venerdì 31 gennaio 2020

Sette minuti dopo la mezzanotte (2016)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 31/01/2020 Qui
Tema e genere: Un fantasy, una favola, un dramma, un groppo in gola che non scende per un'ora e 40 minuti. L'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo del 2011 è infatti una parabola sulla morte, sul dolore, sulla perdita e sulla forza necessaria per affrontarli.
Trama: Un ragazzino, sofferente per la malattia della madre, vive un'esperienza fantastica.
Recensione: Trasfigurando metaforicamente la realtà nel fantasy, alla stregua del "recente" Babadook o The Monster o de Il Labirinto del Fauno, diretto da quel Del Toro che ha tenuto a battesimo Juan Antonio Bayona il quale già affrontò le conseguenze di traumi infantili in The OrphanageA Monster Calls, più ancora degli esempi qui citati (in cui l'elemento fantastico funziona come una sorta di seduta di psicoanalisi permanente per il piccolo protagonista, che si ritrova ad affrontare l'evento più traumatico possibile nella vita di un bambino: la morte di un genitore), lascia esterrefatti per la maturità e la sincerità con cui riesce ad affrontare i grandi temi quali la morte, il lutto, il senso di perdita, di ingiustizia e di colpa, la solitudine, il rimorso e il desiderio di rinascita senza il benché minimo accenno di retorica, senza una nota stonata, senza una parola che possa suonare artificialmente affettata, anche quando si tratta dell'ultima parola detta sul letto di morte (il confronto tra madre e figlio è da pelle d'oca). A maggior ragione se si considera il target a cui il film si rivolge per cui l'esigenza di servirsi di un linguaggio semplice che però non semplifica, non banalizza ma al contrario risulta esemplare per metterne in luce la complessità e le infinite sfaccettature. Conor si sveglia in preda al panico nel cuore della notte mentre nella camera a fianco la madre sta morendo di tumore finché una di quelle notti, 7 minuti dopo la mezzanotte, gli fa visita un mostro a forma di albero (c'è Liam Neeson dietro il motion capture), un tasso, che in altrettanti momenti gli racconterà tre storie.
Sarebbero sufficienti questi tre racconti, la morale che veicolano e le illustrazioni che li animano (bello lo stile grafico animato), per rendersi conto della grandezza del film, concentrato di espressione e contenuto, custode di un messaggio non scontato in cui è racchiusa la tragica e per questo eroica lotta dell'esistenza umana. Tre racconti più uno per giungere alla fine di un percorso di dolore e di crescita dove in fondo sai già cosa c'è ad attenderti e non c'è scampo per quello, ma un percorso in fondo al quale A Monster Calls (o Un monstruo viene a verme in origine) ti lascia intravedere anche una luce, una speranza, che non è semplice consolazione ma è la presa di coscienza legata alla verità che è la vita. Molto immedesimati nei personaggi gli attori, dal piccolo Lewis MacDougall alla madre Felicity Jones, che dimostra di sapersela cavare anche in un ruolo del genere, e anche la mitica Ripley di "Alien" Sigourney Weaver, la nonna. A doppiare in lingua originale il Tasso, con un bel design, che incute timore, e ottimi effetti speciali è Liam Neeson e in italiano ha la voce profonda e austera di Alessandro Rossi. Un film che commuove e intrattiene, e che non si ferma alla semplice narrazione della storia e delle storie.
Giudizio in sintesi: Il racconto parte macchinoso somigliante già ad altre storie, l'entrata in scena del mostro (straordinario effetto) con la sua storia in quattro parti, crea quel pathos che dona alla storia un interesse crescente, niente miracoli né lieto fine, ma la forza di affrontare la vita per Conor O'Malley rimuovendo i suoi incubi, film degno di nota, diretto dal regista del criticato Jurassic World - Il regno distrutto.
Consigliato: Sì, agli amanti del genere e a chi può sopportare una storia così drammatica.
Voto: 6,5

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