Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/08/2015 Qui - Le pagine dei romanzi e gli schermi cinematografici sono pieni di arzilli vecchietti birichini e imprevedibili. A volte addirittura veri delinquenti, ma quasi sempre raccontati con una vena d'umorismo che ce li rende inevitabilmente simpatici. Capelli bianchi, schiena incurvata, artrosi, un inizio di demenza senile... tutti elementi che indurrebbero a pensare a un saggio e sedentario uomo (o donna) d'età, al più portato a ripetere sempre i medesimi racconti della gioventù e predisposto a perdere la via di casa. Già, ma non è tutto oro ciò che candidamente riluce. E non sono tutti "domabili" i teneri vecchietti. Ne sa qualcosa la burbera direttrice della casa di riposo in cui soggiorna Allan. Nel giorno del suo compleanno il centenario scappa dalla finestra verso una meta ignota, ma prima di salire sul primo autobus in partenza, riesce anche a portarsi via la valigia di un giovane che l'affida a lui per andare alla toilette, certo dell'onestà di un anziano così anziano. Giunto ad una prima destinazione incontra un contadino con il quale scopre il contenuto della valigia e da quel momento cerca di mettere a frutto il denaro non comprendendo bene di essere al centro di una clamorosa caccia all'uomo da parte della mafia, il giovane infatti non è un samaritano ma un membro di un'organizzazione criminale e il vecchio non è esattamente onesto. Nel suo viaggiare Allan ricorda spezzoni della propria vita, dall'infanzia e la passione per le esplosioni, alla giovinezza come dinamitardo nella guerra civile spagnola, l'amicizia con Franco e poi il lavoro al progetto Manhattan, il servizio per Stalin, il controspionaggio e alla fine l'involontario ruolo nella caduta del muro di Berlino. Ma saranno più pericolosi il giovane delinquente o gli innocenti vecchietti?
Da coppia a scalcagnata combriccola il passo è breve e i nostri anziani si troveranno in compagnia di altri personaggi, altrettanto folli. La vita è un'avventura incredibile, piena di incontri strani, importanti e di fatalità. Così è e sarà per sempre. Per tutto il tempo in cui la si vive, anche per cent'anni. Dall'omonimo best seller di Jonas Jonasson il regista svedese Felix Herngren ha tratto un film (del 2013) con l'obiettivo di rispettarne l'umorismo e la chiave lunatica e spietata che ne aveva sancito il successo letterario. Il risultato non può non ricordare la matrice fondamentale d'ispirazione ovvero Forrest Gump, l'idiot savant che attraversa il novecento con ingenuità e in questa maniera si ritrova protagonista della storia. Alla parabola da Forrest Gump, la vita di Allan Karlsson aggiunge l'espediente che fa operare al film il salto da commedia a comico, cioè un impossibile ruolo attivo nel dare forma agli eventi più importanti. Intorno al corpo comico molto noto in patria di Robert Gustafsson, invecchiato ad arte e poi giovane nei flashback, girano tutti gli altri personaggi ma senza stringere mai con lui relazioni significative. Come nel cinema comico puro Allan Karlsson è motore di gag e non di situazioni, non vive in un mondo che visto attraverso lo sguardo del film è esilarante ma crea situazioni divertenti in un mondo apparentemente grigio, porta il disordine dove dovrebbe altrimenti vigerebbe un rigido ordine (sia quello costituito che quello del crimine), trovando così l'umorismo. Mi sono divertito a vedere questo film, è ironico, cinico e irriverente oltre che divertente. Voto: 7
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