martedì 29 ottobre 2019

Red Zone - 22 miglia di fuoco (2018)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/10/2019 Qui
Tema e genere: Thriller spionistico dalla forte componente action, una pellicola che mira inoltre a sfidare e a svelare gli scheletri nell'armadio dell'Intelligence, le sue zone d'ombra e i suoi pilastri costitutivi.
Trama: Indonesia. 22 sono le miglia che l'agente della CIA James Silva (Mark Wahlberg) deve percorrere per giungere in aeroporto: insieme alla sua squadra deve scortare e proteggere un informatore compromesso. Durante il lungo percorso dovrà scontrarsi con funzionari corrotti, signori della malavita e fuorilegge armati pronti a tutto.
Recensione: Quarto film consecutivo per la coppia Peter Berg/Mark Wahlberg dopo Lone SurvivorDeep water e Boston - Caccia all'uomo, ma anche il meno riuscito di tutti e l'unico che non sia tratto da una storia vera. A questo giro infatti il duo "muscolare" (che sforna un altro film d'azione che non offre certo molte novità a livello di sceneggiatura) non funziona come dovrebbe e vanifica quello che poteva essere un buon film d'intrattenimento. Mile 22 è difatti il punto di non ritorno del cinema di Peter Berg, onesto artigiano capace di toccare anche le corde giuste (nelle pellicole sue precedenti) nonostante sia sempre stato pericolosamente in bilico tra retorica e patriottismo. Regista dalla costruzione della ripresa frenetica ed adrenalinica, con tanta camera a mano unita a tagli di montaggio bruschi e ritmo serratissimo. Il problema di questa sua ultima fatica non è propriamente la tecnica di ripresa (nonostante alcune scelte confusionarie di montaggio), quanto l'ideologia di fondo, spiattellata davanti allo spettatore con un arroganza che ricorda il peggior episodio di Attacco al potere ma senza Gerard Butler. Ed è un peccato, perché il finale pensato da Berg è molto meno scontato di quanto si potrebbe pensare, ma si arriva a quel finale oggettivamente stanchi, dopo un'ora abbondante di scontri a fuoco al limite (e ben oltre) del credibile, intrisi di quella filosofia spicciola tutta a stelle e strisce che riesce davvero a stancare alla terza battuta. Sicuramente con una impostazione meno "machista", Red Zone avrebbe funzionato sicuramente molto meglio. Così com'è è un film sicuramente trascurabile. Un film che, afflitto da dialoghi un po' convenzionali in cui la star Mark Wahlberg (forse anche mal diretto, imbrocca una prova saccente, non riuscendo a caricarsi il film sulle spalle come invece gli era successo altre volte, il suo personaggio è sì originale ma definito secondo meccaniche poco credibili e surreali) sciorina tutto il suo repertorio da eroe un po' fuori di testa ma di corretti principi in stile Mel Gibson-Arma letale, si salva però proprio per il dinamismo dell'action, e per i 10 scarsi minuti di evoluzioni compiute dall'eccezionale attore indonesiano Iko Uwais, noto per i due eccezionali film The Raid, ed ormai star sbarcata nell'olimpo del cinema occidentale. Tutto il resto, comprese le moine di un John Malkovich cappellone (lui come tutti gli altri bidimensionale e stereotipato), è noia o déjà-vu.

Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Per quanto riguarda la sua componente action, e in quanto spy story, il thriller di Peter Berg non rivela alcuna particolare impronta stilistica e non lascia il segno per originalità. Maggiore è il ritmo delle sequenze e più incalzante si fa l'azione della singola scena, più confusa appare la narrazione stessa, sorretta (o, diremmo, tradita) da una regia che viene scandita da convulsi movimenti di macchina a mano febbricitante, che frammenta l'immagine fino a renderla appena percettibile, fino ai limiti del tollerabile. Si tratta, nel complesso, di un deciso passo indietro per il regista di Deepwater e Boston, che con i suoi due precedenti lavori appena citati aveva colpito per la sua sicurezza nel costruire e maneggiare la tensione, elemento piuttosto carente (quando non addirittura assente) in Red Zone, assieme ai non pervenuti colpi di scena che avrebbero potuto sollevare le sorti di un film piuttosto prevedibile e accozzato. E il cast? Di quelli già citati, si aggiungano con piacere una Lauren Cohan sufficientemente in parte ma soprattutto Ronda Rousey, che forse è la migliore e la più credibile.
Commento Finale: Come sparatutto va anche bene, le coreografie non sono male e non si lesiona sul piombo, ma twist e detection fanno piangere o, se preferite, ridere: è tanto, troppo clangore bellico per nulla. Con per di più una temibile apertura al futuro: non chiude i giochi Red Zone, ma libera il sequel. Dio ce ne scampi.
Consigliato: Sì, per una serata senza impegno, grazie a buone scene d'azione, no se cercate altro.
Voto: 5

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