Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/03/2017 Qui - Se n'è parlato e discusso per mesi, addirittura per descrivere questo film sono stati usati termini come, "Stupro", "Sacrilegio", "Profanazione" ed altri termini, addirittura da chi non l'aveva nemmeno visto. Anch'io avevo molti dubbi, ma di certo non sulla condotta apparentemente "anti-maschile" della pellicola ma perché non si può negare che le major abbiano contratto il vizio di ripescare marchi e nomi noti e aggiornarli ai tempi moderni, con risultati non sempre convincenti. Ebbene, non si può certo dire che questo Ghostbusters (2016), remake del celebre film Ghostbusters del 1984, sia l'eccezione che conferma la regola, ma neanche il più brutto film mai visto, perché di film peggiori di quest'ultimo ce ne sono davvero tanti (di uno di questi infatti ne parlerò presto). Ma ora, in quanto maschio e fan dell'originale Ghostbusters, non mi sono affatto sentito né offeso né umiliato né tradito, dato che questa pellicola, diretta da Paul Feig, che sembra avere una passione per le donne e per Melissa McCarthy, al suo terzo film dopo Spy e Corpi da reato, che segna il riavvio dell'omonima serie ma con il nuovo team di acchiappa-fantasmi interpretati appunto da attrici donne, Kristen Wiig, Kate McKinnon e Leslie Jones, non è così brutto o inutile come pensavo. Certo, poco nel film si salva, ma non la componente femminile che, nonostante tutto, fa bene il suo lavoro. Di solito infatti, quando si ironizza sulle donne, fare un fiato in senso contrario significa essere ipocriti e politicamente corretti (e di questi tempi non è un bene), mentre quando sono gli uomini il bersaglio, la loro ira (stando ai segnali che invia l'opinione pubblica) è giusta e sacrosanta. Perché, mi domando? Forse perché non sono abituati a essere ridicolizzati? Mi fermo qui, ulteriori disamine spettano ai sociologi e io solo sono un amante del cinema e nulla più, che ha visto questo film senza pressioni o remore.
In ogni caso il film non è da buttare, anzi, è sufficientemente spassoso e ben ritmato, ha una buona fotografia, effetti speciali più che decenti (rispetto a tanti altri, anche se non fanno per niente paura purtroppo) e una sceneggiatura che, nonostante faccia abbastanza acqua da quasi tutte le parti, presenta alcune innovazioni alquanto rilevanti e funzionali. Ma prima di esporli ecco la trama, che in ogni caso ha una base simile all'originale ma meno d'impatto e poco coinvolgente, quella che ci fa sapere che i fantasmi esistono e stranamente stanno cominciando ad attaccare gli uomini a New York. Le uniche a poterli fermare sono le scienziate Abby Yates e Erin Gilbert. La prima insegue gli studi sui fantasmi senza successo da così tanto tempo da essere ormai ritenuta una ciarlatana anche dalle università più ridicole, mentre la seconda ha rinnegato il suo passato e la sua amica per un lavoro accademico più regolare e comune. La comparsa dei fantasmi le getta, volenti o nolenti, nell'azione. Unendo teoria e pratica costruiscono vere e proprie armi per la lotta agli ectoplasmi e poi, con tanto di tuta, partono in prima persona alla caccia assieme a due altre reiette, l'ingegnere Jillian Holtzmann e l'inserviente della metro Patty Tolan. A loro si aggiungerà anche un segretario bello e scemo, utile a mettere in moto gli affari, costretto anch'egli a scendere in campo quando la minaccia si farà davvero seria. Ghostbusters, non è l'originale Ghostbusters, e non è un film degli Anni '80, è semplicemente la riproposizione di un classico che non vuole vincere solo in chiave "cosmetica", e che trova ragion d'essere proprio quando nega in modo propositivo l'effetto nostalgia senza commettere l'errore di sacrificare la coerenza stilistica, narrativa e tematica. Paul Feig difatti, a differenza di Ivan Reitman, decide di puntare maggiormente sulla commedia presentando questa volta una squadra tutta al femminile, che danno luogo a delle notevoli performance, contribuendo perfettamente a quel clima di leggerezza che man mano si va a delineare nel corso della storia sotto l'occhio vigile di Feig.
