Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/06/2022 Qui - L'origine shakespeariana mutuata dal romanzo breve di Nikolaj Leskov
rendono questa Lady Macbeth un oggetto particolare, lo rendono un film
strano ed affascinante. Una protagonista eccellente (una già brava e
fulgida Florence Pugh, che da qui migliora progressivamente) per un film
che convince non tanto per la trama quanto per le atmosfere e il gusto
ricercato delle inquadrature oltre che per la tensione che permea
progressivamente la vicenda. Una vicenda dai tratti gelidi sullo sfondo
di una campagna spoglia e
isolata dal mondo, scenario perfetto per un dramma che sale lentamente
fino all'exploit finale. Un'impostazione molto teatrale ma certamente
efficace nel trasmettere un senso di crudeltà ai limiti del gratuito. Il
risultato è un film intrigante ma che non avvince del tutto. Tragica ma
priva di pathos nel senso più classico, la pellicola dell'esordiente
William Oldroyd, interessa e convince, però solo a metà. Voto: 6
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giovedì 30 giugno 2022
Lady Macbeth (2016)
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martedì 31 maggio 2022
Venom - La furia di Carnage (2021)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/05/2022 Qui - Un passetto indietro rispetto al (già deludente) precedente, perché al secondo
giro una sceneggiatura così semplicistica non basta più e si comincia a
risentire di uno schema ripetitivo (che non riserva colpi di scena).
L'umorismo è la cosa che funziona meglio perché l'azione stenta a
ingranare e il super scontro con Carnage sembra semplicemente un 2.0 di
quanto già visto nel primo capitolo. Sempre in parte Tom Hardy, ben
scelto Woody Harrelson (anche se non molto spessore ha il suo, come gli
altri cattivi, personaggio), più defilata e pleonastica la Michelle
Williams. Un simpatico passatempo (l'arguzia dell'alieno ed una vivace
colonna sonora danno brio ad un semplice film d'azione, da vedere senza
troppi pensieri) ma nulla di più, e forse visto che fa comunque
parte (seppur marginalmente e solo tramite i post credits) dell'MCU un
po' di impegno in più lo si poteva mettere. Voto: 5+
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venerdì 19 luglio 2019
Rampage - Furia animale (2018)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 27/06/2019 Qui
Tema e genere: Action basato sull'omonimo videogioco degli anni ottanta prodotto da Midway Games.
Trama: Un gorilla dal pelo argentato, un lupo e un rettile diventano creature mostruose a causa di un esperimento genetico andato per il peggio. Il primatologo Davis Okoye si unisce alle forze armate per impedire il disastro.
Recensione: La squadra di San Andreas, Dwayne Johnson eroe d'azione dai muscoli pronunciati e dal cuore d'oro, Brad Peyton in cabina di regia e Carlton Cuse alla sceneggiatura (insieme con Adam Sztykiel, Ryan Condal e Ryan Engle), prende il timone di un'altra produzione appartenente al filone catastrofico-fantascientifico. Una produzione che sfrutta il momento revival anni '80 per portare su schermo l'adattamento di un vecchio gioco cabinato, Rampage appunto, che offriva la possibilità di impersonare tre grottesche creature con il solo ed unico obiettivo di distruggere tutto quello che capitava a tiro. Un gioco (che non conosco ed a cui non ho mai giocato) quindi senza grosse pretese, come questo film, un film validissimo come intrattenimento trash. Nonostante una trama basilare per non dire esilissima, i sceneggiatori infatti, sono comunque riusciti ad estrarre un contenuto valido per rendere reale questo progetto e farlo approdare al cinema (lo scorso anno ovviamente). Un progetto in cui il regista, viste le fruttuose collaborazioni anche in Viaggio nell'isola misteriosa oltre a quell'altro, non può che scegliere proprio il volto del maschio alfa del cinema moderno per il suo protagonista. Con la sua prestanza fisica e l'immancabile carisma con il quale lima i suoi ruoli da duro, l'ex wrestler Dwayne Johnson diventa così il primatologo Davis Okoye. Dopo aver salvato un cucciolo di gorilla albino di nome George dai bracconieri, l'uomo cresce l'animale nel suo centro di accoglienza creando così un forte legame con esso. Quando la creatura si ritroverà a sua volta coinvolta in un incidente genetico che la vedrà ingrandirsi a dismisura, sarà compito del suo migliore amico, quello di fermarlo prima che commetta danni irreparabili alla popolazione di Chicago. Come se non bastasse, il gorilla non è l'unico animale ad aver subito una mutazione, anche un lupo ed un alligatore sono finiti vittime dello stesso trattamento e daranno manforte nella distruzione. Fortunatamente per Okoye, al suo fianco in questa missione potrà contare sull'aiuto della genetista Kate Caldwell, interpretata da Naomie Harris e sul misterioso agente governativo cui presta il volto Jeffrey Dean Morgan. Insieme questi individui dovranno fermare il prima possibile il malvagio e strampalato piano dei due fratelli a capo della compagnia che ha sviluppato il mutagene a causa di tutto questo. Tutti ingredienti ottimali insomma per un film d'azione che prometteva scintille e adrenalina per tutta la sua durata, promesse in parte mantenute. Infatti, sebbene le premesse fatte fossero ben poco invitanti, il film di e su Rampage non è da bocciare in toto. La trama piatta e semplicistica è visivamente ritagliata tutta attorno al ruolo del personaggio principale, ritagliando una cornice ben fatta, ma rimanendo comunque una base scarna utile solo per mostrare effetti speciali esagerati. Una realizzazione tecnica che diventa il lato forte, nonché vero fulcro di questo lungometraggio. Questi effetti, sono infatti veramente ben realizzati ed imponenti, nonché onnipresenti per l'intera proiezione. Tutto questo viene supportato nei momenti più calmi da un umorismo basilare che però riesce a strappare una risata nonostante tutto. Insomma, un prodotto di intrattenimento fine a se stesso e senza troppe pretese, utile a divertire e passare qualche ora di svago senza troppi pensieri.
