Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/12/2015 Qui - È uno dei fenomeni mediatici del momento quello di comuni cittadini che armati di telecamera riprendono eventi di ogni genere per passare il materiale a tv private o siti d'informazione. Parte da qui l'idea dello sceneggiatore Dan Gilroy per lo sviluppo della sua prima regia in Lo sciacallo: Nightcrawler (2014). Una sbadata Los Angeles notturna dal traffico sfibrato accoglie nel suo ventre incidenti, sparatorie, rapine e omicidi. Nulla da eccepire finché non se ne accorge Lou Bloom (un ladro di materiali edili, senza alcuna formazione professionale ma determinato a trovare un lavoro in una congiuntura economica non facile, d'altronde chi assumerebbe un ladro) che quando, per caso, assiste a un incidente stradale e vede una troupe televisiva accorsa per riprendere l'accaduto e che è un vero lavoro, decide in che cosa "specializzarsi": si procura (rubando) una videocamera, una radio a bassa frequenza per captare il canale della polizia di Los Angeles e inizia a trascorrere le notti inseguendo i luoghi delle emergenze, in cerca di incidenti, furti e cronaca dura, per trasformare in denaro l’immagine più cruda, il primo piano più eloquente del ferito grave o il racconto più dettagliato di testimoni ancora sotto choc, e poi vendere il materiale ai network televisivi. Quando il business si farà più serio aumenterà anche la sua abilità ma non il suo senso del limite e dell'etica verso le vittime, arrivando persino (ai limiti della spietatezza) ad interferire sulle indagini di un efferato omicidio per realizzare uno scoop sensazionale. Lo stupro dell'etica e dell'umana sensibilità non viene soltanto da Lou, ma dalla direttrice di rete interpretata da Rene Russo. Il suo personaggio è interessato, ingordo e condivide con il protagonista di Jake Gyllenhaal cinismo e un'omessa ferocia votati a issare un dorato trampolino dal quale spingere nel vortice mediatico anche il pubblico.
E' un film (un thriller dai ricami polizieschi) che in maniera franca e senza troppi giri di parole (proprio come le stesse immagini inseguite e catturate dagli "sciacalli"...) ci mette di fronte alla più cruda delle equazioni, che converte crimini e vittime in dollari e centesimi. Più che un semplice film, un "nightshot" agghiacciante e illuminante, per certi versi inquietante perché riesce a costruire ben più di qualche banale riflessione su informazione e giornalismo, che romanza uno spaccato sui media, il mercenarismo e non solo, l'ingordigia nel nutrirsi di cattive notizie, sul superamento di qualsiasi confine etico, sulla sete di immagini scioccanti e raccapriccianti (quel che conta autentiche e in esclusiva) di cui ormai sembra non possiamo più fare a meno. E Lou (personaggio abitato da un Jake Gyllenhaal sgradevolmente straordinario, consapevole delle proprie azioni, sempre dotato di un piano molto preciso e calcolatore di ogni mossa, rinsecchito, dallo sguardo vitreo, enigmatico, mistico e pronto a mordere con la sua telecamera qualsiasi situazione disastrosa o truculenta, donando al suo personaggio sguardi e movimenti unici) comprende ancora meglio quanto, di lì a poco, il suo spingersi oltre, il suo manipolare, lo porterà ad avere il coltello dalla parte del manico, riuscendo a tenere alta la tensione dall'inizio alla fine. Tra dettagli su macchie di sangue e corse in auto, la sua ottima prova d'attore mette in piedi un giovane uomo agghiacciante, privo di simpatia ed empatia, isolato come un animale notturno e pronto a sfruttare a sua volta il suo driver, il bravo Riz Ahmed. Una pellicola semplicemente ottima, sebbene un po' lenta, che però non ha avuto il giusto riconoscimento, un thriller intelligente e per niente scontato. Voto: 7+
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