Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 03/01/2020 Qui
Tema e genere: Adattamento cinematografico in salsa prettamente action del romanzo horror fantascientifico MEG pubblicato nel 1997 da Steve Alten.
Trama: Un esperto di salvataggi subacquei (ritiratosi dopo un'incidente) viene ingaggiato da una stazione internazionale d'osservazione sottomarina per riportare in salvo una spedizione rimasta intrappolata, dopo aver subito un attacco dal Megalodonte, nelle profondità.
Recensione: Già dal titolo scelto dai titolisti italiani fuori di testa si riscontrano i primi palesi difetti di questo di certo non originale action. L'originale The Meg (che si capisce per cosa sta) diventa senza motivi validi Shark, come se si chiamasse così in inglese (ma non è vero). Poi, secondo titolo, Il primo squalo, che non si capisce che voglia dire, perché anche scientificamente è errato (caso mai, forse, il primo cugino dello squalo, ma forse). Oltre a trasmettere il messaggio che il titolista ha bisogno di ferie e psichiatri, trasmette anche false informazioni scientifiche. Comunque il film sfrutta una struttura piuttosto classica nel genere (forse troppo). Nonostante una durata forse esagerata, in cui si percepisce chiaramente come ci siano dei palesi momenti di stanca e noia, nella sua totale imperfezione, il film di Jon Turteltaub rientra nei perfetti canoni del blockbuster che punta semplicemente ad intrattenere. Intendiamoci, intrattenere non è sempre sinonimo di qualità, e andando a scavare con un po' più di acume nella pellicola, si notano infatti alcuni difetti macroscopici. Le scene di dialogo sono inefficaci e superficiali, non c'è da aspettarsi alcun riferimento scientifico ma soprattutto ci si abbandona al cliché e alle citazioni (una, ovviamente, dedicata a Lo Squalo) elementi fin troppo caratterizzanti di questo genere. Quando però si entra in acqua, e la battaglia inizia a consumarsi, Shark riesce a svolgere discretamente bene il suo lavoro. Jason Statham si conferma uomo fisico, in grado di "portare a casa" con disinvoltura moltissime scene d'azione facendole sembrare persino credibili (ma non cinematograficamente parlando il prodotto nel suo complesso). La squalo non fa paura ma riesce, grazie alle sue dimensioni, a trasmettere quantomeno un senso di minaccia reale che deve essere combattuta. Inoltre, la virata quasi "fantascientifica" verso la fine del film, dimostra la poca volontà di prendersi troppo sul serio.
Quello che ne esce, a conti fatti, e dovendo essere del tutto onesti, è un film completamente sbilanciato, un film che, a parte gli ottimi effetti speciali (che forse giustificano la visione) ha ben poco. Non una trama, quest'ultima altamente prevedibile (come una vecchia barzelletta che ascoltiamo per l'ennesima volta), non una colonna sonora decente, è invece impalpabile, incapace di lasciare un segno o anche un solo motivetto, o una sparuta sequenza di note, da far rimanere in testa alla fine del film, non un qualcosa capace di dare un brivido o un'emozione. Anche perché i nostri eroi filo-cinesi (è chiaro il mercato di riferimento per questo film) e multietnico (c'è Rainn Wilson che ha "villain" scritto in fronte, c'è l'action-girl Ruby Rose, prossima Batwoman televisiva, c'è Masi Oka, il nippo-americano di Heroes, Jessica McNamee è l'ex-moglie del protagonista, donna-trofeo da salvare e riconquistare, e poi gli attori piazzati dalla metà cinese della produzione, tra cui la splendida Li Bingbing, senza dimenticare tra gli altri il neozelandese Cliff Curtis e l'islandese Ólafur Darri Ólafsson) troveranno il modo sia di schiattare in maniera cretina (una certa parte), sia di salvare la pellaccia e sistemare il furbo predatore fuori scala, malgrado i piani che escogitano siano uno più deficiente dell'altro. Insomma riuscito a metà, non delude ma è un film che si poteva forse evitare.
Quello che ne esce, a conti fatti, e dovendo essere del tutto onesti, è un film completamente sbilanciato, un film che, a parte gli ottimi effetti speciali (che forse giustificano la visione) ha ben poco. Non una trama, quest'ultima altamente prevedibile (come una vecchia barzelletta che ascoltiamo per l'ennesima volta), non una colonna sonora decente, è invece impalpabile, incapace di lasciare un segno o anche un solo motivetto, o una sparuta sequenza di note, da far rimanere in testa alla fine del film, non un qualcosa capace di dare un brivido o un'emozione. Anche perché i nostri eroi filo-cinesi (è chiaro il mercato di riferimento per questo film) e multietnico (c'è Rainn Wilson che ha "villain" scritto in fronte, c'è l'action-girl Ruby Rose, prossima Batwoman televisiva, c'è Masi Oka, il nippo-americano di Heroes, Jessica McNamee è l'ex-moglie del protagonista, donna-trofeo da salvare e riconquistare, e poi gli attori piazzati dalla metà cinese della produzione, tra cui la splendida Li Bingbing, senza dimenticare tra gli altri il neozelandese Cliff Curtis e l'islandese Ólafur Darri Ólafsson) troveranno il modo sia di schiattare in maniera cretina (una certa parte), sia di salvare la pellaccia e sistemare il furbo predatore fuori scala, malgrado i piani che escogitano siano uno più deficiente dell'altro. Insomma riuscito a metà, non delude ma è un film che si poteva forse evitare.
Giudizio in sintesi: Non che mi aspettassi chissà cosa, ma da un regista tutto sommato navigato nel genere action/adventure (suoi, ad esempio, i due Il mistero dei Templari), mi aspettavo più che un film mediocre, più che un film seppur decisamente fatto molto bene, non così lontano, lo è invece per oltre mille miglia, dalla tensione de Lo Squalo.
Consigliato: Sì, ma solo per una serata Coca-Cola e Popcorn.
Voto: 5+
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