Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/08/2020 Qui - Un tema caro al cinema asiatico, quello della vendetta, un tema che ciclicamente ritorna, e così dopo il giapponese Confessions, eccone un altro (dello stesso anno), direttamente dalla Corea del Sud, ed ancora una volta non si rimane (almeno personalmente) delusi, anzi, sorpresi da uno sconvolgente ed esplosivo thriller (a tratti sconfinante nell'horror) a base di vendetta, composto da 140 minuti di pura adrenalina, come questo qui. Un film sulla vendetta piuttosto serrato e reso accattivante dalla buona regia di Kim Ji-woon, supportato da maestranze tecniche di alto livello (regia, fotografia, audio, tutto dove deve stare), in cui niente che accade è scontato e lo spettatore non ha mai modo di anticipare gli eventi. Solo nel primo quarto d'ora, una pioggia urticante di immagini e sequenze da incubo, e poi un girone infernale di vendetta e follia che non dà respiro. I Saw the Devil inizia infatti là dove molti film analoghi finiscono, perché, una volta trovato il colpevole, il poliziotto mette in opera una vendetta privata a puntate di eccezionale ferocia (una caccia gatto contro topo), di cui però saranno anche altri a pagarne le conseguenze. In tal senso il film presenta momenti piuttosto crudi, anche se perfettamente inseriti in un contesto narrativo che ne richiede (prepotentemente) la presenza. Proprio in forza dei momenti spietati, messi in atto da un malvagio senza scrupoli, il finale catartico (e altrettanto cinico, anche se praticato sul versante della vendetta) raggiunge picchi di esaltante liberazione. I Saw the Devil (letteralmente Ho visto il diavolo) fa più volte riflettere sul senso di giustizia e sull'inutilità della cieca vendetta. Concetto, quello del "dente per dente", che talvolta continua a produrre sofferenza e dolore, senza porre rimedio al patimento di chi ha subito ingiustizie. E ci riesce grazie alla potente sceneggiatura, tanto ben congegnata da far passare sopra i difetti, quali qualche incongruenza e alcune forzature, e qualche sequenza piatta o "punto morto" dove la tensione scema. Un film insomma amaro e disturbante, soprattutto riuscito, che seppur potrebbe risultare lungo (ma fa parte del disegno totale della storia), non si dimentica facilmente. Non ci si dimentica soprattutto della prova degli attori, se bravo è Lee Byung-hun, ancor di più Choi Min-sik, già immenso in Old Boy, che nel repellente suo ruolo è formidabile. Voto: 7
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