martedì 11 agosto 2020

Notte Horror 2020: Space Vampires (1985)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/08/2020 Qui - Anche se cascasse il mondo la Notte Horror sopravvivrebbe comunque, e continuerebbe a viaggiare nell'etere, a mietere vittime e chissà cos'altro. Al momento però è qui con noi mortali/blogger, ed è giunta alla sua settima edizione, la quinta mia personale (scorrendo di anno in anno a partire dallo scorso, Pet Sematary era il titolo scelto, potete leggere tutte le mie Notti), e continua ancora a richiedere horror di qualsiasi tipo, sia pellicole estremamente tamarre e trash, sia altre di buona qualità o comunque dei veri e propri cult. E in quest'ottica quale titolo più adatto che Space Vampires? Che queste quattro indicazioni le segue alla lettera? Conosciamo tutti la Cannon Films (e se non la conoscete forse è meglio così) e la sua vena realizzatrice di (s)cult, quindi non c'è da sorprendersi che tra centinaia di film prodotti in quel decennio folle (a cavallo di quelli Ottanta) qualcosa di buono potesse pure uscire. E quando il Trash diventa Cult, quando il B-Movie rimescola le carte in tavola ed allarga gli orizzonti dei cinefili più arditi, arrivano loro, sceneggiature geniali, virtuosismi splatter e non, idee rivoluzionarie (e spesso scabrose) ed in generale un approccio ispirato ed auto-consapevole alle potenzialità offerte dal low-budget. Lifeforce è eccessivo, sanguinario, popolato di corpi rinsecchiti che esplodono nella polvere, fasci di luce e donne nude (una, ma basta per tutte). Dalla fantascienza all'horror il passo è breve, dall'horror al catastrofico-epidemiologico il passo è un po' più lungo e si esagera un po', tuttavia Lifeforce non è privo di un certo fascino. La sceneggiatura (del veterano Dan O'Bannon, che è essenzialmente quella di un B movie: tante nudità, vampiri, zombie, apocalisse, molto ridondante in più di un passaggio) mal s'incastra con la regia (film con "fuochi d'artificio" nel tipico stile Cannon, forse non del tutto adatto alle abitudini meno rumorose del regista Tobe Hooper) generando buchi e passaggi poco logici, ma nel caos lo stile emerge, rimestando fieramente nel torbido e nella fantascienza di serie B. E solo i pazzi della mitica Cannon Films potevano investire 25 milioni di dollari in un film simile. Un film, un fanta-horror, sottostimato a torto, è infatti (a mio parere) un buon esempio di sci-fi horror. Datato sì, ma godibile.

