Suffragette, proprio per questa giustissima lotta è un film bello e commovente sulla storia delle donne inglesi all'inizio del secolo scorso. Storia che viene narrata attraverso lo sguardo di Maud Watts (una giovane lavoratrice di una lavanderia, che prende coscienza man mano della sua situazione di discriminazione), personaggio fittizio nella cui figura rivivono però diverse attiviste del movimento realmente esistite. Lei che appena ventiquattrenne, ma già sposata e madre di un bambino, ha trascorso l'intera esistenza a spezzarsi la schiena in quella stessa lavanderia dove, molti anni prima, perse la vita sua madre, fatalmente ustionata durante un drammatico incidente. Maud comunque non è una suffragetta, il suo coinvolgimento nella causa è praticamente casuale (inizialmente), a Londra però nel 1912 alcuni atti di ribellioni la coinvolgono direttamente, donne in rivolta infatti rompono alcune vetrine in centro e non a caso sono negozi di moda per bambini come per sottolineare una certa condizione "femminile". E quando la progressiva presa di coscienza dell'iniquità sociale di cui lei stessa è vittima la spingerà ad aderire con sempre maggior convinzione alle iniziative del movimento, la sua vita domestica ne resterà travolta. Man mano difatti che cresce il suo coinvolgimento nelle azioni di lotta, resta priva progressivamente delle sue certezze e dei suoi affetti. Osteggiata da un marito (un Ben Whishaw abbastanza sottotono) che pur amandola non la comprende e non intende sostenerla, Maud si vedrà infatti progressivamente privata di tutto ciò a cui tiene, la casa, l'amore, il rispetto, e perfino l'amato figlioletto, dato in adozione da un padre che dietro una maschera di forzato autoritarismo, cela l'evidente incapacità di affrontare la realtà da solo. Maud purtroppo (come per tante) è impotente perché la legislazione dell'epoca non salvaguardava le madri prive, all'epoca, di diritti sui figli. Dovrà quindi impegnarsi per far riconoscere ad una società inglese ottusa e maschilista (che ha sempre osteggiato anche chi non doveva, le Regine per esempio, che in verità hanno governato decisamente in modo migliore di certi colleghi maschi, la Storia lo sa) i propri sacrosanti diritti.
Suffragette è quindi un film necessario su un tema importante, che avrebbe però meritato una regia più coraggiosa. Dispiace infatti trovare difetti in un film che tratta una tematica tanto importante e necessaria, però, dal punto di vista strettamente cinematografico, Suffragette è una gran delusione, un film storico come se ne facevano negli anni Cinquanta o forse anche prima, estremamente lineare, senza un guizzo di regia, un gioco di macchina, una trovata di sceneggiatura. Certo, la storia è avvincente, certo, era necessario raccontarla e raccontarla ancora, certo, servita a ricordare quanto hanno sofferto e lottato le donne prima di ottenere quanto loro sarebbe spettato di diritto, in quanto esseri umani esattamente come i maschi. Questi sono tutti elementi positivi (gli intenti insomma sono benemeriti), non c'è dubbio, ma il film è alquanto convenzionale, didascalico, prevedibile. Nonostante ciò, da un punto di vista formale è assolutamente curato, anche se, a dirla tutta, il continuo ricorso alle riprese con camera a spalla distrae e alla lunga stanca, ma il problema vero risiede nella sceneggiatura, fin troppo schematica e corretta, che possiede nobili intenti educativi ma, stilisticamente parlando, è piuttosto piatta (e, difatti, nel film finito, alcune scene mancano della necessaria carica emotiva e non coinvolgono come dovrebbero). Questo, ovviamente, nulla toglie al fatto che invece diverse altre scene siano riuscite, interessanti ed emblematiche, la scoperta da parte della protagonista degli abusi a cui il proprietario della lavanderia in cui lavora costringe l'appena dodicenne figlia di Violet (a cui probabilmente è stata costretta anche lei, da giovane), Maggie, la cacciata di casa di Maud, a cui il marito impedisce perfino di vedere il figlio, il breve comizio della Pankhurst (una sempre incisiva Meryl Streep), ed il finale ad Epsom (comunque frettoloso), che avrebbe però meritato una messa in scena più coraggiosa.
Il film infatti si conclude proprio con il Derby di Epsom del 1913 ed Emily Davison, costretta dalla situazione all'auto immolazione per scuotere definitivamente le coscienze. Coscienze che ovviamente da quel momento porteranno a un cambio culturale d'importanza mondiale, in soccorso arrivano infatti i titoli di coda, che informano lo spettatore che le donne inglesi otterranno infine il diritto di voto nel 1928 (solo parzialmente nel 1918), indicando poi le date in cui questo è avvenuto negli altri Paesi, in Nuova Zelanda addirittura prima nel 1893, in Italia nel 1946, nella civilissima Svizzera nel 1971, mentre in Arabia Saudita l'estensione di questo diritto anche alle donne è stata solo "promessa" nel 2015. Tutto bello e interessante anche se poco deciso. Ma fortunatamente la bellezza del film comprende l'ambientazione, le scenografie, la fotografia, le discrete inquadrature, solo apparentemente semplici, ma quanto, al contrario, squisitamente e filologicamente quasi perfette, anche in piccoli dosi (troppo piccole però) dal punto di vista emotivo. La musica, glossa sonora sempre discreta, corollario marginale mai invadente, è dell'ottimo Alexandre Desplat. Raccontato con la tipica cura britannica per i dettagli (la ricostruzione d'epoca è difatti eccellente), il film comunque deve buona parte della sua riuscita alla presenza di un cast di tutto rispetto, dalla citata Streep ad un'ottima Helena Bonham-Carter, finalmente distante dal consueto ruolo di personaggio strambo, un bravo Brendan Gleeson (che ritroviamo nuovamente in un film con Wishaw dopo Heart of the Sea, visto pochissimi giorni fa) e soprattutto una Carey Mulligan che, nei panni della protagonista, ci regala forse la miglior performance della sua carriera (meglio che in Via dalla pazza folla, ma comunque meno che in An Education, ruolo per il quale ricevette una candidatura all'Oscar)), convincente e sufficientemente naturale nelle scene di vita familiare, dà il meglio di sé nei momenti più tragici (l'incarcerazione, l'allontanamento al figlioletto, i maltrattamenti in prigione) in un'interpretazione sentita, drammatica quanto basta, ma mai sopra le righe. Il film insomma, comunque di buona qualità, che in ogni caso non convince fino in fondo, ma è però e nonostante tutto da vedere, nel caso soprattutto non siate bene informati sui fatti narrati. Anche perché, ai giorni nostri, rimangono purtroppo ancora molte le disparità tra uomini e donne, sperando in ogni caso che qualcosa cambi davvero. Voto: 7