Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 29/10/2019 Qui
Tema e genere: Un moderno Ladri di biciclette meno sociale e più intimo che si focalizza sul rapporto padre-figlio, ma che non riesce a fare del tutto centro.
Trama: Uno sfortunato falegname ottiene un lavoro che potrebbe trasformare per sempre la sua vita quando la sua insostituibile cassetta degli attrezzi viene rubata. Dovrà così rintracciare i ladri, prima che finisca la settimana, in compagnia di un improbabile compagno: il giovane figlio che non lo sopporta.
Recensione: Bob Nelson, candidato all'Oscar per la sceneggiatura originale di Nebraska di Alexander Payne, esordisce alla regia con un film che costruisce sulla sua semplicità il fulcro della storia. Sin dalle prime inquadrature risulta chiara tuttavia l'inesperienza di Nelson dietro la macchina da presa, che adotta uno sguardo incerto e traballante, rafforzato da uno stile povero di dettagli e che non gioca con le varie tecniche registiche, ad eccezione di qualche piccolo movimento casuale di macchina. Le vicende del film sono leggermente caratterizzate dal punto di vista del bambino senza però marcare troppo su questa linea. Come a riprendere il neorealismo, la pellicola cerca di puntare tutto sulla storia rappresentata, su questo racconto di formazione di un giovane che, nel corso del film, si trova costretto a mentire costantemente, rubare ciò che è suo di diritto, organizzare stratagemmi per aiutare il padre a cavarsela nella sua situazione disperata e operare una serie di azioni che sa essere sbagliate ma le compie con tutta l'innocenza propria dei bambini. Il giovane cresce formando una propria idea della realtà che lo circonda, capendo attraverso l'avventura percorsa che non esiste giusto o sbagliato in senso stretto ma siamo noi stessi a dover trovare il giusto equilibrio nelle scelte che perseguiamo. Così come in Ladri di biciclette, la narrazione si svolge nell'arco di un solo weekend e scava nel rapporto tra i personaggi per arrivare a mostrare i cambiamenti che possono avvenire in poco tempo in un bambino costretto a comportarsi da adulto per risolvere i problemi causati dall'inattenzione e dalla sprovvedutezza del proprio genitore. Per assurdo, le scene drammatiche che rappresentavano i momenti salienti e pregnanti del capolavoro neorealista, in questo film non funzionano come dovrebbero e risultano essere banali e poco d'effetto. La pellicola riesce a colpire e affermarsi solamente nel momento in cui l'ironia e la spensieratezza del bambino si fanno strada e prendono possesso della storia facendola proseguire verso un cammino, forse troppo radioso e irrealistico, ma sicuramente più coinvolgente di quello mostrato all'inizio della pellicola. Una storia di base, benché già ripresa innumerevoli volte negli ultimi anni, sicuramente interessante da affrontare e rendere propria ma che, a causa di una sceneggiatura forse non perfettamente concepita, impiega diverso tempo prima di ingranare e insinuarsi nell'interesse di chi guarda. È solo dalla seconda metà del film che si riesce ad entrare pienamente nello spirito della vicenda e ad apprezzarla grazie soprattutto all'alchimia che si inizia ad instaurare tra i due protagonisti. È il giovane ragazzo, interpretato da un adorabile Jaeden Lieberher, a salvare continuamente la situazione e a trascinare l'attenzione del film, facendoci sorridere per le sue espressioni preoccupate e pensierose che fanno capire come le rotelle della sua mente siano sempre in funzione per architettare un nuovo piano o ideare un'altra piccola bugia. Ma non basta, perché anche se, nonostante tutto, il film riesce a renderti complice delle vicende dei due protagonisti e a patteggiare per loro, anche quando non dovresti, il suddetto non fa presa e non si fa per niente ricordare.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: The Confirmation rappresenta l'esordio alla regia di Bob Nelson, lo sceneggiatore di Nebraska di Alexander Payne. Anche in questo caso siamo dalle parti di un road movie, sebbene ci si muova solo nell'ambito di pochi chilometri, e di un tentativo di ricomposizione di legami familiari. Ma a differenza di quel gran bel film, il viaggio, e quindi il film (che non vuole inventare nulla, e non potrebbe), è spesso non credibile, buonista ed incolore per colpa della sceneggiatura, ed anche della regia, egualmente incolore. Nel cast ben assortito (c'è anche Tim Blake Nelson nel ruolo di uno dei tanti perdenti), Arthur è efficacemente interpretato da Jaeden Lieberher, Clive Owen è però parecchio spaesato, sfilacciata invece Maria Bello ed irriconoscibile Matthew Modine. E il lato visivo e la cornice tralasciata, anche troppo. Non degna di nota la fotografia, la colonna sonora è praticamente inesistente, entrambi forse per rafforzare l'idea che si tratta di una storia comune, su personaggi disagiati e sfortunati, che non ha alcun bisogno di abbellimenti visivi o scenici per essere coinvolgente o emozionante, eppure si sente eccome la loro mancanza.
Commento Finale: The Confirmation è stato paragonato a Ladri di Biciclette, col quale in realtà ha solo in comune il pretesto: il furto di un oggetto di lavoro prezioso per una famiglia in difficoltà economiche. Da qui nasce una storia che, nel caso del capolavoro neorealista, è denuncia sociale, nel caso del film di Bob Nelson, diventa una commedia agrodolce americana, e neanche tanto riuscita, anzi, buonista e decisamente sotto la media. Incolori i protagonisti, anche se con un certo background alle spalle, non degna di nota la regia, veramente minimalista.
