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venerdì 22 dicembre 2023

La primavera della mia vita (2023)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/12/2023 Qui - I due cantautori siciliani Colapesce e Dimartino si cimentano (per la prima volta in assoluto) in questa pellicola surreale in cui si narra di un viaggio verso alcuni misteri che avvolgono la loro splendida regione, ma anche della ricerca di un'amicizia perduta. Ritmo non sempre eccelso e situazioni talvolta monotone che comunque conducono a un finale inaspettato ma interessante. Buona la musica, che com'era lecito attendersi c'è e tanta, non eccezionale invece la recitazione (e inesistente è la regia). A conti fatti il film (dolce ma anche amaro) è un po' campato per aria e non ha una vera forza narrativa, anche se la visione la può valere, almeno per conoscere ancora meglio l'ironia dei due cantanti protagonisti. Voto: 6

venerdì 13 agosto 2021

Est - Dittatura Last Minute (2020)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/08/2021 Qui - L'aria dei meravigliosi anni ottanta si respira tutta in questo accattivante road movie che nella parte conclusiva si fa commovente, mentre nel suo evolversi non risparmia momenti divertenti grazie ai tre giovani protagonisti (imbranati dal cuore tenero) in viaggio verso Bucarest con una valigia da consegnare e varie disavventure da affrontare. Fa sempre piacere (a fronte di tanta corruzione e insensibilità) riscoprire il lato buono degli italiani, capaci di mettersi in gioco per aiutare chi ne ha davvero bisogno. Nostalgico ed educativo questo bel film, che ci permette di conoscere il regime comunista che era presente in Romania per molti anni e le privazioni incredibili a cui erano sottoposti i suoi abitanti. Ben scritto, ben recitato e ben diretto (da Antonio Pisu), con Lodo Guenzi del gruppo Lo stato sociale che si dimostra discreto attore in prospettiva. Un film classico come tanti road movie, ma dalla scrittura brillante, di sicuro si poteva fare di meglio, però anche così non dispiace. E' infatti un film discretamente piacevole tra commedia e dramma. Voto: 6+

venerdì 9 aprile 2021

Una storia vera (1999)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/04/2021 Qui - David Lynch riesce a rendere appassionante perfino la (vera) storia di un 73enne che attraversa 400 km con un tagliaerba per ritrovare il fratello reduce da un infarto (ad interpretarlo Harry Dean Stanton, come si vede nella "geniale" chiosa finale). Sembra una trama debole e banale, ma mai considerazione potrebbe essere più sbagliata. Il regista ci accompagna in questo viaggio così semplice, ma anche così emozionante. Notevole la fotografia che riprende paesaggi maestosi e soprattutto calzanti le musiche del fido scudiero Angelo Badalamenti, forse l'elemento decisivo che innalza il film. La storia non è altro che la narrazione di un vecchio nelle fase ultima della sua vita. Il viaggio intrapreso da lui diventa metafora di un percorso interiore che viene completato. Non vale la pena serbare rancore per sempre e sarebbe bello se prima della fine ognuno di noi riuscisse a dare una seconda possibilità a dolorosi ricordi che col tempo abbiamo "dimenticato" oppure rimosso per orgoglio o testardaggine. Il tutto accompagnato con una nostalgica e malinconica riflessione sull'anzianità. Tantissimi i personaggi che Alvin Straight incontrerà sulla sua strada, dispensando consigli e ricordando il suo passato, dialoghi forse retorici che tuttavia, nell'atmosfera del film, si dimostrano d'impatto (l'opera riesce anche a strappare qualche risata, rendendo tutto più scorrevole). Insomma un bel film, in cui troviamo un David Lynch sicuramente meno impegnato e meno complesso (tanto da non apparire questo come un lavoro del regista) all'insegna di una storia leggera, ma che colpisce nel profondo per la sua semplicità e la sua dolcezza. Complimenti davvero, a Lui che riesce a rendere interessante una storia che più semplice non si può, un merito che comunque è da dividere equamente con Richard Farnsworth che nell'ultimo ruolo della sua vita regala un'interpretazione pazzesca (merita tuttavia una nota positiva anche la bravissima Sissy Spacek, qui particolarmente espressiva, e riesce a dare proprio l'idea di una donna ingenua, e forse leggermente disturbata, ma di buon cuore ed amorevole verso il proprio padre, nell'interpretazione di Carrie era praticamente inarrivabile, ma anche qua offre una performance di livello). Commovente e malinconico al punto giusto, a mio avviso rimane comunque lontano dall'essere un capolavoro. Voto: 7,5

