Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/08/2020 Qui - Ci sono pellicole probabili cult, ed altre destinati inevitabilmente a diventarlo: Zombie contro zombie, traduzione italiana che va contro i diritti umani (ed anche contro l'essenza stessa della pellicola e del suo essere non esattamente o totalmente horror) del film giapponese One Cut Of The Dead, appartiene di sicuro alla seconda categoria. Lo fa riuscendo a estrarre da un frutto abusatissimo (lo zombie movie) un succo originale e gustosissimo, finzione e realtà che si intersecano in un meraviglioso effetto metacinematografico pieno di inventiva e divertentissimo dal punto di vista puramente comedy (la premessa, ovviamente, è da film horror ed è proprio a un horror, molto ironico, che assistiamo nella prima mezz'ora di visione, ma la restante ora, senza dire troppo, è altro: altro genere, altro linguaggio, altre idee che trascendono l'horror per riflettere sul cinema e sul modo di fare cinema indipendente). Un film nel film nel film. Tre film in uno, o meglio lo stesso film raccontato da tre prospettive diverse, distinte e consanguinee, come una ripresa che si allontana sempre un passo in più per mostrarci ciò che si nasconde "dietro" a un film. One Cut of the Dead è infatti un film sulla realizzazione di un film sugli zombi. Che detta così potrebbe anche suonare come una descrizione poco invitante, ma l'energia e l'inventiva con cui il regista (quello reale) Shinichiro Ueda ha confezionato One Cut of the Dead lo rende un film irresistibile, oltre che unico nel suo genere. Con un cast di perfetti sconosciuti, tutti dannatamente in parte e con personaggi scritti con intelligenza, One Cut of the Dead mescola così stili e si riempie di idee al punto tale da dar vita, appunto, a un film completamente folle, per certi versi anarchico, a cui è impossibile non voler bene. Un piccolo grande film che ha saputo fare di necessità virtù (visto il budget misero che aveva a disposizione), senza lesinare in quanto a trovate geniali e tocchi stilistici che rimangono impressi. In tal senso, dal punto di vista registico impressiona il lungo piano sequenza iniziale, della durata di ventisette minuti, che è solo l'anticamera verso le abilità di un cineasta poliedrico e versatile, Ueda Shinichiro, classe 1984, del quale sentiremo ancora parlare. E insomma, date fiducia a questo film, è una piccola genialata. Voto: 7
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