Consigliato: Sì e no, si lascia seguire ma si dimentica immediatamente dopo la visione.
Voto: 5
Trama: Uno sfortunato falegname ottiene un lavoro che potrebbe trasformare per sempre la sua vita quando la sua insostituibile cassetta degli attrezzi viene rubata. Dovrà così rintracciare i ladri, prima che finisca la settimana, in compagnia di un improbabile compagno: il giovane figlio che non lo sopporta.
Recensione: Bob Nelson, candidato all'Oscar per la sceneggiatura originale di Nebraska di Alexander Payne, esordisce alla regia con un film che costruisce sulla sua semplicità il fulcro della storia. Sin dalle prime inquadrature risulta chiara tuttavia l'inesperienza di Nelson dietro la macchina da presa, che adotta uno sguardo incerto e traballante, rafforzato da uno stile povero di dettagli e che non gioca con le varie tecniche registiche, ad eccezione di qualche piccolo movimento casuale di macchina. Le vicende del film sono leggermente caratterizzate dal punto di vista del bambino senza però marcare troppo su questa linea. Come a riprendere il neorealismo, la pellicola cerca di puntare tutto sulla storia rappresentata, su questo racconto di formazione di un giovane che, nel corso del film, si trova costretto a mentire costantemente, rubare ciò che è suo di diritto, organizzare stratagemmi per aiutare il padre a cavarsela nella sua situazione disperata e operare una serie di azioni che sa essere sbagliate ma le compie con tutta l'innocenza propria dei bambini. Il giovane cresce formando una propria idea della realtà che lo circonda, capendo attraverso l'avventura percorsa che non esiste giusto o sbagliato in senso stretto ma siamo noi stessi a dover trovare il giusto equilibrio nelle scelte che perseguiamo. Così come in Ladri di biciclette, la narrazione si svolge nell'arco di un solo weekend e scava nel rapporto tra i personaggi per arrivare a mostrare i cambiamenti che possono avvenire in poco tempo in un bambino costretto a comportarsi da adulto per risolvere i problemi causati dall'inattenzione e dalla sprovvedutezza del proprio genitore. Per assurdo, le scene drammatiche che rappresentavano i momenti salienti e pregnanti del capolavoro neorealista, in questo film non funzionano come dovrebbero e risultano essere banali e poco d'effetto. La pellicola riesce a colpire e affermarsi solamente nel momento in cui l'ironia e la spensieratezza del bambino si fanno strada e prendono possesso della storia facendola proseguire verso un cammino, forse troppo radioso e irrealistico, ma sicuramente più coinvolgente di quello mostrato all'inizio della pellicola. Una storia di base, benché già ripresa innumerevoli volte negli ultimi anni, sicuramente interessante da affrontare e rendere propria ma che, a causa di una sceneggiatura forse non perfettamente concepita, impiega diverso tempo prima di ingranare e insinuarsi nell'interesse di chi guarda. È solo dalla seconda metà del film che si riesce ad entrare pienamente nello spirito della vicenda e ad apprezzarla grazie soprattutto all'alchimia che si inizia ad instaurare tra i due protagonisti. È il giovane ragazzo, interpretato da un adorabile Jaeden Lieberher, a salvare continuamente la situazione e a trascinare l'attenzione del film, facendoci sorridere per le sue espressioni preoccupate e pensierose che fanno capire come le rotelle della sua mente siano sempre in funzione per architettare un nuovo piano o ideare un'altra piccola bugia. Ma non basta, perché anche se, nonostante tutto, il film riesce a renderti complice delle vicende dei due protagonisti e a patteggiare per loro, anche quando non dovresti, il suddetto non fa presa e non si fa per niente ricordare.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: The Confirmation rappresenta l'esordio alla regia di Bob Nelson, lo sceneggiatore di Nebraska di Alexander Payne. Anche in questo caso siamo dalle parti di un road movie, sebbene ci si muova solo nell'ambito di pochi chilometri, e di un tentativo di ricomposizione di legami familiari. Ma a differenza di quel gran bel film, il viaggio, e quindi il film (che non vuole inventare nulla, e non potrebbe), è spesso non credibile, buonista ed incolore per colpa della sceneggiatura, ed anche della regia, egualmente incolore. Nel cast ben assortito (c'è anche Tim Blake Nelson nel ruolo di uno dei tanti perdenti), Arthur è efficacemente interpretato da Jaeden Lieberher, Clive Owen è però parecchio spaesato, sfilacciata invece Maria Bello ed irriconoscibile Matthew Modine. E il lato visivo e la cornice tralasciata, anche troppo. Non degna di nota la fotografia, la colonna sonora è praticamente inesistente, entrambi forse per rafforzare l'idea che si tratta di una storia comune, su personaggi disagiati e sfortunati, che non ha alcun bisogno di abbellimenti visivi o scenici per essere coinvolgente o emozionante, eppure si sente eccome la loro mancanza.
Commento Finale: The Confirmation è stato paragonato a Ladri di Biciclette, col quale in realtà ha solo in comune il pretesto: il furto di un oggetto di lavoro prezioso per una famiglia in difficoltà economiche. Da qui nasce una storia che, nel caso del capolavoro neorealista, è denuncia sociale, nel caso del film di Bob Nelson, diventa una commedia agrodolce americana, e neanche tanto riuscita, anzi, buonista e decisamente sotto la media. Incolori i protagonisti, anche se con un certo background alle spalle, non degna di nota la regia, veramente minimalista.
Consigliato: Sì e no, si lascia seguire ma si dimentica immediatamente dopo la visione.
Voto: 5
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