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martedì 30 luglio 2019

Escape Plan 2 (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/07/2019 Qui
Tema e genere: Prison movie sequel del film del 2013 Escape Plan - Fuga dall'inferno.
Trama: Anni dopo essere riuscito ad evadere da una prigione dalla quale era considerato impossibile scappare via, Ray Breslin ha messo in piedi un nuovo team di esperti di massima sicurezza. Quando però uno dei componenti della squadra scompare all'interno di una struttura ultra tecnologica, Breslin insieme a Trent DeRosa dovrà trovare un modo per accedere a quella che è considerata la prigione meglio nascosta del mondo, trovare il suo uomo e portarlo al sicuro.
Recensione: Nel 2013 fece la sua comparsa un film intitolato Escape Plan diretto da Mikael Håfström, un titolo che poteva benissimo finire nel dimenticatoio, se non fosse per la sua peculiarità, protagonisti del film erano infatti Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, per la prima volta insieme come coppia buddy style in un film, nel suo insieme la pellicola divertì il pubblico ed ecco quindi arrivare anni dopo un sequel, Escape Plan 2 - Ritorno all'Inferno (Escape Plan 2: Hades), un sequel che però non ha nulla in comune col suo abbastanza riuscito e (più o meno) convincente predecessore. Nel primo avevamo una storia articolata ma (abbastanza) convincente e godibile dove il peso della trama non ricadeva per forza sul piano action e sugli scontri corpo a corpo sfruttando così l'intelligenza e le capacità di adattamento dei due reclusi protagonisti che devono mettere dettagliatamente a punto un piano per evadere da un carcere di massima sicurezza. In questo secondo capitolo (di una purtroppo già confermata trilogia, anzi, il terzo è già al cinema) invece, diretto non più da Hafstrom ma da Steven C. Miller (regista anche del mediocre Extraction, evitati tutti gli altri usciti dopo), abbiamo una trama debolissima che ricalca e ricopia quella del primo film (con detenuto, Shu, in carcere di massima sicurezza munita dei più ingegnosi sistemi high tech dalla quale è impossibile evadere) ma mancano gli ingredienti essenziali che la rendano una storia godibile ed apprezzabile, manca il pathos, manca l'originalità, la suspense e mancano specialmente dei protagonisti carismatici ai quali affezionarsi e connettersi su livello emotivo. Il finale è sin troppo scontato e prevedibile e non riscatta affatto i minuti preceduti neanche con l'entrata in scena di Stallone che salva il suo team come un vero deus ex machina e svela il funzionamento dell'inespugnabile prigione nell'atto finale. Escape Plan 2 si riduce così ad essere soltanto un prodotto muscoloso e muscolare che fa leva sugli appassionati di arti marziali e delle lotte corpo a corpo, le quali certamente non mancano, ma fatica a convincere o appagare il resto del pubblico, anche quello con aspettative bassissime. Non aiuta nemmeno l'ambientazione low cost troppo statica, scura e buia dove si svolge il 90% dell'azione, scandita da fastidiose luci al neon verdi e rosse che poco centrano con la ricostruzione di un carcere seppur di stampo moderno e super tecnologico. Come commentare poi la scelta dei personaggi secondari che gravitano attorno al già indifferente Shu? Inespressivi, monotoni, disinteressati, scialbi e annoiati. Si ritorna allora a ribadire il concetto che al film manca il pathos e la convinzione necessaria a voler creare un prodotto mediocre ma decoroso in segno di rispetto per gli attori stessi (prima) e il pubblico (poi). Peccato.