Potrebbe persino essere scambiato per un film di uno studio major, se non fosse per il nudo di Mathilda May, che è il caso di dirlo, qui è una gnocca da Ufo! Ella fa la sua scena, ma il tema degli istinti (sessuale soprattutto) è affrontato (fortunatamente) con dignità, altrimenti non credo sarebbe uscito al cinema (dove tra l'altro, purtroppo, ebbe poca fortuna) e sarebbe arrivato in Italia ed in TV poco tempo dopo. Ed a proposito di dignità, degno di attenzioni è questo film, un film non originale, lontano dall'essere memorabile, con evidenti echi Romeriani e Carpenteriani (e non solo), ma in grado di "rapire" come pochi altri sanno fare (dinamicità ed intrattenimento). Space Vampires appunto, a mio parere un film un po' bistrattato nella già discontinua filmografia di Tobe Hooper che, lontano dai territori visceralmente brutali cui ci aveva abituato con Non aprite quella porta o con Quel motel vicino alla palude, in questo caso sembra quasi mettersi alla prova sperimentando una commistione tra fantascienza classica, horror gotico e disaster-movie (sagace la riconoscibilissima sua regia, con tanto di lampi di luce alla stregua di Poltergeist), ne esce un lavoro forse imperfetto in alcuni risvolti ma affatto carente di un rilevante interesse (da segnalare un comparto di scenografia e costumi particolarmente ispirati). Questa pellicola è infatti un buon ibrido tra fantascienza ed horror, riuscendo a combinare la sci-fiction degli anni '50 ed inserendo una interessante variante del vampiro, figura horror per eccellenza, ristrutturandolo in chiave fantascientifica. Probabilmente giocando molto in anticipo con i richiami nostalgici a un certo tipo di cinema di una volta, questo film fu massacrato senza pietà dalla critica di allora, ma pur non essendo un film privo di difetti, è comunque un prodotto dignitoso peraltro con buoni effetti speciali (a parte in rare eccezioni). Tratto dall'omonimo romanzo di Colin Wilson viene adattato per lo schermo da Dan O'Bannon, regista, attore, effettista, ma soprattutto celebre per i suoi script, tra cui svetta un certo Alien (in seconda battuta il rivisto recentemente Atto di forza), tanto che l'antefatto di Space Vampires presenta forti analogie con il capolavoro di Ridley Scott.
Tobe Hooper trasforma la nave aliena in una sorta di cripta gotica dislocando nello spazio profondo un luogo più ricollegabile a qualche decadente maniero celato tra le nebbie dei Carpazi, in cui gli astronauti rinveniranno giganteschi pipistrelli e soprattutto tre umanoidi apparentemente assopiti (e da lì tutto in moto si metterà e in malora finirà). La prima parte è avvincente e ben costruita, illuminata dalla bellezza della space-girl vampira Mathilda May, indimenticabile nel suo statuario nude look e tentazione irrinunciabile per gli esseri umani che le si avvicinano (le sue movenze fra il sensuale e l'ipnotico donano al film un aria misteriosa e disturbante). Gli effetti speciali sono davvero notevoli, i corpi "rinsecchiti" fanno una certa impressione e i giochi di luce sono ben inseriti in una scenografia urbana molto oscura, forse troppo, tuttavia efficace nel riportare il clima di caos e distruzione durante il propagarsi della cosiddetta peste intergalattica. La pellicola si arena in alcune assolvibili situazioni un po' tirate per le lunghe, ben più seccante riscontrare una certa confusione temporale, con il dilagare della pandemia proposto seguendo un filo logico azzardato. Ed è così che ne viene fuori un prodotto un po' fracassone, ricco di effetti speciali, esplosioni e addirittura di marcate venature erotiche che si alternano a mostri, scariche elettriche e esseri umani ridotti allo stato scheletrico. Un prodotto che però inevitabilmente si fa amare. Nel cast spicca l'attore inglese Patrick Stewart (nel ruolo del dottor Armstrong), celebre non solo per il ruolo di Jean-Luc Picard nella serie tv Star Trek: The Next Generation (1987-1994), e poi ecco Steve Railsback (non famoso ma comunque celebre per alcuni suoi ruoli, soprattutto due dei più famosi serial killer americani), che qui si intrattiene con la bella e giovane coprotagonista Mathilda May (che purtroppo non avrà gran fortuna successivamente), Frank Finlay, nominato a miglior attore non protagonista per Otello nel 1966, ed infine Peter Firth, noto per la sua interpretazione nel film Equus di Sidney Lumet, per la quale ricevette una nomination all'Oscar al miglior attore non protagonista e vinse un Golden Globe, che recentemente si sta vedendo sempre più spesso al cinema ed in televisione. Non c'è da aspettarsi però chissà cosa, tanto che è da vedersi soprattutto per cultura personale o se siete amanti di B-Movie, anche se è comunque un cult (un tantino fracassone) che ha molto amore per il cinema dietro e che merita d'esser visto a prescindere da tutto. Voto: 6,5 [Qui Scheda]

La serata non finisce qui, tra poche ore da Deliria si prosegue, comunque di seguito ecco bannerone e link dei partecipanti.

25 agosto 2020, ore 23: Not Just Movie (Brivido)

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