domenica 3 marzo 2019

Gli ultimi saranno ultimi (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/03/2017 Qui - Dopo la brillante e innovativa esperienza vissuta con Perfetti Sconosciuti, un'altra pellicola italiana riesce a fare breccia, riuscendo nonostante alcuni evidenti difetti a sorprendere ed emozionare. Colpa, se così si può dire, dell'ultimo film di Massimiliano Bruno, che dopo il suo non eccellente penultimo lavoro (comunque sufficiente) Confusi e Felici, realizza una drammatica commedia molto interessante, forte e potente, ma soprattutto dannatamente reale, Gli ultimi saranno ultimi, film del 2015 che, in modo credibile, naturale e senza forzature, sembra continuare con la nuova tendenza del cinema italiano a trasporre sul grande schermo le tematiche sociali che più ci affliggono in questo critico periodo della nostra storia, ma in modo non banale e superficiale, ma diretto e convincente. Dato che questo film le tematiche più scottanti le affronta tutte, la mancanza di lavoro in primis, la mancanza di casa, la mancanza di un sostegno economico che ti priva di ogni più elementare necessità (il frigo vuoto, la morosità nel pagare affitti, bollette e quant'altro), le crisi di coppia, il doloroso problema delle scommesse, del gioco, che rovina tante famiglie. Tutto questo il film lo affronta, non in punta di piedi, ma con una forza devastante (anche se in verità non in modo netto e approfondito), come devastante è la prova di una grandissima Paola Cortellesi, il cui bellissimo viso si trasfigura sequenza dopo sequenza, fino a diventare la maschera di disperazione delle sequenze finali. Forse un po' sottovalutata come attrice cinematografica, qui dà prova di una grandissima capacità di coinvolgimento emotivo, dal riso alla rabbia, e che alla fine ti strappa pure qualche lacrima. Lei difatti non smette di sorprendere per bravura in questa versione cinematografica di un testo presentato per due anni a teatro e che la vede come attrice protagonista. Un'interpretazione drammatica della storia di Luciana che nel momento in cui corona il suo desiderio di maternità perde un umile e mal retribuito lavoro dipendente in una piccola azienda della provincia laziale. Quello che rende inaccettabile oltre la causa del licenziamento è il cinismo del datore di lavoro e l'avversione nei confronti di questa sua nuova condizione da parte di donne come lei, le compagne di lavoro che evitano questo fatale incidente in un'epoca, in cui la maternità è tutelata in ogni settore pubblico con il diritto, dopo la gravidanza a rioccupare il posto di lavoro temporaneamente abbandonato.
Vengono così a definirsi nel film due Italie, quella aperta e umilmente dignitosa e quella retrograda, misogina e reazionaria, affetta da pregiudizio verso la diversità, da mobbing verso chi deroga da precise regole sul posto di lavoro e terrorizzata dal rischio di perdere un seppur precario posto di lavoro. In tal senso, ci conforta il fatto che non è questione di età non saper capire i tempi, in quanto due anziani personaggi del film, la madre di Antonio, dallo spiccato ed elegante (ma personalmente irritante) accento veneto, il personaggio interpretato da Fabrizio Bentivoglio (uno dei protagonisti principali) e il professore pensionato in piazza che osservano la realtà, ad essa si adeguano con nostalgia e rassegnazione. La storia del poliziotto Bentivoglio (comunque non perfettamente riuscita, colpa non tanto del tema, quanto di una recitazione un po' sopra le righe), frustrato ed isolato viene ad incrociarsi così a fine film con quella di Luciana, ormai prossima al parto, e corre parallela racchiudendo rimorsi e fragilità, senso di inadeguatezza e ingenuità e subisce la scelta dei turni di servizio, più ingrati insieme ad una poliziotta, collega di lavoro, anch'essa altrettanto incapace di difendersi dal male. La situazione della protagonista è anch'essa aggravata da un marito immaturo (Alessandro Gassmann), fedifrago e incapace di seguire le problematiche di una donna in gravidanza, oltre che a ricoprire un qualunque lavoro dipendente e sufficientemente remunerativo da garantire le spese di affitto e di sussistenza. Tuttavia Luciana riceve solidarietà da altre donne del film, proponendole anche in gravidanza di lavorare ad occasionali servizi catering e dandole affetto. Ma a Luciana non basta vuole lavoro e maternità senza dover scegliere tra le due strade la meno dolorosa e reagendo passa all'attacco furibondo.