martedì 30 giugno 2020

Cuore selvaggio (1990)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/06/2020 Qui - L'ho apprezzato, ma non fino in fondo. Il difetto maggiore è che ti colpisce di striscio, nonostante alcune belle scene. Il fascino è infatti indubbio, e le citazioni ricchissime, però è tutto spinto all'eccesso, forse troppo, e la provocazione finisce per smorzarsi, così come l'inventiva, scadendo quasi nel manierismo. Un film che ha i suoi alti e bassi, in virtù di un'alternanza ritmica che per scelta stessa del regista spezza la catena in più punti, appiattendone il bilancio generale. Comunque un film che è un mix di generi, dal pulp al genere azione, dall'erotico al romantico, on the road, un po' visionario, in alcuni tratti. Cuore selvaggio (basato sul romanzo omonimo di Barry Gifford) possiamo definirlo come una storia dove gli opposti si incrociano: tenerezza e violenza, il dramma e il grottesco. La scena iniziale è molto cattiva, forse tra le più cruenti del film, il finale invece è molto romantico, si sapeva che finiva così, ma è fatto bene. Lodevole la scelta di ambientazioni e colonne sonore suggestive e simboliche, così come lodevole può essere definita l'interpretazione di un Nicolas Cage nel cuore della carriera, folle al punto giusto da seguire David Lynch nella sua crociata in nome del surreale. Non male comunque, sia William Dafoe, sia Harry Dean Stanton (visto recentemente anche in 1997: Fuga da New York), che soprattutto una giovanissima e sexy Laura Dern, immancabili infine alcuni suoi attori feticci, Grace ZabriskieSheryl Lee e Sherilyn Fenn. Buona prova di David Lynch, un film spietato, malato, cattivo ma anche romantico, un po' lontano dai canoni del regista, ma tutto sommato riuscito bene. Note importanti: l'assegnazione della Palma d'oro a Cannes. Voto: 6

martedì 18 febbraio 2020

Mollami (2019)

Titolo Originale: Mollami
Anno e Nazione: Italia 2019
Genere: Commedia
Regia: Matteo Gentiloni
Sceneggiatura: Matteo Gentiloni
Cast: Martina Gatti, Adriano Novelli, Maria Chiara Giannetta, Neri Marcorè
Caterina Guzzanti, Gianmarco Tognazzi, Alessandro Sperduti
Durata: 81 minuti

Road movie targato Sky Original diretto da Matteo Gentiloni.
Un'adolescente problematica viene costretta dal padre ad andare in collegio, ma il viaggio non sarà semplice.

giovedì 30 gennaio 2020

Il mio nome è Thomas (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/01/2020 Qui
Tema e genere: Un road movie drammatico che, dedicato a Bud Spencer, segna il ritorno di Terence Hill dietro e davanti la macchina da presa.
Trama: Thomas, arzillo anziano, in sella sulla sua moto verso la Spagna conosce la giovane scapestrata Lucia. Fra i due si crea da subito un legame di amicizia che viene cementato dalla forzata prosecuzione del viaggio insieme.
Recensione: Operazione nostalgia (giacché a prima vista sembrerebbe scritto su misura per il suo personaggio, sulla falsa riga di quello che fu il suo leggendario Trinità, solo aggiornato ai tempi nostri con una motocicletta al posto del cavallo, un incipit che è purtroppo però l'unica cosa interessante del film) per il buon vecchio Terence che dedica il film al compagno di tante, indimenticabili avventure, elaborando una storia che è una sorta di inno all'amicizia, alla libertà e alla vita con le sue tante strade da percorrere e i tanti luoghi da visitare nell'infinito cielo stellato. Una storia diretta però in maniera fredda, da fiction televisiva (un mondo a cui Hill sembra ormai assuefatto), interpretata in maniera ordinaria, dotata di dialoghi poco incisivi e scene che alternano banalità a poetica malinconia, senza avere il giusto fascino per meritare una considerazione maggiore. La regia di questo film, un film scritto dallo stesso Terence Hill in collaborazione con Luisa Tonon, e prodotto da Jess Hill (figlio dello stesso Terence), è infatti totalmente anonima, poco più che televisiva.