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lunedì 20 maggio 2019
Moonlight (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/04/2018 Qui - Anche se esageratamente acclamato dalla critica d'oltreoceano e in parte da quella internazionale (è addirittura tuttora considerato dalla critica cinematografica uno dei film migliori della storia), ho visto comunque Moonlight, il film vincitore di 3 Oscar nella scorsa edizione. Comunque perché ero davvero dubbioso di come, e mai come questa volta, le aspettative alte potessero scontrarsi, date le promesse, con la realtà, una deludente realtà. Moonlight è infatti un film del 2016 "solamente" discreto scambiato per un quasi capolavoro da molti critici (professionisti), e l'esagerato numero di candidature agli Oscar più che un reale apprezzamento nei confronti del film appare più che altro come il tentativo da parte dei soci dell'Academy di smarcarsi dalle accuse di scarsa rappresentanza di minoranze etniche all'interno della cerimonia che gli avevano colpiti durante le precedenti edizioni. L'effetto di ciò è che un film non particolarmente eclatante come quest'opera seconda di Barry Jenkins, regista che per fortuna è riuscito (grazie al suo contributo in fase di sceneggiatura) a non fare sentire troppo la base originale dell'opera teatrale di cui è tratto, ovvero In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney (giacché le impostazioni teatrali molto spesso mi annoiano), ha finito per ottenere una visibilità e un riconoscimento che probabilmente non si meritava. Non fosse per il fatto che è narrata dal punto di vista di una comunità di emarginati, la storia è una di quelle che si sono già viste un centinaio, un migliaio di volte (quella del protagonista Chiron cresciuto in un sobborgo di Miami dove povertà, droga, crimine e mancanza di affetto sono le sfide quotidiane che deve affrontare, unite alla scoperta della propria omosessualità). E Moonlight è un film estremamente semplice, fin troppo talvolta, fino ad arrivare a sfiorare il semplicismo, che non è mai una cosa raccomandabile in questi casi. Non succede molto di realmente stimolante o che porti effettivamente a riflettere circa le tematiche trattate.
martedì 26 marzo 2019
Il traditore tipo (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 07/09/2017 Qui - Non grande ma leggera delusione e un po' troppa prevedibilità sono le prime parole che mi vengono in mente per descrivere Il traditore tipo (Our Kind of Traitor), film del 2016 diretto da Susanna White, basato sul romanzo di John le Carré Il nostro traditore tipo e sceneggiato da Hossein Amini. Il film infatti, che non è il classico thriller che lascia con il fiato sospeso, anche se tuttavia l'ho seguito ben volentieri fino alla fine, che comunque racchiude (nella sceneggiatura) la giusta suspense seppur non sufficientemente intrigante, non convince fino in fondo. I personaggi difatti sono certamente raccontati con differenziati (e giusti) approfondimenti psicologici, ma questi ultimi non sempre credibili. Eppure lo stesso, comunque altalenante nel suo evolversi tra momenti noiosi ed altri accelerati e in ogni caso lontano dai ritmi forsennati caratterizzanti alcuni recenti lavori dello stesso genere, è un film gradevole e ben girato. Nonostante quello che latita è proprio il senso della tensione spionistica (che da il senso al film), presente certo, ma non nella maniera irresistibile (per dire) della "Talpa" o de La Spia. In ogni caso però l'atmosfera è accattivante, complici ambientazioni di ottimo livello e giochi di luce curati nei dettagli, tanto che, sorvolando sulla storia, giocata tra mafia russa, servizi segreti inglesi, politici corrotti e una ignara pedina finita nel gioco suo malgrado, ma alla fine decisiva nello scioglimento della vicenda, un professore universitario di letteratura, evocativo, manco a dirlo, di Indiana Jones, a spiccare è soprattutto la magia della macchina da presa e la qualità della fotografia, ambedue potenti, magistrali, sontuose. Fosse solo per questo, il film meriterebbe di essere visto, ma altro di positivo e negativo c'è comunque in gioco.