Il film termina infatti in modo drammatico e purtroppo duro, ma bello e delicato, anche se forse con alcuni eccessi nel prolungare la scena più drammatica nell'indecisione e nel ritardo dei protagonisti a gestire l'emergenza. Un finale abbastanza deprimente, ma per fortuna nell'inquadratura finale del film con una sorridente Paola Cortellesi con sullo sfondo tralicci e prati soleggiati ed in fiore, lascia però il finale aperto in senso ottimistico o meno nel dubbio per lo spettatore, se il bambino che si vede calciare la palla anni dopo è cresciuto con un solo genitore o con entrambi. Insomma un film che lascia smarriti, indignati ma 'confusi e felici', anche se in definitiva la missione critica al nostro paese funziona poco o nulla, come alcune sotto-trame e certe frequenze radio disturbate (che fa di certo sorridere ma anche irritare) che c'entrano un po' poco, dato che troppi temi a volte stroppiano. Eppure questo è davvero un buon lavoro, un film attuale, ben costruito e ben recitato. Il dramma del lavoro, la sua precarietà, le sue contraddizioni sono difatti temi veramente intriganti e sufficientemente interessanti da vedere, al contrario degli altri temi, deludenti e poco ispirati. Il regista quindi centra discretamente il suo obbiettivo, e per riuscirci conta su ottimi attori protagonisti (peraltro popolarissimi) e su un manipolo di caratteristi bravi da far paura. Sortendo un risultato che lascia stupiti per rigore, per scrittura, e per credibilità. Sì, c'è qualche siparietto brillante nella prima parte, ma sempre con un retrogusto amarognolo che non abbandona mai il film, per poi sfociare come detto (in un precipitare drammatico degli eventi) verso il finale che grida dolore e disperazione.
Ma una delle doti positive di quest'opera è quella di costruire sapientemente già nella primissima parte tutto un mondo, assai realistico, composto di un microcosmo provinciale di poveri cristi che navigano a vista nel condurre le loro vite ormai proletarizzate e precarizzate cercando però di non perdere mai la dignità. Ed è in questo contesto che infatti (e giustamente purtroppo) matura il dramma di Luciana e Stefano, due persone fondamentalmente buone ma per causa degli eventi in perenne difficoltà emotiva e sociale. In questo caso il film, che fotografa con un certo realismo un ambito sociale piuttosto malmesso come quello attuale, funziona benissimo. Le immagini di questo nucleo sociale, di questa comunità coi suoi personaggi di cui alcuni volutamente caratterizzati con toni macchiettistici proprio per identificare certe peculiarità umane che regalano sapore alla pellicola, di queste immagini dicevo, sono difatti in molti casi vivide e incisive. E questo sfondo, che altrove potrebbe essere uno sfondo su cui imbastire una commedia, qui diventa il massimo per poterci allestire un dramma traboccante di dolore e sofferenza. Un dramma in cui come già detto, troviamo una Cortellesi validissima, a dimostrazione ancora una volta, come l'attrice possa passare da ruoli brillanti a drammatici con grande e spigliata naturalezza. Gassmann sta crescendo professionalmente e pur non raggiungendo l'eccellenza che caratterizzava la valenza artistica del padre, comunque si sta costruendo una robusta carriera, Bentivoglio puntuale come sempre, anche se poco deciso e non del tutto azzeccato, la colpa è però della sua storia non del tutto originale. Il film infatti anche se drammaticamente lucido ha però una storia (seppur da non perdere come il film stesso) così comune che sembra di averla vista e sentita tantissime volte intorno a noi, in questa Italia allo sbando, dove  anche la certezza del posto fisso, unico vero baluardo  all'incertezza dilagante, non esiste ormai più. In conclusione comunque e nonostante tutto, il cinema italiano sta crescendo e pure bene. Non resta che sperare in futuro ancora più radioso, anche se questo film lascia soddisfatti. Voto: 7