mercoledì 30 ottobre 2019

Un re allo sbando (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/10/2019 Qui
Tema e genere: Commedia surrealista che racconta l'Odissea in chiave documentaristica di un re belga il cui stato vive una profonda crisi d'identità.
Trama: Mentre è in visita in Turchia, dove dovrebbe girare un documentario per rilanciare la sua immagine, il re del Belgio viene a sapere che in Patria si rischia la guerra civile e decide di rientrare infrangendo ogni protocollo.
Recensione: Presentato al Festival di Venezia 2016 casualmente a pochi giorni dal tentato colpo di Stato in Turchia, la commedia travestita da documentario (o meglio mockumentary) di Peter Brosens e Jessica Hope Woodworth riesce nella difficile impresa di unire in un road movie dinamico e incalzante una notevole comicità e un'altrettanta capacità di riflessione. I personaggi della corte belga, ritratti con un gusto per il surreale che non impedisce di creare una grande empatia, quello del documentarista d'assalto semi-fallito che si lascia ingaggiare per il rilancio di immagine di un sovrano dall'aria triste e poi non perde l'occasione di dare una sterzata imprevista al suo lavoro su commissione, così come l'ex comandante militare dal grilletto facile e i paesani dal cuore d'oro: sono solo alcuni dei caratteri, sempre ai limiti dell'eccesso, che costellano un racconto decisamente dinamico. Le disavventure del sovrano che, deciso a tornare in patria per evitare la scissione della Vallonia, sfida sia la tempesta solare che ha messo fuori gioco telefonini e aerei che le autorità turche che rifiutano di fargli fare il viaggio via terra, sono l'occasione per decostruire la freddezza del protagonista, smontare le convenzioni della sua "squadra" e per ridare a quest'uomo solitario e un po' triste la voglia di agire ed essere felice. Nel frattempo il viaggio, spassoso e surreale, consente ai due autori di affrontare le contraddizioni di un'Europa tutt'altro che unita, sfiorando con leggerezza, ma non senza serietà le ferite aperte dei paesi balcanici, ma senza tralasciare di lanciare pesanti frecciate anche agli stati "centrali", che sono incapaci di trovare un punto di incontro persino al loro interno. E insomma film inaspettato e godibile, che inoltre regala, sul filo del rasoio, anche momenti di verità e commozione, momenti che elevano il film, un film decisamente riuscito.

