mercoledì 5 agosto 2020

A Ghost Story (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/08/2020 Qui - Dalla Storia di un fantasma alla storia universale. Coraggioso il regista e sceneggiatore David Lowery (autore del sottovalutato Il drago invisibile e del bel Old Man & the Gun), il quale prende come premessa il topos narrativo estremamente abusato della coppia spezzata da una morte improvvisa e ne ricava un'interessante riflessione sul senso della sofferenza, del lutto, e su molto altro. Scegliendo un curioso formato di schermo (quadrato e con gli angoli arrotondati), quasi fosse un album di fotografie di un tempo che fu, il regista racconta per immagini, e con pochissimi dialoghi (e, va detto, con piani-sequenza da cinema d'autore e una lentezza quasi esasperante), una storia di fantasmi che non entra mai nel genere horror, nemmeno da lontano (anche se dell'horror utilizza l'archetipo più infantile che ci sia, cioè il classico lenzuolo con due fori all'altezza degli occhi, una idea che sulla carta può sembrare ridicola ma che nel film funziona), ed è piuttosto storia/film sull'incomunicabilità dell'amore (i due protagonisti sembrano non riuscirsi a parlare anche nelle poche scene dove li vediamo) e incomunicabile è il dolore e la rabbia e l'amore una volta che il fantasma entra in scena (bella e straziante la scena dove lei lascia la casa con lui che impotente la guarda andare via dalla finestra, senza poter far nulla). Ma il film del regista americano è anche e soprattutto un film sul tempo, l'immensità cosmica del suo trascorrere e dell'insignificanza umana rispetto alla totalità di esso. Un concetto assolutizzante e nichilista chiarito dal discorso nichilista durante la festa e dal ciclico ritorno del tempo. Lo spettatore deve subire i ritmi lenti e ragionati del regista (movimenti di macchina ridotti all'osso, verrebbe da dire "macchina fantasma") ma viene messo (anche grazie alle musiche azzeccate per il tipo di mood che si vuole trasmettere) le condizioni emozionali di partecipare a questa storia d'amore che finita sembra continuare per la presenza del fantasma. E spesso il regista ci fa guardare le cose attraverso la soggettiva dello spirito e ci rende partecipi del suo dolo inesplicabile. Detto ciò, non si può chiudere un occhio sull'eccessiva pesantezza della prima parte di film che, seppure si giustifichi concettualmente, dà solo l'impressione di vedere Casey Affleck (comunque sottotono) e Rooney Mara sprecati. Ma al di ciò, bel film è questo, un film intelligente che, rappresentando in una chiave originale problemi filosofici desueti, spinge a porci delle domande che non hanno risposta. Un film minimalista e suggestivo da vedere quindi, soprattutto se volete "altro", e non importa che nel genere horror questo film, comunque inclassificabile in una categoria di genere, non dovrebbe stare (men che meno in questa piccola "festa"), Storia di un fantasma è cinema, nulla gli importa dell'intrattenimento, va visto. Voto: 7

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