domenica 17 marzo 2019
Collateral Beauty (2016)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/07/2017 Qui - Ci sono film che ci soddisfano pienamente, parzialmente o per niente. Collateral Beauty, film del 2016 diretto da David Frankel (regista del bellissimo Io & Marley e del passabile One Chance), mi ha soddisfatto collateralmente, anche se non ho capito esattamente cosa significa, ma vedremo dopo, intanto però una cosa è certa, Amore, Tempo e Morte, sono questi i tre elementi che caratterizzano tutte le nostre vite, come ci insegna Howard Inlet (Will Smith), brillante dirigente pubblicitario, prima che una tragedia devasti la sua esistenza. Howard, infatti, dopo la perdita della figlia non riesce più a mettere insieme i pezzi della sua vita, non ha voglia di parlare, non ha voglia di mangiare, non ha voglia di cedere la società. I suoi colleghi e soci (il trio Kate Winslet, Edward Norton e Michael Peña) sono così, dopo vari tentativi, costretti ad assumere un'investigatrice privata che dimostri l'incapacità del loro "capo" nel prendere decisioni. Ma l'investigatrice non è sufficiente, e per dimostrare lo stato di follia in cui riversa Howard (altresì scuoterlo e riportarlo alla consapevolezza che la sua vita non è finita), i tre colleghi riescono a coinvolgere un gruppo di attori amatoriali (Keira Knightley, Helen Mirren e Jacob Latimore) convincendoli a prendere parte a un piano del tutto surreale, un piano che in modi imprevedibili riuscirà nel suo intento. Che sia questo un film programmaticamente lacrimevole è ovvio, che si regga su un'astruso e contorto escamotage narrativo, è piuttosto vero. Però il film (visto su Infinity), a mano a mano che scorre, se si accetta l'assurdità dello spunto, conquista un interesse che si fa solido soprattutto verso la conclusione, quando la pellicola si tramuta, quasi, in un thriller sentimentale, con snodi che mettono a fuoco alcune cose apparentemente semplici da decifrare, ma che trovano concretizzazione solo alla fine. E se la regia di Frankel si premura, forse, di voler dare spiegazione a tante cose, d'altro canto mette tanto sentimento nel racconto, del cast le migliori sono le donne, da Naomie Harris, a Helen Mirren, a Keira Knightley e Kate Winslet, che tengono a freno il rischio di ridondanza emotiva della storia. Una storia che tocca tematiche altissime in modo credibile e coinvolgente.
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lunedì 11 febbraio 2019
Southpaw: L'ultima sfida (2015)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/12/2016 Qui - Di questi tempi fare un film sul pugilato significa, ormai, accettare di cadere inevitabilmente nel "già visto", tanto più nello script di pura fiction, troppo iconiche e indimenticabili restano ancor oggi le gesta dei vari Rocky, Toro Scatenato, Alì, Cinderella Man e l'ultimo Creed, ect, che risulta davvero difficile riuscire a scrivere una pagina veramente nuova di questa tipologia di film. Ma l'abilità di partenza di Southpaw: L'ultima sfida (Southpaw), film del 2015 diretto e prodotto da Antoine Fuqua, con protagonista Jake Gyllenhaal, se vogliamo, è proprio la scelta di non cercare alcun tipo di confronto con questi cult, mantenendo una costante umiltà di fondo che lo direziona sì verso caratteri prevedibili e masticati (a tratti pure semplicistici) ma nel contempo lo dimensiona a prodotto di genere più che commestibile, testosteronico e drammatico, emozionante e scorrevole, per un risultato non eccezionale ma più che dignitoso. Perché senza cadere nella presunzione di voler scrivere qualcosa di nuovo, Southpaw tiene fede ai caratteri che hanno fatto la fortuna del boxe-movie, regalando due ore di buon cinema, il cui scopo primario resta l'intrattenimento, coniugato però ad una valida dose di profondità, conferita dalla qualità dei suoi interpreti. La storia non brilla per originalità, certo (poiché già di per sé il progetto di un film sulla boxe e sul riscatto di un pugile dalle stalle alle stelle si presenta irto di difficoltà sul fronte originalità), ma quali sono i grandi film che possono davvero definirsi completamente originali? Il gladiatore, Braveheart, 300? la verità è che la differenza la fanno molto spesso gli attori e la sceneggiatura, che in questo caso funzionano alla grande. La sceneggiatura infatti, nonostante non sono come la regia da Oscar, riesce a far viaggiare le emozioni sui volti di tutti i protagonisti, e dallo schermo agli spettatori, in modo genuinamente emozionante proprio grazie alla storia semplice, che anche se già raccontata più volte al cinema (che è pieno di pugili famosi) con altri copioni identici, riesce sia a rendersi efficace, che ad intrattenermi fino alla fine facendomi affezionare ai personaggi, cosa che solo pochi film riescono a fare.