domenica 21 luglio 2019

Easy - Un viaggio facile facile (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/07/2019 Qui
Tema e genere: Commedia on the road dai risvolti malinconici.
Trama: Un ex pilota aspirante campione, da anni depresso e obeso, accetta una strana richiesta dal fratello: portare in Ucraina la bara di un operaio morto per un incidente sul lavoro. Tutto facile? Mica tanto.
Recensione: Ancora un pilota protagonista al cinema, dopo il Loris De Martino di Veloce come il vento. Ancora una storia di fallimento, benché raccontata con toni lievi da Andrea Magnani. E ancora una bella sorpresa, da un cinema italiano che sempre più spesso si adagia e indugia su temi banali e stereotipi, tanto che ultimamente lo evito più frequentemente di prima. Ma in questo caso mai scelta fu più giusta, perché davvero riuscito è questo film. Un film di una leggerezza inusitata ma nello stesso tempo di una dolcezza interiore che non t'aspetti, tutto con un passo asciutto, sornione, con poche parole e niente virtuosismi inutili di macchina. Un divertimento mai sguaiato, incantevole e, soffusamente, surreale. Impaginato con un bello stile visivo, che a tratti ricorda i western, e accompagnato da un umorismo surreale tra Aki Kaurismaki e il cinema nordico (per minimalismo espressivo, vedi Virgin Mountain), l'opera prima (dopo tanti corti e documentari) di Andrea Magnani è infatti un'operina interessante e ben fatta (una pellicola deliziosa dall'atmosfera insolita e immediatamente riconoscibile), che si poggia sull'eccellente prova di Nicola Nocella (che si rivelò nel 2010 con Il figlio più piccolo di Pupi Avati), affiancato da un Libero De Rienzo un po' troppo uguale ad altri suoi ruoli nei panni del fratello, mentre il cameo di Barbara Bouchet si fa apprezzare, anche per autoironia. Una piccola opera che ha il coraggio di distaccarsi dai generi più in voga nel panorama cinematografico italiano, un road movie dalle atmosfere quasi scandinave, che attraverso un sottilissimo umorismo, una forte componente visiva, ma soprattutto un'interpretazione straordinaria, riesce a sorprendere. Easy - Un viaggio facile facile difatti, che racconta di un viaggio (nell'est Europa) costellato da una serie incredibile di sciagurati eventi e tanti paradossali inconvenienti, fa sorridere e fa riflettere. Tanto è vero si sorride, ci si lascia coinvolgere dagli eventi e si viene indotti in piccole riflessioni catartiche, utili a rendere questo Easy un viaggio di emozioni e sensazioni diverse facili da assimilare. Giacché questo viaggio pieno di ostacoli, quasi surreale, mette in primo piano, tra le altre cose, il tentativo di dare una scossa alla propria vita, sprofondata in uno stato di confusione cronica, come quella del protagonista incapace di cambiare "marcia". E insomma una pellicola (riuscita e convincente) che ricorda più il cinema estero che quello italiano. Una commedia sottile, triste e faticosa, ma ottimista. Porta sullo schermo un cinema indipendente che trae la sua forza da un soggetto accattivante e una realizzazione elegante. Un piacevole (desolato in tutti i sensi) viaggio a fianco di Easy, la bara di Taras e un carro funebre che si guadagna un posto tra i mezzi di locomozione più iconici in un road movie. Eppure, c'è qualcosa di troppo scritto e programmatico nella storia, che si innerva in tanti piccoli episodi cui si fatica a credere nonostante i disagi mentali di Isidoro. Mentre la voluta lievità del film si scontra a volte con scene sopra le righe o dovrebbero far ridere e non ce la fanno, con un umorismo più "imitativo" che originale e, soprattutto, efficace. Mentre il progressivo affondo emotivo porta a un finale meno toccante di quanto poteva essere. Un discreto esordio, con un ottimo protagonista e un gusto universale per il racconto, ma che vorrebbe essere poetico e risulta un po' forzato e a tratti irritante. Anche se il finale ha un bel guizzo, di quelli che migliorano un film non perfetto, ma anche che fanno pensare a come poteva essere più robusta tutta l'operazione con un po' più di cura. Tuttavia anche così, è innegabile non elogiare questa operazione, un'operazione originale ed interessante, ma soprattutto bella, simpatica ed ironicamente malinconica. Semplicemente irresistibile.

giovedì 11 luglio 2019

In viaggio con Adele (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/04/2019 Qui - In viaggio con Adele (Dramma, Italia 2018): Aldo Leoni (Alessandro Haber), attore teatrale dal pessimo carattere, ipocondriaco e pieno di fisime, burbero e scostante, scopre di avere una figlia, Adele (Sara Serraiocco), affetta da un deficit psicologico decisamente ingestibile. Un viaggio in macchina attraverso la Puglia sarà l'occasione per conoscersi meglio e scoprire di essere più vicini del previsto. Il primo vero e proprio film (dopo alcuni corti, lavori televisivi e collaborazioni: tutte occasioni per allungare e approfondire la "gavetta") di Alessandro Capitani è questo film, un piccolo road movie scritto dal lanciato sceneggiatore Nicola Guaglianone e ricavato da un vecchio progetto accantonato del protagonista Haber, che firma anche il soggetto insieme allo stesso Guaglianone e a Tonino Zangardi (recentemente scomparso). Il risultato è una storia piccola e fragile (che si concede troppe ingenuità), ma animata da un candore spiazzante ed emotivamente molto forte, gravata tuttavia da tanti passaggi grossolani e da una tendenza a lavorare per macchiette, specie sui personaggi di contorno, che fatica a dare al film l'originalità che meriterebbe. Il viaggio, oltretutto (un viaggio altamente classico che si perde in routine più o meno conosciute), è mal percepito e di fatto inesistente tanto in scrittura quanto in regia, ma tale visione angusta del paesaggio e dei luoghi attraversati permette allo stesso tempo ai due protagonisti di creare un legame tutt'altro che dimenticabile, in cui l'energia bizzarra e difficilmente censurabile di Adele fa i conti con la vita sbalestrata e in frantumi del personaggio di Haber, schiavo di nevrosi e insicurezze personali tanto malcelate quanto paralizzanti e invalidanti.

