Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/11/2020 Qui - Thriller sottomarino di produzione e di maestranze interamente francesi, fra cui figurano Mathieu Kassovitz, Omar Sy e Reda Kateb, oltre all'emergente François Civil, Wolf Call è l'esordio del regista Antonin Baudry e di fatto costituisce una non variante sul genere, ossia nulla che non si sia già visto, se non fosse per una genialata: un analista reclutato a bordo è in grado, grazie ad un udito addestrato e fuori dal comune, di carpire i movimenti esterni al sommergibile, leggendone i suoni attraverso quel magnifico conduttore che è l'acqua. Da questa sua capacità nasce un "malinteso" che rischierà di scatenare una guerra nucleare. Fa il suo lavoro Wolf Call, intanto sfruttando a dovere la sempre affascinante location del sommergibile, resa egregiamente grazie ad una minuziosa ricostruzione che pecca solo quando si va in esterni (insufficiente la computer grafica nelle scene subacquee), e poi gioca su un meccanismo genera ansia elementare, cioè l'impossibilità di comunicare e di distinguere il vero dal falso, uno dei mali del nostro secolo. I difetti poi ci sono, a cominciare da alcuni personaggi deboli (il secondo in comando interpretato da Omar Sy), ed altri solo accennati da goffi intermezzi (Paula Beer mai inutile è però e mai sarà). Non è Caccia a ottobre rosso, e scopiazza pure da Allarme Rosso, tuttavia ritmo e tensione sono mediamente garantiti, almeno per tutta la seconda parte. E così al netto di un certa confusione all'inizio e di qualche divagazione inutile, il risultato è un film coinvolgente in grado di tener desta l'attenzione fino all'epilogo, meno pompato e convenzionale di quanto con tutta probabilità sarebbe stato se girato negli USA. Voto: 6,5
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