Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 05/10/2020 Qui - Un film che fa parte di quel filone hollywoodiano di kolossal sentimentali, un genere intramontabile che sia Casablanca o Via col vento, Balla coi Lupi, Ritorno a Cold Mountain o Australia, cambiano le storie (nemmeno più di tanto) ma in realtà è la solita formula collaudatissima che non conosce crisi e soprattutto epoca. Ecco, forse è proprio questo il grande limite de La mia Africa, l'essere un grande film, grande in tutto ma inevitabilmente costruito sui cliché del genere (confezionato apposta per strappare lacrime agli animi più sensibili). Non c'è nulla di nuovo, tutto è prevedibile, tutto è scontato. Va detto però che le superbe interpretazioni, la splendida regia e i paesaggi mozzafiato non possono essere liquidati come secondari e soprattutto il ritmo, che è sostenuto, non fanno di questo film il classico mattone, sebbene possa dare questa idea. Sopravvalutato sì, eccessivi parrebbero i 7 Oscar vinti, soprattutto ripensando ai film di quell'anno (robine proprio niente male), ma non si può certo dire che sia un brutto film. La mia Africa infatti, ispirato all'omonimo romanzo autobiografico di Karen Blixen (la storia è quella di una giovane nobildonna danese che, stanca delle buona società europea, decide di andare in Africa per celebrare un matrimonio di interesse con un amico, ma l'unione, benché fallimentare, si rivelerà veicolo di un duplice amore, tanto inatteso quanto dirompente), diretto da un bravo mestierante quale Sydney Pollack (ricordate Tootsie vero?), che proprio grazie a questo film vincerà l'unico Oscar per la miglior regia, è indubbiamente un bel film. Un film in cui fotografia e scenografia ci mostrano tutta la bellezza della natura africana ed in cui Meryl Streep si erge come un colosso micenico, il suo mito perpetua da questo punto, lei che giovane attrae, lo spettatore ma soprattutto Robert Redford, qui nei panni del classico solitario piacione. Una nota di merito spetta poi alle musiche di John Barry che, col loro mix di classico ed etnico, rendono perfettamente la sensazione di incontro-scontro tra culture che il regista vorrebbe trasmettere. Volendo infine fare un rilievo critico, va detto che, come in gran parte del western filo-indiano, l'immagine dei cosiddetti "selvaggi" è eccessivamente semplicistica, troppo appiattita su una manciata di stereotipi buonistici ai quali, quando si parla di Africa, è arduo sfuggire. C'è da dire infine che dalla storia romanzesca qui presente mi aspettavo certamente un maggior coinvolgimento (in certe parti poi ci si perde un po' via), ma in linea di massima indubbiamente meritevole, non di tutti quegli Oscar, ma di farsi guardare, soprattutto dagli animi romantici. Voto: 7
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