lunedì 3 giugno 2019

Diario di una schiappa: Portatemi a casa! (2017)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/08/2018 Qui - A cinque anni dal terzo capitolo della serie di film tratta dall'omonima serie di libri per bambini di Jeff Kinney, ecco tornare il giovane e imbranato Gregg Heffley nel film Diario di una schiappa: Portatemi a casa! (Diary of a Wimpy Kid: The Long Haul), film del 2017 diretto da David Bowers. Questa volta deve vedersela con il più improbabile e burrascoso dei viaggi in macchina, in cui sua madre Susan coinvolge l'intera famiglia. Alle prese con i soliti problemi preadolescenziali, Gregg (un ragazzo della scuola secondaria di primo grado, le nostre medie, per intenderci, che è una vera schiappa, nel senso che gli va tutto storto nonostante faccia di ogni per diventare popolare) cercherà invano il modo di migliorare la sua vita, con l'unico inevitabile risultato di continuare invece a peggiorarla. Il film del regista anche dei precedenti due capitoli quindi, è totalmente diretto al pubblico di giovanissimi, giacché nell'impalcatura narrativa che regge la storia non tenta minimamente di strizzare l'occhio a fasce di pubblico adulte, anche se questo capitolo, confezionato come una commedia degli eccessi (tra battute, gag e scene parossistiche), è l'occasione per affrontare tanti temi importanti per i ragazzi in età scolare: il gap generazionale tra genitori e figli, l'incomprensione di cui si sentono vittima i ragazzi, il fenomeno del divismo su YouTube e la celebrità a ogni costo. Senza dimenticare che il film sviscera in modo intelligente il concetto di famiglia, perché non basta per rendere davvero unita una famiglia costringere tutti a non postare sui social o mandare messaggi su Whatsapp per sentirsi un gruppo unito, ma è con l'esperienza, la condivisione, e soprattutto con il fare squadra (in questo caso contro la famiglia Barbù che li ha presi di mira dopo un'incomprensione e che ha rubato loro tutte le valigie con dentro l'album da regalare alla bisnonna di novant'anni) ad aiutare e avvicinare tutti per vivere in armonia la famiglia.

giovedì 16 maggio 2019

Viaggio verso la libertà (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/03/2018 Qui - Viaggio verso la libertà (Commedia, Usa 2014): The Road Within (dal titolo originale) offre un bel ritratto di personaggi che convivono con delle malattie mentali ed attraverso una semplice struttura da road movie ne seguiamo la loro evoluzione. Ci sono discreti spunti come il rapporto con la malattia, il sentirsi dei reietti nei confronti della società e delle famiglie in particolare che li considerano una fonte di imbarazzo. Peccato che quest'opera prima di Gren Wells, non particolarmente originale dal punto di vista dei contenuti e della regia (una banale miscela fra commedia e dramma), non esita a fare di una sceneggiatura potenzialmente ben studiata un film di sentimenti superficiali e prevedibili. Un'opera altresì non propriamente sostenuta discretamente dai suoi promettenti tre (ma sfruttati malissimo) protagonisti. Non solo Robert Sheehan (Nathan di Misfits), alle prese con una sindrome (la sindrome di Tourette) non facile da recitare (e si vede), ma anche Zoë Kravitz (visibilmente dimagrita per la parte) troppo "fumosa" nella parte di un'anoressica e soprattutto Dev Patel, ridotto a semplice macchietta (un po' come succede agli adulti Robert Patrick e Kyra Sedgwick). Non dimenticando una narrazione che si perde in una sequenza di scene a volte fini a se stesse, lasciando per strada una buona parte di coerenza interna, scivolando infine in un finale inconcludentemente consolatorio (che non chiude a dovere le tre storie), ulteriormente affossato da una colonna sonora tronfia e a tratti fuori luogo. Certo, questa è certamente una pellicola "necessaria", ma se da una parte non vengono mai a mancare la sensibilità e l'attenzione verso i personaggi e la loro difficoltà a inserirsi nel mondo, dall'altra queste buone premesse non vengono incanalate in un messaggio incisivo e appagante. Tanto che il film alla fine risulta troppo banale e melenso per piacere. Voto: 5

sabato 23 marzo 2019

Viaggio da Paura (2014)