domenica 14 luglio 2019

Nella tana dei lupi (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/05/2019 Qui
Tema e genere: E' un heist movie, ma anche qualcos'altro, è uno scontro classico tra guardie e ladri, anche se il confine tra buono e cattivo è labile, anzi stravolge lo stereotipo che possiamo averne con la parte antagonista metodica, efficace e riflessiva, mentre dalla parte della legge si erge uno sceriffo violento, molesto e irrisolto nella vita privata. A conti fatti però, pura e semplice azione in un heist movie alla "guardie e ladri" dal sapore di Heat: La Sfida.
Trama: Una gang di ladri professionisti organizza un sofisticato piano per mandare a segno il colpo della vita, ma l'occhio indagatore di un poliziotto fuori dagli schemi trasforma la rapina in una sfida all'ultimo sangue.
Recensione: E' sempre bello quando delle basse aspettative vengono ribaltate trasformandosi in piacevole sorpresa, e una delle cose che Nella Tana dei Lupi riesce a fare è proprio quella di sorprendere piacevolmente, cosa che un film action succede raramente, anche se la stessa cosa mi è capitata pochi mesi fa con American Assassins. I campanelli d'allarme c'erano tutti: da Gerard Butler (negli ultimi anni il suo nome è sempre andato a braccetto con produzioni quasi totalmente fallimentari) alla presenza di 50 Cent, dal trailer fanfarone alla scelta azzardata di affidare il progetto ad un regista esordiente (Christian Gudegast, sceneggiatore de Il Risolutore di Felix Gary Grey con Vin Diesel, mediocre film, e di Attacco al Potere 2, ugualmente mediocre) eppure in definitiva Nella Tana dei Lupi si dimostra essere molto più di quello che era lecito pensare che fosse, e come Catherine Zeta-Jones in Entrapment quei dannati campanelli d'allarme riesce a schivarli tutti, uno dopo l'altro. E pure con una certa eleganza. Tenendo bene in mente (e nel mirino) il cinema programmatico di Michael Mann (Heat: La Sfida è chiaramente il punto di riferimento per il regista, anche se non mancano riferimenti a Codice 999The Italian Job ed Arma Letale, ma senza la benché minima ironia, anzi, azione allo stato puro) Nella Tana dei Lupi racconta una semplice storia di guardie e ladri, il vecchio gioco guardia e ladri su scala urbana, come un western metropolitano dove la stessa città di Los Angeles, luogo in cui avvengono il più grande numero di rapine al mondo, fa da perfetto sfondo, della rapina dei cattivi e delle contromisure dei buoni per impedire quella rapina, di pianificazione, ma soprattutto di confini sottilissimi a separare i protagonisti (i cattivi raccontati come fossero buoni, i buoni descritti mettendone in risalto i numerosi difetti). Gerard Butler e Pablo Schreiber (quest'ultimo ormai ben avvezzo all'action, da 13 Hours a Skyscraper) sono al comando rispettivamente dell'unità speciale della polizia di Los Angeles e del gruppo di rapinatori di banche che i primi devono acciuffare: il film segue i due personaggi passo dopo passo, giocando sull'anticipazione dell'inevitabile confronto finale (una bellissima scena che parte da un calco di quella ambientata al casello del confine messicano vista in Sicario, accumulando la suspense come faceva Denis Villeneuve ma prendendo poi tutta un'altra direzione e declinare quella materia verso la forma dell'action puro).

venerdì 24 maggio 2019

Last Vegas (2013)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 30/05/2018 Qui - Last Vegas (Commedia, Usa 2013): Rivisitazione in chiave geriatrica di una serie interminabile di film (salvabili pochi) che trattano lo stesso tema, ossia un gruppetto di amici che si reca a Las Vegas per una botta di vita, questo è l'ultimo film di Jon Turteltaub. Il film infatti, che ruota attorno alle vicissitudini di quattro amici d'infanzia (Morgan FreemanRobert De NiroMichael Douglas e Kevin Kline) che decidono di rincontrarsi nella città del peccato dopo quasi sessant'anni per celebrare l'addio al celibato di uno di loro, non ha nulla di originale. Tuttavia Last Vegas non è trash (e per De Niro è già un passo avanti), anzi, l'atmosfera è bonaria e nostalgica, il clima è mediamente divertente e raramente volgare, tanto che riesce a salvare la faccia evitando di cadere in una sterile comicità demenziale grazie al supporto di una tenera morale di fondo e di una dose di buoni sentimenti che si avvia verso dei risvolti per una volta non poi così scontati. E' però un film in tal senso abbastanza vuoto, semplice, troppo buonista e registicamente piatto e patinato. Perché dopo un inizio simpatico, con quel "58 anni dopo" ed una manciata di battute carine, il film affonda nella banalità. Perché anche se i quattro grandi attori si confermano tali, nonostante appunto una povera e banale sceneggiatura, e la recitazione semplice e mai sopra le righe supplisce a dei dialoghi scontati, questo è un film (che se non fosse per lo stellare cast forse non l'avrebbe visto nessuno) abbastanza carino, ma facilmente dimenticabile. Giacché ci si diverte poco, ci si annoia leggermente e poco si ricorda di un film simpatico, non brutto né mediocre ma forse inutile. Voto: 5,5

