Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/10/2020 Qui - Alessio Cremonini, al suo secondo film, traspone il caso di Stefano Cucchi. Lo fa attenendosi ai fatti, ricostruendo in maniera imparziale come andarono le cose, almeno stando a quanto conosciuto, perché la verità assoluta se l'è portata con sé il povero Stefano, ragazzo che ha commesso tanti errori nella sua vita che però non giustificano la brutta fine con cui il destino lo ha segnato. Infatti, il film non tende ad enfatizzare il personaggio di Cucchi, a renderlo un povero agnellino sacrificato all'altare della giustizia italiana, bensì, mostra anche i suoi errori, i dinieghi alle cure, qualche testardaggine di troppo che se non perseguita gli avrebbe risparmiato tante sofferenze. Dall'altro però c'è lo stato italiano, diviso tra chi lo ha riempito di botte, persone oneste che hanno tentato di aiutarlo e quanti non sono stati abbastanza zelanti nel proprio lavoro. Tuttavia, il risultato complessivo non mi ha molto convinto. La sceneggiatura è molto scarna e carente e la fedeltà alla vicenda, se da un lato è un pregio, dall'altro appesantisce troppo la trama. Anche altre scelte del regista (il non mostrare direttamente le violenze subite) rendono la struttura narrativa troppo farraginosa, ripetitiva e noiosa, più simile a quella di un documentario che a quella di un film. Bene invece gli interpreti, soprattutto il protagonista, l'espressivo Alessandro Borghi che con un grande linguaggio del corpo riflette le sofferenze degli ultimi e tormentati giorni di Stefano. Nel complesso comunque, qualcosa di più di un medio prodotto televisivo, ma dignitoso e capace. Voto: 6
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