Mini Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2017 Qui - Viaggio da Paura (Avventura, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Libano, 2014): Il viaggio da Abu Dhabì a Beirut per andare a visitare la tomba di un amico morto anni addietro è lo spunto che il regista sfrutta per mettere in piedi From A to B (nella versione originale), sua prima escursione nell'ambito della commedia on the road. Escursione che deve in parte alla popolare serie cinematografica americana Una notte da leoni, ma che effettua la infelice scelta di ricorrere a un taglio narrativo generale piuttosto statico, ulteriormente penalizzato da situazioni comiche che, in realtà, non riescono in alcun modo a divertire. Giacché questo strano film, in bilico tra orrore e commedia, non ha né il tono, né il passo per farlo. Ci sono momenti esilaranti, ma sono sostanzialmente  offuscati da un vero e proprio dramma umano e sociale, da una situazione politica in bilico, da una guerra civile che semina morti in ogni dove. C'è quindi la sensazione che il tema affrontato è talmente grave, da non consentire una lettura dal tono farsesco o demenziale, che invece viene spesso utilizzato per colorare appunto questo grottesco film. Suggestiva infine la fotografia e i paesaggi ma è davvero un film troppo statico e inconsueto per farsi valere. Voto: 5+

martedì 8 gennaio 2019

Tutta colpa del vulcano (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 11/07/2016 Qui - Simpaticissima e divertentissima commedia on the road, Tutta colpa del vulcano, che prendendo spunto da un fatto successo veramente in Islanda nel 2010, ovvero l'eruzione di un vulcano islandese dal nome impronunciabile (Eyjafjallajökull, titolo originale) mette in scena una rocambolesca commedia sentimentale. Il film (del 2013), dai produttori di "Quasi amici", narra le vicende di una coppia, separata ormai da vent'anni (che si odiano), che si rincontra per caso nello stesso aereo nel corso del viaggio verso l'isola di Corfù (in Grecia) dove la loro figlia si sta per sposare. Peccato che l'eruzione del vulcano, riempia di cenere i cieli di mezza Europa, costringendo così il loro aereo a un atterraggio di emergenza a Stoccarda. Costretti difatti a proseguire il viaggio su mezzi di fortuna, l'avversità reciproca non tarderà a riemergere e sarà fonte quindi di innumerevoli guai, un odio reciproco che sfogheranno perciò a suon di dispetti. Perché da qui inizia il viaggio interminabile in vari paesi dell'Europa, con relativo corollario di guai ed imprevisti, (essi infatti incapperanno in molteplici, a volte persino pericolose, avventure), e anche se malgrado i numerosi tentativi cercati l'uno nei confronti dell'altra al fine di continuare il viaggio per conto proprio, dovranno affrontare il percorso verso la Grecia via terra insieme, riuscendo però a raggiungere finalmente la loro tanto amata figliola proprio in tempo per le nozze. Questa commedia francese è molto divertente e nella sua leggera freschezza risulta pertanto molto piacevole a guardarsi.

venerdì 21 dicembre 2018

The Rover (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/03/2016 Qui - The Rover è un film del 2014 diretto da David Michôd, gli interpreti principali del film sono Guy Pearce, Robert Pattinson e Scoot McNairy. In un futuro prossimo, dove il mondo è devastato dalle guerre, il solitario Eric intraprende un lungo viaggio attraverso il deserto australiano, alla ricerca dell'unica cosa che possedeva, la sua automobile, che gli è stata rubata da una gang di criminali. L'uomo è costretto ad intraprendere il viaggio con il giovane Rey (un irritante Pattinson con la sua parlata da deficit cognitivo che purtroppo ha il ragazzo, ma è veramente brutto da vedere e sentire), membro della gang abbandonato e ferito dopo l'ultimo colpo della banda. Trovare un lato romantico o intellettuale alla storia sarebbe impossibile poiché ciò che si vede è un road movie in cui un uomo determinato (anche se perseguitato da un senso di colpa e di profonda disillusione che emergerà solo a un certo punto della vicenda) cerca di raggiungere ed eliminare fisicamente chi lo ha derubato in uno spazio che è deserto come l'anima di chi lo attraversa.