sabato 23 marzo 2019

Home of the Brave (2006)

Mini Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/08/2017 Qui - Home of the Brave (Drammatico, USA, Marocco, 2006): Diretto da Irwin Winkler, molto più bravo come produttore che come regista, questo film drammatico ci mette un po' ad ingranare la marcia e, quando lo fa, non ingrana comunque mai la quinta, semmai la seconda, senza riuscire mai a coinvolgere. Abituati alle mega-produzioni hollywoodiane questo film infatti non convince pienamente nelle ricostruzioni delle scene di guerra per mancanza evidente dei mezzi necessari ma decidendo di seguire le vicende umane di quattro reduci giunge a delle considerazioni interessanti, senza scivolare in giudizi di parte, né patriottici né pacifisti. Jessica BielSamuel L. Jackson e 50 Cent (a cui ci aggiungiamo un piccolo cameo di Christina Ricci) offrono sì una pregevole interpretazione ma il tipo di narrazione e la fotografia (sempre piuttosto piatta) fanno somigliare tale titolo ad un film per la televisione, il che spiegherebbe solo in parte la scelta di dirottarlo sul mercato home-video (infatti è arrivato in Italia moltissimo tempo dopo), poiché il regista, che non poteva disporre forse di una sceneggiatura migliore, si affida a uno stile troppo ridondante ed effettato, sottolineando spesso l'ovvio. Più che altro sembra un manuale sui disordini post-traumatici da esperienza bellica con tutto il corollario di situazioni, il tizio che beve, quello violento, quello perso, eccetera. Insomma stereotipi e cliché a manetta e se ci aggiungiamo che la regia fatica ad entrare in simbiosi con questi personaggi, quasi nulla emoziona o appassiona. Voto: 5

lunedì 11 febbraio 2019

Southpaw: L'ultima sfida (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 10/12/2016 Qui - Di questi tempi fare un film sul pugilato significa, ormai, accettare di cadere inevitabilmente nel "già visto", tanto più nello script di pura fiction, troppo iconiche e indimenticabili restano ancor oggi le gesta dei vari Rocky, Toro Scatenato, Alì, Cinderella Man e l'ultimo Creed, ect, che risulta davvero difficile riuscire a scrivere una pagina veramente nuova di questa tipologia di film. Ma l'abilità di partenza di Southpaw: L'ultima sfida (Southpaw), film del 2015 diretto e prodotto da Antoine Fuqua, con protagonista Jake Gyllenhaal, se vogliamo, è proprio la scelta di non cercare alcun tipo di confronto con questi cult, mantenendo una costante umiltà di fondo che lo direziona sì verso caratteri prevedibili e masticati (a tratti pure semplicistici) ma nel contempo lo dimensiona a prodotto di genere più che commestibile, testosteronico e drammatico, emozionante e scorrevole, per un risultato non eccezionale ma più che dignitoso. Perché senza cadere nella presunzione di voler scrivere qualcosa di nuovo, Southpaw tiene fede ai caratteri che hanno fatto la fortuna del boxe-movie, regalando due ore di buon cinema, il cui scopo primario resta l'intrattenimento, coniugato però ad una valida dose di profondità, conferita dalla qualità dei suoi interpreti. La storia non brilla per originalità, certo (poiché già di per sé il progetto di un film sulla boxe e sul riscatto di un pugile dalle stalle alle stelle si presenta irto di difficoltà sul fronte originalità), ma quali sono i grandi film che possono davvero definirsi completamente originali? Il gladiatore, Braveheart, 300? la verità è che la differenza la fanno molto spesso gli attori e la sceneggiatura, che in questo caso funzionano alla grande. La sceneggiatura infatti, nonostante non sono come la regia da Oscar, riesce a far viaggiare le emozioni sui volti di tutti i protagonisti, e dallo schermo agli spettatori, in modo genuinamente emozionante proprio grazie alla storia semplice, che anche se già raccontata più volte al cinema (che è pieno di pugili famosi) con altri copioni identici, riesce sia a rendersi efficace, che ad intrattenermi fino alla fine facendomi affezionare ai personaggi, cosa che solo pochi film riescono a fare.

