Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/11/2020 Qui - Siete stati abbandonati dalla moglie, da un figlio, i vostri nipoti vi hanno lasciato solo in un ospizio? Niente paura, la soluzione è a portata di clic: una bella famiglia felice in affitto (per qualche ora, si intende). Questa l'idea portante di un film complesso, strettamente collegato ad un altro film di Sion Sono, Suicide Club, ma non è da considerarsi propriamente un sequel anche se qui vengono ripresi i fatti dell'opera precedente (opera che fa parte di una trilogia riguardante l'alienazione della società giapponese di cui questo appunto è la seconda parte), diviso in cinque capitoli dove ogni personaggio racconta la storia dal suo punto di vista. Un film in cui il regista nipponico è bravo una volta di più a mostrarci l'alienazione dell'essere umano e del suo popolo in particolare, anche se in alcuni frangenti i personaggi più che alienati possono sembrare alieni tanto è folle il loro comportamento. Ma al di là di sequenze più o meno assurde, che però fanno assolutamente parte del gioco, si può dire che il tentativo di Sion Sono di sgretolare l'identità dell'individuo sia pienamente riuscito. La sceneggiatura m'è parsa non esente da un certo numero di errori che però sono mascherati da un'atmosfera di estraniamento che tende a far perdere di vista la storyline allo spettatore che invece si concentra sull'aspetto emotivo di cui le tre interpreti principali (Kazue Fukiishi, Yuriko Yoshitaka e Otake Tsuzumi) sono muse perfette. Ineccepibile la regia e la caratterizzazione dei personaggi per un film indubbiamente validissimo che ha solo il difetto (oltre a quelli già accennati) di essere leggermente discontinuo in alcuni tratti in relazione alla sua durata. Preso come film a sé sarebbe un 7 ma gli do un mezzo voto in meno in relazione alla filmografia del regista, soprattutto in relazione al precedente Suicide Club, ancor più destabilizzante di questo qui, che resta in ogni caso una tappa fondamentale per il cinema del regista nipponico, che riconferma il suo talento estetico, narrativo e di regia. Voto: 6,5
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