sabato 15 dicembre 2018

Fuga in tacchi a spillo (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/03/2016 QuiFuga in tacchi a spillo (Hot Pursuit) è un film del 2015, con protagoniste Reese Witherspoon e Sofía Vergara. Cresciuta sul sedile posteriore di una macchina della polizia, Rose Cooper è diventata un'agente tutta d'un pezzo portata a combinar guai dal suo eccesso di zelo. Lei, sempre ligia nel rispetto delle regole, impermeabile (suo malgrado) al fidanzamento, è nota nella sua stazione di polizia dopo un colpo partito nei confronti del figlio del sindaco, da qui il termine "cooperata". Confinata per anni ad archiviare le prove in un bugigattolo della centrale, ottiene finalmente l'incarico di uscire per scortare a Dallas la moglie di un pentito del clan di Cortèz, boss del narcotraffico. Presto, la piccoletta e rigida (un po' ottusa poliziotta) Cooper e la slanciata signora Riva, una scoppiettante vedova, tutta curve e diamanti in valigia, si ritroveranno ad essere le uniche sopravvissute ad un'imboscata: una strana coppia in fuga dai proiettili e in perenne battibecco reciproco, un viaggio attraverso il Texas, a braccarle, poliziotti corrotti e spietati killer a pagamento, trovandosi così coinvolte in una storia molto complicata e pericolosa. Ma quando i ciak sbagliati riproposti sui titoli di coda sono la sequenza forse più divertente del film, non ci vuole un tesserino da detective per capire che c'è qualcosa che non va.

sabato 3 novembre 2018

Come una donna (2012)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/01/2016 Qui - Come una donna (Just like a woman) è un viaggio on the road di due donne alla ricerca di se stesse in fuga da un matrimonio che sembra ormai compromesso. Marilyn (Sienna Miller) perde il lavoro e la fiducia nell'amore, scoprendo che il marito, che mantiene e sopporta, la tradisce con un'altra. Decide allora di salire in macchina e viaggiare da Chicago al New Mexico, dove un provino per danzatrici del ventre potrebbe cambiarle la vita. Contemporaneamente, Mona (Golshifteh Farahani), una giovane araba che subisce da anni gli insulti della suocera perché non riesce a fare figli, a causa di un grave incidente domestico, si fa prendere dalla paura e scappa di casa. Le due donne si ritrovano così a viaggiare insieme, sperimentando la sensazione di libertà ma anche la violenza razzista e psicologica. Dopo aver capito il loro posto nel mondo decidono di ritornare a Chicago per rimettersi in gioco. Bella la colonna sonora, un film (del 2012) delicato ma piacevole. Voto: 6

venerdì 26 ottobre 2018

These Final Hours (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 13/12/2015 Qui -  These Final Hours è un road movie (del 2013) apocalittico atipico, non precipita nel solito film catastrofico, fra palazzi barcollanti, fenomenali tsunami o insistiti tremori, l'immane catastrofe resta sullo sfondo, lasciando spazio all'umanità di un ragazzo che con l'approssimarsi della fine, abbandona l'idea di morire festeggiando e tenta di realizzare l'ultimo desiderio di una sfortunata bambina, salvata da un destino infausto. L'impatto di un asteroide sul versante nord dell'Oceano Atlantico sta cancellando la Terra, continente dopo continente. A Perth, Australia, la fine è prevista entro dodici ore: per l'ultima volta, James fa l'amore con Zoe per poi mettersi in macchina verso la festa che metterà fine a tutte le feste (organizzata dal fratello della sua ragazza Vicky, una Festa dove far sesso continuamente, giocare ad uccidersi, sballarsi, vivere al massimo le ultime ore). James scappa, non tanto dall'apocalisse, ma dalla immoralità e dalla decadenza umana. Sarà l'incontro, lungo il tragitto, con una piccola bambina (Rose), che salva dalle grinfie di due pedofili, desiderosa soltanto di raggiungere il suo papà prima della fine di ogni cosa, a cambiarlo. Il semplice gesto e il legame che si crea tra i due porterà James su un percorso di redenzione, che cambierà radicalmente il valore delle sue ultime ore e lo riporterà al punto di partenza, costringendolo ad affrontare il suo passato, sostituendo un amplesso automatico con il romanticismo di un abbraccio. E così, mentre Zoe troverà forse in James quella figura paterna che in quel momento gli manca, lo stesso James in sole 10 ore diventerà probabilmente un altro uomo.

martedì 18 settembre 2018

Io sono tu (2013)

