domenica 30 settembre 2018

Jimi: All Is By My Side (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/09/2015 Qui - Dal premio Oscar John Ridley (migliore sceneggiatura non originale per 12 anni schiavo) il biopic sulla leggenda del rock Jimi Hendrix. La pellicola (del 2013) Jimi: All Is By My Side racconta mister Hendrix da una prospettiva nuova, poco battuta: quella della sua ascesa nella swingin' London degli anni sessanta, ripercorrendo la vita del musicista basandosi su vere interviste e materiale d'archivio e proponendo di raccontare il talento e la vita privata di Jimi Hendrix. Un biopic che pare una vera biografia, perché quando si vede Hendrix flirtare con la sua chitarra è come vedere l'originale suonare, ma l'aspetto più originale e interessante di questo lavoro su Hendrix, visto che negli anni tanti ne sono stati prodotti, è che Ridley accantona le congetture legate alla sua morte, sempre in equilibrio tra tesi fantasiose e moralismi beceri, per concentrarsi sul periodo musicalmente più creativo. A interpretarlo è André Benjamin, rapper degli Outkast, che unisce a una straordinaria somiglianza fisica un notevole lavoro sulla caratterizzazione vocale. Un solo anno nella vita di Jimi Hendrix, dall'anonimato come turnista per Curtis Knight all'affermazione in terra britannica con la Jimi Hendrix Experience, tra donne che lo guidano, come Linda Keith, o che provano a amarlo, come Kathy XXX fino al giorno prima dell’indimenticabile esibizione di Monterey nel 1967, dove il musicista di Seattle, dando fuoco alla sua chitarra, entrò nella storia del rock. Il difficile equilibrio che è croce e delizia di ogni biopic (rispetto verso l'oggetto della narrazione e gratificazione dei fan da un lato, riuscita del film come opera d'arte autonoma dall'altro) porta a rari casi realmente soddisfacenti in ambito rock.
















Su Jimi: All is by My Side però pesa come un macigno, prevedibilmente, l'impossibilità di utilizzare i brani firmati da Hendrix stesso, per esplicita volontà degli eredi. Considerato l'handicap grave di partenza con cui Jimi: All is by My Side ha dovuto fare i conti, lo sforzo di Ridley è encomiabile e induce a sorvolare sui molti punti di debolezza del film, che insiste sul ruolo di Imogen Poots (nei panni di Linda Keith) fino a renderla una sorta di coro, un punto di riferimento morale che veglia sulla vita di Jimi cercando di indicargli la retta via, sistematicamente smarrita. Tuttavia sono anche notevoli i deficit di scrittura, tali da far apparire Jimi perlopiù come un hippy superficiale che parla di colori e marziani destinati a tornare sulla Terra, con contorno di violenze domestiche e gratuite sulle malcapitate compagne. Una riduzione ai minimi termini del Mito che suona ancor più contraddittoria perché evidentemente involontaria, in un testo che si presenta come tutt'altro che critico verso l'oggetto della narrazione. Anche il confronto con l'impegno politico del militante nero Michael X resta abbozzato e non sortisce gli effetti sperati nella storicamente difficile contestualizzazione socio-politica di Hendrix (secondo la leggenda un ribelle iconoclasta, ma con pochi riscontri nelle testimonianze dirette). Sinceramente fino a poco tempo fa non sapevo neanche chi fosse, ma da sempre sento dire che è il più grande chitarrista di tutti i tempi (avrei voluto suonare la chitarra, in un'altra vita chissà) e che è un mito, una leggenda e in effetti sentendo le sue canzoni traspare la sua miticità ed emotività ma in questo film non filtra questo ma invece la sua complessità interiore, l'uso continuo della marijuana e il suo distacco dalla realtà che ha reso il film a tratti lento, noioso, complesso e distaccato. Voleva infondere al mondo il suo spirito, la sua ispirazione e ispirare gli altri con la sua musica, non gli importava del successo e proprio per questo viene ricordato come un'icona ma non credo sarà mai un esempio ma al massimo fonte d'ispirazione per le nuove generazioni. Voto: 6-

Nessun commento:

Posta un commento