venerdì 25 gennaio 2019
Spectre (2015)
Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/09/2016 Qui - Spectre è uno spettacolare film d'azione del 2015, l'ultimo di una delle serie filmiche più longeve di sempre, quella di 007. Questo difatti è il ventiquattresimo film di James Bond, il quarto che vede protagonista Daniel Craig, che ha però già annunciato il suo ritiro come agente segreto, questo infatti è il suo ultimo film nei panni di 007. In questo nuovo episodio, oltre a Craig, nel cast ci sono anche Christoph Waltz, nel ruolo dell'antagonista Ernst Stavro Blofeld (che ritorna dopo 32 anni dall'ultima apparizione, nel film Mai dire mai interpretato da Max von Sydow), a capo dell'organizzazione criminale Spectre con cui ancora una volta il nostro eroe si scontra dopo il precedente capitolo. Infine tornano nei rispettivi ruoli del cast anche Ralph Fiennes, Ben Whishaw, Naomie Harris e Judi Dench (in un cameo, dato che è stata uccisa in Skyfall), senza dimenticare Léa Seydoux, che interpreta la nuova bond-girl insieme a Monica Bellucci, nel ruolo di Lucia Sciarra, la bond-girl più anziana di sempre. Il film è nuovamente diretto da Sam Mendes, ex marito di Kate Winslet e discreto regista, che aveva entusiasmato nel 2012. Anche in questo lo fa ma qualcosina in meno, nonostante una partenza col botto e un finale sufficientemente accettabile. Difatti comincia con una delle scene, una delle sequenze d'apertura più belle, sia visivamente che registicamente, dell'intera saga. Quella che da un messaggio criptico (che durante la pellicola scopriremo) proveniente dal suo passato manda James Bond in missione prima a Città del Messico e poi a Roma. In Messico, durante la Festa dei Morti (una delle feste più incredibili di sempre, già ampliamente conosciuta e benissimo nel film d'animazione Il libro della vita, che se non l'avete ancora visto vi consiglio di farlo) infatti la macchina da presa comincia a seguire i movimenti di un misterioso uomo mascherato, tramite un impressionante (e bellissimo) piano sequenza di (circa) cinque minuti. La misteriosa figura si rivelerà essere il buon vecchio James che, ci delizierà con una camminata sui tetti, un'esplosione con conseguente crollo di un palazzo e un combattimento corpo a corpo all'interno di un elicottero in volo, tutto fantastico. Ma il suo colpo di testa (dove in ogni caso sventa un attentato e uccide Marco Sciarra, terrorista legato a Spectre, una misteriosa organizzazione criminale e tentacolare) gli aliena Gareth Mallory, il nuovo M alle prese con pressioni politiche e Max Denbigh (Andrew Scott), membro del governo britannico che non vede l'ora di mandare in pensione i vecchi agenti dell'MI6 e di controllare con tanti occhi le agenzie del mondo. Congedato a tempo (in)determinato, Bond prosegue la sua indagine contro il parere di Mallory (Ralph Fiennes) e con l'aiuto dei fedeli Q (Ben Whishaw) e Moneypenny (Naomie Harris), segretamente arruolati, e tra un funerale e un inseguimento, una vedova consolabile (Monica Bellucci) e una gita in montagna, l'agente 007 stana Mr. White (Jesper Christensen), una vecchia conoscenza con crisi di coscienza e una figlia da salvare. Bond si fa carico di entrambe e protegge anche Madeleine Swann (Léa Seydoux) dagli scagnozzi di Spectre, amministrata dal sadico Franz Oberhauser (Christoph Waltz). È lui l'uomo dietro a tutto (l'uomo che si prefisse l'obbiettivo di far soffrire Bond, diventando "l'artefice delle sue sofferenze", molti dei lutti e delle difficoltà che l'agente segreto ha dovuto patire sono state infatti orchestrate da Blofeld e dalla sua Spectre), è lui il megalomane da eliminare.
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