mercoledì 2 gennaio 2019

Spy (2015)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 06/06/2016 Qui - Spy è una divertente action-comedy del 2015 scritta, diretta e prodotta da Paul Feig, regista di Corpi da reato e del futuro Ghostbusters al femminile con Melissa McCarthy (alla terza collaborazione dopo anche Le amiche della sposa). Il regista con questo film sembra averci preso gusto, infatti insiste proseguendo il processo di femminilizzazione della commedia d'azione e realizza una versione 'femminista' di James Bond. Difatti, è ormai certo che le donne fanno ridere come gli uomini e come loro seducono, anche se in versione oversize. Tutto Spy ha infatti come idea fondante quella di rivalutare il ruolo della donna all'interno del genere spionistico, mettendola in qualche modo al centro, libera dalle invadenze virili che spesso occupano il grande schermo quando film di genere spionistico vengono proiettati, anche se di spie donne la storia già ne annovera moltissime ed in ogni epoca e anche nei film d'azione. Ma aldilà di questo, oltre a Melissa McCarthy nel cast fanno parte Jason Statham, Rose Byrne e Jude Law. Susan Cooper (Melissa McCarthy), agente della CIA senza licenza di uccidere, è relegata dietro alla scrivania da un machismo duro a morire. Intelligente, brillante e competente analista, Susan 'teleguida' gli agenti su campo da un ufficio underground infestato da ratti e pipistrelli. Innamorata di Bradley Fine (Jude Law), agente charmant che abusa del suo ascendente, Susan fatica a trovare il suo posto nel mondo. La morte improvvisa di Fine, per mano della perfida Rayna Boyanov (Rose Byrne), boss in capi sinuosi ossessionata dai suoi capelli e decisa a vendere un ordigno nucleare a un pericoloso criminale, vince le sue resistenze. Ma la vita fuori dal bureau si rivela presto vorticosa e complessa, a complicarla poi intervengono un agente dimissionario dall'ego ipertrofico (Jason Statham) e un agente 'italiano' col vizio del palpeggiamento. La protagonista è tutto tranne che una spia in grado di operare direttamente sul campo (tutto il film non fa altro che smentire questo assunto) ma verrà comunque arruolata (poiché nessuno conosce la sua identità) per monitorare senza avvicinare il suo bersaglio, Susan però finirà per confrontarsi con Rayna in un casinò di Roma, innescando così un'operazione che la vedrà indiscussa protagonista sotto improbabili parrucche e deprezzanti coperture, cercando di prevenire un disastro globale.

martedì 16 ottobre 2018

The Prince: Tempo di uccidere (2014)

Mini recensione pubblicata su Pietro Saba World il 15/11/2015 Qui - The Prince: Tempo di uccidere è un film d'azione del 2014 che vede come principali interpreti Bruce Willis, John Cusack, 50 cent, Jason Patric e Rain. Un ex assassino di professione, ormai andato in pensione, è costretto a tornare indietro nei suoi passi, ritorna a Las Vegas per cercare la figlia che è stata rapita e per salvarla dovrà confrontarsi con il suo passato e affrontare un duro confronto con un suo vecchio rivale, il gangster Omar che cerca vendetta. Un viaggio on the road (in stile Liam Neeson) insieme ad una sexy-amica dilla figlia, con Willis dalla parte sbagliata, ma nessuno ha una parte giusta nel bene o nel male. Prevedibile. Voto: 5