassi. Perché sì, è un prodotto fast food, da consumare in fretta e poi dimenticare, però pessimo non è, anzi, sta di fatto che qualcosa di carino lo fa vedere. Intanto è privo di violenza gratuita (spesso il colpo finale è fuori campo) ed inutili sparatorie, e poi ci sono due scene meritevoli di attenzione: lo scontro in galleria e quella finale dell'ascensore, esagerata (com'è consuetudine in produzioni di serie B come questa, sebbene qui ci siano due star affermate, una delle quali anche produttore, e il cast comprendente nomi sufficientemente validi, come Guy Pearce) ma ben architettata. Purtroppo il film (diretto dall'esordiente David S.F. Wilson) presenta caratteri tagliati con l'accetta, e nonostante l'intrattenimento, non va oltre la mediocrità. Voto: 5+

L'ultima ora (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Un film (tratto dal romanzo omonimo scritto da Christophe Dufossé) degno di nota, magari non perfetto ma dalla narrazione coinvolgente che ha alla sua base un modello ben preciso come Il villaggio dei dannati privato della sua componente fantascientifica. Nella sostanza questi studenti dotati che costituiscono l'elite di un istituto scolastico di élite rappresentano in qualche modo un marcato scollamento generazionale. Si esprime la paura verso un futuro visto sempre più in rovina. Ben indovinata la scelta di ricalcare tale modello in questa pellicola che permette di creare una buona tensione anche grazie alla buona amalgama che si crea fra il protagonista principale, il supplente (è il Laurent Lafitte di Elle ad impersonarlo degnamente), ed il gruppo di ragazzi, bravi anch'essi (in particolar modo la Luàna Bajrami già intravista ne il Ritratto della giovane in fiamme). Se non fosse per un eccesso di tematiche messe sul tavolo ed un finale a mio modo di vedere un po' paraculo, un piccolo gioiellino. Così com'è rimane comunque un film meritevole di una visione. Voto: 6,5

The 9th Life of Louis Drax (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Un thriller che vorrebbe fondere troppi livelli, dal gotico allo psicanalitico fino al mistery in stile Guillermo Del Toro. Vuole sorprendere per originalità ma in definitiva è solamente una scemenza un po' confusa che prende mille direzioni senza arrivare a nessun traguardo. Si seguono con punto interrogativo le disavventure apparentemente tragicomiche del piccolo Louis fino al suo nono compleanno, in attesa che i nodi sparsi qua e là vengano sciolti, cosa che accadrà maldestramente nel finale (tutto è un po' troppo facilmente intuibile, nessuna grossa sorpresa e quel colpo di scena alla fine è poca roba, di fatto esso non è un vero e proprio colpo di scena, è la prevedibilità di una sindrome che affligge i genitori fatta a persona). Piuttosto lento e noioso (vedi le sedute dallo psicanalista e i soliloqui del bimbo in coma), si salvano invece le sequenze fantasy-marine e poco più. Il cast fa del suo meglio, ma non rimedia al garbuglio della trama, anche perché a parte Sarah Gadon (qui comunque più bella che brava) ed Oliver Platt, il resto è risibile, lo è sia Aaron Paul che Jamie Dornan (qui dopotutto era ancora ancorato alle "sfumature"). Ben realizzato certo, non annoiante ma nemmeno pienamente convincente ed intrigante come avrebbe potuto essere. Brutto il doppiaggio italiano (in particolar modo quello del bambino). Il buon Alexandre Aja ne ha girati di meglio. Voto: 4