Certo, in questo discusso remake/sequel al femminile di uno dei film culto della generazione anni '80, Paul Feig, già in passato alla direzione di commedie scanzonate e un po' sboccate, pecca soprattutto di lungaggini, citazionismo e verbosità, non riuscendo a divertire con la stessa ironia un po' folle, ingenua e nonsense che caratterizzava i due capostipiti firmati da Ivan Reitman. Di tanto di tanto in effetti si ridacchia (la stupidità di Chris Hemsworth, il buon incipit), ma non ci si diverte mai davvero, soprattutto per colpa di una verbosità deleteria e fastidiosa. Non mancano infatti gli scricchiolii che fanno tremare per le sorti del "castello" che invece regge e finisce per distendere i nostri volti. Dato che, il regista, riesce comunque a creare un funzionale connubio tra il tema già di per sé interessante dei fantasmi e l'intrattenimento dello spettatore, il quale anche in minima parte si diverte grazie a efficaci battute mai fuori luogo e alla disinvoltura delle protagoniste sopratutto la McCarthy, una vera e propria icona della risata. Peccato solo che proprio Chris Hemsworth venga così pesantemente svalutato, in quanto fa il ruolo del segretario tonto ma questa parte gli riesce talmente bene che non lo si può condannare, la stessa cosa non la si può dire per il cattivo di turno, il quale enuncia la sua vendetta nei confronti delle acchiappa-fantasmi ma la sua valorizzazione è pari a zero e anziché risultare rilevante, appare come un personaggio del tutto secondario e marginale a seguito anche delle sue poche apparizioni. Ma il problema non è tanto la trama o la storia, ma la sceneggiatura stessa che seppur funzionale si inceppa per tutto il primo tempo in una serie di gag verbali e fisiche poco fulminanti e spesso ripetitive (forse anche troppo americane nei toni satirici), mentre la trama fantastica 'orrorifica', che dovrebbe essere il fulcro della pellicola, si sviluppa molto lentamente e, seppure non sia del tutto da buttare, non è neanche così intrigante da impedire agli sbadigli di manifestarsi. A proposito qualcuno ha notato che l'hotel Mercado (centro nevralgico del male), è in verità (mica per caso) l'Hotel della quinta stagione di American Horror Story?
Gli effetti speciali invece, naif e coloratissimi, volutamente cartooneschi per richiamare lo stile visivo dell'originale, paradossalmente sono forse la parte migliore (nonostante la poca capacità di spaventare o 'disturbare'), mentre, come detto, lo stupore e l'ilarità suscitati dal ritrovare il possente Chris Hemsworth nei panni dello svampito tutto muscoli e niente cervello, cedono il posto anche in questo caso e in verità alla noia, soprattutto quando le sue uscite diventano sin troppo stupide per suscitare qualche sorriso. Come quelli che solamente la vis comica di Leslie Jones e di Kate McKinnon, pescate dal Saturday Night Live come un tempo Dan Aykroyd e Bill Murray, riescono a fare, poiché la loro bravura è minimamente vivida. Deludono invece (come in parte tutto il film), nonostante mi abbia fatto piacere, gli strombazzati cammei dell'intera compagine attoriale "primigenia". Cosa quindi mi è piaciuto del film? Innanzitutto l'inversione di ruoli con le acchiappa-fantasmi capaci di mostrare tutte le sfumature del loro sesso facendone risaltare la genialità, la determinazione e il coraggio, scherzando sulle frivolezze, ironizzando sul ruolo del "pupo" (anche se un tantino troppo teatrale) senza cervello, solitamente affidato alla bambolona di turno, con qualche tocco di classe, che poggia soprattutto sulla bravura della Kristen Wiig, ma nient'altro in verità, davvero poco e niente di interessante. Anche se il regista sfruttando una grande ma complicata occasione, da vita a un fantasy-action-movie che perde un effetto sorpresa (lo storyboard originale) ma sorprende nelle varianti anche grazie a effetti speciali molto più "duttili" rispetto al 1984. Quanto il finale, devo dire che è stato minimamente sorprendente non solo per quanto abbia coinvolto lo spettatore ma specialmente per gli effetti speciali, in definitiva curati e di conseguenza discreti. Il nuovo approccio di Paul Feig difatti, seppur rischioso, ha fatto si che potessimo assistere a un film comunque sufficientemente coinvolgente, divertente, leggero e spensierato. Una piccola provocazione, come va di moda oggi, e da non prendersi assolutamente sul serio. Anche se in ogni caso e nonostante tutto (tra cui la durata eccessiva ed effetti digitali troppo spesso soffocanti), di questo reboot/remake non se ne sentiva la necessità. A volte però è bello ricordarsi che il piacere del cinema prescinde da comparazioni e preconcetti e che una pellicola va goduta per quello che è, non per quello che avrebbe dovuto (o non dovuto) essere. Per questo il film merita almeno la sufficienza, anche se la scena che vorrebbe annunciare un sequel, non mi abbia fatto fare, metaforicamente parlando, salti di gioia. Voto: 6