Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/11/2020 Qui - Come dice il titolo, questo è un film (sesta opera del sudcoreano Lee Chang-dong) a combustione molto lenta, che agisce attraverso immagini messe a contrasto: la realtà rurale e la realtà cittadina e la strana amicizia fra questi tre giovani, diversi per estrazione sociale, che può ricordare Jules e Jim, ma le cui dinamiche non sono mai spiegate e che possono essere solo immaginate. E' un film che ha molte letture (è tratto dal racconto breve Granai incendiati di Haruki Murakami) e di non facile esso stesso lettura perché è popolato di sottintesi e di situazioni che si possono, appunto, solo immaginare. La scena del mimare l'arancia sbucciata e mangiata è esemplificativa sotto questo punto di vista e fornisce in qualche modo la chiave o una delle chiavi del film. E' un film dalle tonalità che diventano sempre più cupe, con una leggera atmosfera di mistero nel momento in cui la ragazza (la bella e brava Jeon Jong-seo) di questo triangolo scompare altrettanto misteriosamente, ponendo il protagonista (il bravo ed espressivo Yoo Ah-in) di fronte ad un senso di colpa per non aver dichiarato apertamente il suo amore per lei, che si trasforma nel rancore sempre più crescente per l'altro ragazzo (l'efficace Steven Yeun, il fu Glenn di TWD). Un film dai tempi troppo dilatati a mio parere, ma molto affascinante nel suo complesso. Voto: 6,5
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