Mary e il fiore della strega (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - E' l'adattamento animato del romanzo di Mary Stewart "La piccola scopa" (che scritto 50 anni fa dalla scrittrice britannica non può non evitare di sembrare oggi un tantino banale e scontato, e tuttavia non è solo quello il problema di questo lungometraggio) ma deve molto ai film dello Studio Ghibli, in quanto si possono notare evidenti rimandi ad alcuni dei suoi lavori più noti e soprattutto perché lo Studio Ponoc, produttore del film, incorpora parecchi "reduci" dello Studio Ghibli, tra questi proprio il regista del film Hiromasa Yonebayashi, che della suddetta casa di produzione è anche co-fondatore, che alla Ghibli era pure abbastanza conosciuto, per Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento prima (personalmente un piccolo gioiello) e Quando c'era Marnie dopo (altro bellissimo, recente, film). Mary e il fiore della strega è graficamente apprezzabile ma, a livello emotivo, non sembra poter garantire un grande coinvolgimento, peccando di staticità nel racconto e di una certa mancanza di entusiasmo e fantasia nelle scene e nelle situazioni che propone. Per essere un film d'esordio del nuovo Studio da cui è lecito aspettarsi grandi cose, è comunque un prodotto sufficiente. Voto: 6

The Farewell - Una bugia buona (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Una storia che poteva prestarsi ad un opera stucchevole e strappalacrime diventa una (riuscita) commedia sull'elaborazione del dolore dai toni più melanconici e leggeri che drammatici. Gli autori ci inseriscono i temi della modernità e della tradizione e quello dell'estirpazione delle proprie radici. Il risultato è gradevolissimo, grazie alla sceneggiatura equilibrata e ad un cast ben scelto (Awkwafina per il ruolo dell'amatissima nipote, era in Ocean's 8Crazy & Rich e Jumanji: The Next Level, è perfetta, e sempre bravo è Tzi Ma), con una particolare menzione per l'interprete della nonna malata. Basato su una bugia vera il film di Lulu Wang è un film autentico (la bugia detta a fin di bene non è altro che un'escamotage per la famiglia di farsi carico del peso emotivo di una sentenza di morte, il nascondere la malattia è ristabilire uno squilibrio e redistribuirlo fra i propri membri, "Se una persona si ammala di cancro, muore. Ma più del cancro, uccide la paura"). Un film delicato e prezioso, illuminato dalla commovente dolcezza di Zhao Shuzhen (la nonna) e con un epilogo che rasserena. Piacevole e sincero scorre via fino ai titoli di coda, con tanta Italia nella colonna sonora, bello davvero. Voto: 7

The Room - La stanza del desiderio (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - "Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo". Aforisma (di Oscar Wilde) che calza a pennello per questo film che parte da uno spunto certo non nuovo ma lo sviluppa in direzioni solo in parte prevedibili (il ruolo della stanza stessa porta come conseguenza moltissime tematiche in gioco, come l'egoismo dell'essere umano incurante delle conseguenze delle proprie azioni), anche se alcuni snodi risultano incongruenti persino nello stato di sospensione dell'incredulità in cui è indotto lo spettatore. Facile immedesimarsi nei due protagonisti (chi non ha mai sognato una magia del genere?), meno in alcuni loro comportamenti dopo che si è materializzato il desiderio più impegnativo di tutti (in ogni caso Olga Kurylenko e Kevin Janssens rendono i loro personaggi credibili e sfaccettati, reggendo benissimo il peso del film che ricade quasi interamente sulle loro spalle), ma nel complesso The Room coinvolge ed intriga, così tanto che una visione la consiglio vivamente, anche perché i 100 minuti passano veloci come il vento. Voto: 6+