Mini recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/09/2015 Qui - Io sono tu (USA, 2013), andato in onda qualche tempo fa in prima visione su Italia1. Fondi illimitati hanno permesso a Diana (Melissa McCarthy) di fare la bella vita alla periferia di Miami, dove la regina dello shopping compra tutto ciò che colpisce la sua fantasia. C’è solo un inconveniente: il nome che appare sulla carta di credito utilizzata per finanziare queste spese folli è “Sandy Bigelow Patterson” ed appartiene ad un contabile che vive dall'altra parte degli Stati Uniti. Con solo una settimana a disposizione per rintracciare la truffatrice prima che il suo mondo imploda davanti ai suoi occhi, il vero Sandy Bigelow Patterson (Jason Bateman) si dirige verso sud per affrontare la donna che gli sta rubando la vita, scoprendo quanto è difficile ottenere indietro il proprio nome. Lo spunto di partenza affonda le radici nella realtà quotidiana, quanti hanno subito un furto d'identità sanno quali e quante siano le complicazioni che ne seguono. In una Confederazione come sono gli Stati Uniti la cosa è ulteriormente complicata dalle differenti legislazioni tra Stato e Stato. Ha così inizio il classico on the road che sfrutta tutti gli elementi premendo un po' troppo spesso il pedale sull'esagerazione nelle gag a cui si aggiungono killer scatenati in caccia della truffatrice che poco aggiungono, se non sul piano della durata complessiva del film, a quanto la vicenda sembrava promettere all'inizio. Due bravi attori che gestiscono due tipi di commedia in un solo film, riuscendoci, ma con fatica. Prevedibile. Voto: 6-

martedì 11 settembre 2018

Amici come noi (2014)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/08/2015 QuiAmici come noi è un film italiano del 2014 diretto da Enrico Lando e interpretato da Pio & Amedeo. I due protagonisti sono Pio D'Antini e Amedeo Grieco, la coppia comica scoperta dalle Iene con la rubrica Gli Ultras dei Vip. E' un road movie su due amici inseparabili di Foggia che dovranno lasciare la loro amata città per sfuggire a una situazione piuttosto imbarazzante. Pio e Amedeo gestiscono a Foggia un negozio di pompe funebri high tech dal nome Hai l'Under (traduzione errata di Highlander). Pio sta per sposare Rosa, una maestrina locale, ma tramite Amedeo scopre che in rete circola un video hard in cui appare la ragazza. Pio e Amedeo decidono allora di lasciare la cittadina pugliese (Fuggi da Foggia la canzone di sottofondo, scritta appositamente per l'occasione è stata ideata dal comico Checco Zalone) dirigendosi prima a Roma e poi a Milano. I due hanno intenzione di chiedere allo zio ricco 30 000€ per aprire una attività di pompe funebri nella stessa città. Lo zio però non accetta, così i due amici decidono di rapire il suo amato pappagallo, per poterlo poi ricattare. Con l'aiuto di due amiche di Amedeo chiedono il riscatto, ma sfortunatamente il pappagallo muore per malnutrizione. Nel frattempo uno strozzino insegue Amedeo sino a Roma, costringendo i due a fuggire più a nord.

venerdì 7 settembre 2018

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/08/2015 Qui - Le pagine dei romanzi e gli schermi cinematografici sono pieni di arzilli vecchietti birichini e imprevedibili. A volte addirittura veri delinquenti, ma quasi sempre raccontati con una vena d'umorismo che ce li rende inevitabilmente simpatici. Capelli bianchi, schiena incurvata, artrosi, un inizio di demenza senile... tutti elementi che indurrebbero a pensare a un saggio e sedentario uomo (o donna) d'età, al più portato a ripetere sempre i medesimi racconti della gioventù e predisposto a perdere la via di casa. Già, ma non è tutto oro ciò che candidamente riluce. E non sono tutti "domabili" i teneri vecchietti. Ne sa qualcosa la burbera direttrice della casa di riposo in cui soggiorna Allan. Nel giorno del suo compleanno il centenario scappa dalla finestra verso una meta ignota, ma prima di salire sul primo autobus in partenza, riesce anche a portarsi via la valigia di un giovane che l'affida a lui per andare alla toilette, certo dell'onestà di un anziano così anziano. Giunto ad una prima destinazione incontra un contadino con il quale scopre il contenuto della valigia e da quel momento cerca di mettere a frutto il denaro non comprendendo bene di essere al centro di una clamorosa caccia all'uomo da parte della mafia, il giovane infatti non è un samaritano ma un membro di un'organizzazione criminale e il vecchio non è esattamente onesto. Nel suo viaggiare Allan ricorda spezzoni della propria vita, dall'infanzia e la passione per le esplosioni, alla giovinezza come dinamitardo nella guerra civile spagnola, l'amicizia con Franco e poi il lavoro al progetto Manhattan, il servizio per Stalin, il controspionaggio e alla fine l'involontario ruolo nella caduta del muro di Berlino. Ma saranno più pericolosi il giovane delinquente o gli innocenti vecchietti?