Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 12/10/2020 Qui - Dopo Leviathan, Andrei Zvjagincev (nuovamente anche grazie ad Oleg Negin) conferma la potenza del suo cinema di denuncia dei mali della Russia contemporanea con una storia che vede al centro la scomparsa di un ragazzino, vittima dell'assenza di amore. Il regista ritrae in modo impietoso le debolezze dei due genitori separati, concentrati affannosamente nella ricerca della propria felicità in modo superficiale e immaturo, insensibili ai bisogni del figlio. Un quadro agghiacciante, molto realistico, senza sconti. Un film di un nero pece indescrivibile nel quale nessun personaggio fa una figura dignitosa. Curiosamente ambientato a ridosso della previsione fallace sulla fine del mondo prospettata dai Maya, il regista mette appunto alla berlina la deriva iperindividualista dell'uomo volenteroso unicamente di soddisfare il proprio bene, fregandosi dell'altro anche se si tratta del proprio figlio. Dialoghi di una crudeltà che mette imbarazzo, ben sorretti da un cast scelto ottimamente (la madre Mar'jana Spivak su tutti). Nella pletora di "mostri", sicuramente il peggiore è la nonna. Forse esagerata l'efficienza della squadra di volontari rispetto all'assenza delle figure istituzionali, ma la narrazione rimane comunque valida, ed anche se soprattutto nella parte finale, ha qualche lungaggine di troppo che ne depotenzia e ridimensiona l'estetica, rimane efficace. Voto: 6
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