Rocketman (2019)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 Qui - Non sono un fan di Elton John e, a parte un paio di canzoni fischiettabili, non l'ho mai particolarmente apprezzato. Nella stessa misura anche questo film che, più musical che biopic (purtroppo), pecca proprio nella sua sceneggiatura, che articola appunto poco il narrato per prendere più la via di una sorta di musical che ripercorre i grandi successi della star inglese, una cosa che modestamente non ho gradito. Percorrendo quasi in maniera simbolicamente bipolare gli alti e i bassi emotivi del tormentato protagonista e quindi passando dall'euforia dei concerti e delle feste all'angosciante depressione delle pulsioni suicide, la pellicola di Dexter Fletcher si giova sì della grande interpretazione di Taron Egerton (come fu per Eddie the Eagle - Il coraggio della follia, un film decisamente migliore di questo), che si "prende" la scena alla prima inquadratura nella quale appare per non mollarla praticamente mai, ma non si distingue per qualcosa in particolare, neanche la canzone poi vincitrice dell'Oscar riesce particolarmente a risaltare. Uscito lo stesso anno di Bohemian Rhapsody ne subisce (impietosamente) il confronto, perché pur restando un pregevole prodotto, Rocketman (che osa laddove altri si sarebbero, giustamente, fermati, non è necessario infatti eccedere con certe scene, pure alquanto superflue conoscendo benissimo il personaggio) è più spettacolo che film. Uno spettacolo inoltre, forse più coeso rispetto a quello di Singer, ma dove la musica è meno potente ed efficace. Salomonica sufficienza. Voto: 6

Dolittle (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/02/2021 QuiRobert Downey Jr. sveste l'armatura di Iron Man per entrare nei panni dell'eccentrico e stravagante John Dolittle, il Dottore capace di parlare con gli animali, già portato sul grande schermo da Rex Harrison e Eddie Murphy, ma fallisce miseramente (speravo decisamente in qualcosa di meglio). Mi chiedo come il regista di film impegnati come Syriana e Gold (quest'ultimo un filmetto niente male) si sia gettato in questa buffonata, addirittura peggiore dei film della serie che lo hanno preceduto. E' infatti un discreto film d'avventura per ragazzi, ma non bastano gli animali in CGI (tutti doppiati da grandi attori, in originale) che dialogano col protagonista e il suo giovane assistente se poi mancano, soprattutto, registi alla Steven Spielberg o alla Peter Jackson che ci credano. Downey Jr. è pure produttore, ma non è il Lucas dell'arca perduta. Malgrado i buoni effetti visivi e qualche animale simpatico la trama non esiste e tutto finisce in caciara, con situazioni prive di senso e gag poco riuscite. Dolittle è in definitiva un animale molto debole ridotto in cattività e chiuso in una gabbia di resistente mediocrità. Un'occhiata di passaggio basta e avanza, anche per non farsi rattristare troppo dalle sue condizioni. Voto: 4,5

mercoledì 3 febbraio 2021

La Promessa 2021, ovvero i film che vorrei vedere entro l'anno

Post pubblicato su Pietro Saba World il 03/02/2021 Qui - Poteva mancare anche per quest'anno la mia Promessa cinematografica? Assolutamente no, e infatti eccomi qui a presentarvela, una promessa un po' diversa dalla precedente (visitabile qui), soprattutto perché questa volta non sono 10 gli obiettivi ma 15, e nessuna contenente al suo interno un solo film, ma minimo tre. Non cambia invece il regolamento, ovvero che nel caso non riuscissi nell'intento scatterebbe la penalità, che quest'anno sarà per me vedere In vacanza su Marte, incrocio già le dita. In aggiunta alla Promessa tuttavia, come già accaduto, altre liste di film da vedere ho inserito in questo post, che subiscono però quest'anno un ridimensionamento. Infatti colpa del virus e del rinvio a Marzo delle nomination e ad Aprile della cerimonia degli Oscar 2021, nessun titolo inerente appunto a questi importantissimi Premi ci sarà, saranno tuttavia aggiunti in seguito. Di quelli antecedenti invece nessun cambiamento, la lista dei titoli ancora mancanti degli Oscar 2016, 2018, 2019 e 2020 c'è. E c'è anche quest'anno a fine post qualche bonus ulteriore. E insomma anche questa volta tanta carne al fuoco, povero me.

Esaudirò le vostre richieste, di visioni cinematografiche fornitemi lo scorso anno, tra i tanti (9) film ecco spuntare From Beyond - Terrore dall'ignoto

Altri quattro film (dopo quelli di due anni fa) che hanno fatto storia nel loro genere, di questi ci sarà sicuramente Metropolis

Sei film di quelli a me mancanti della sua filmografia, di questi ci sarà sicuramente La casa nera