Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/10/2019 Qui
Tema e genere: Capitolo finale della saga trash più folle e divertente di sempre.
Tema e genere: Capitolo finale della saga trash più folle e divertente di sempre.
Trama: Per salvare il mondo da una catastrofica fine, Fin viaggia nel tempo per far risorgere la sua famiglia e fermare lo sharknado che ha dato inizio al tutto. Nella sua epica avventura, combatterà contro dinosauri, cavalieri, cowboy e naturalmente squali volanti. Per lui non si tratterà di capire come fermare i terribili uragani che portano squali ma piuttosto di capire quando farlo.
Recensione: Non potevo lasciare incompleta la saga di Sharknado e non potevo non recensire l'ultimo e conclusivo film della serie. Dovevo infatti, anche a distanza di un anno, recuperarlo, e così ho fatto, anche se ciò ha significato vedere appunto scritto su schermo la parola FINE. Ma tutte le cose, belle o brutte, hanno una fine, da lamentarsi quindi niente c'è, al massimo si potrebbe constatare il fatto che questo congedo avvenga con un ultimo capitolo stanco e ben poco ispirato, capace di sprecare anche i pochi lampi in canna. Se infatti Sharknado 5: Global Swarming aveva a sorpresa rinvigorito il franchise, iniettando nuova energia e ulteriore auto-consapevolezza per le assurdità che metteva in scena, purtroppo The Last Sharknado - It's About Time (o Sharknado 6) fa un enorme passo indietro, dando sostanzialmente ragione a tutti quelli che si meravigliavano che si fosse arrivati al sesto film. Funziona a intermittenza e il risultato è frustrante, un'occasione sprecata di dare il folle, ma piacevole, finale che i coriacei fan avrebbero voluto vedere. I presagi nefasti sono chiari già nei primi 30 secondi della pellicola diretta ancora una volta da Anthony C. Ferrante, quando veniamo trasportati indietro nel tempo fino all'era preistorica, ma soltanto il leggendario Fin (il sempre convintissimo Ian Ziering) effettua il "salto". La promessa finale di Global Swarming di vedere qui Dolph Lundgren tirare pugni e/o sparare agli squali in giro per il tempo al fianco dello storico protagonista si rivela pertanto dolorosamente una mera illusione, solo vagamente giustificata. In compenso Fin si ricongiunge alla moglie/robot April (Tara Reid) e alla sventratrice di squali e barman Nova (Cassie Scerbo), con l'ensemble che si arricchisce di un paio di facce familiari grazie alla resurrezione di Bryan (Judah Friedlander) e Skye (Vivica A. Fox), spariti in Sharknado 2. La pigrissima scusante del "stiamo parlando di viaggi nel tempo, non fatevi troppe domande" è dominante, ma nonostante l'apparentemente interessante idea di fermare il primo Sharknado della storia per cambiare il futuro, The Last Sharknado - It's About Time risolve la questione nei primi dieci minuti, per poi cambiare marcia e sostanzialmente dedicarsi solo alla ricerca di Gil, il figlio perduto di Fin e April.
Lo sceneggiatore Scotty Mullen non va oltre il compitino minimo, sbalzando gli eroi dal Medioevo alla Guerra d'indipendenza americana, fino al selvaggio West, con poche spiegazioni o giustificazioni sul perché ci sia in atto un tornado di squali in ciascuna di queste epoche e luoghi. Un approccio deludente da seguire, con gli eventi estremamente routinari: i personaggi appaiono in una nuova location, incrociano un paio di figure storiche, si cambiano i costumi di scena, affrontano uno Sharknado, ricominciano daccapo. Le battute e i giochi di parole (sapientemente orrendi) sono a corto di finta gravitas quando serve e persino gli impossibili uragani appaiono stanchi, anche maciullando qualche personaggio storico al loro passaggio e acquisendo la capacità di sputare fuoco, restando tuttavia principalmente sullo sfondo finché non arriva il momento di farli saltare in aria. L'assenza di Dolph Lundgren palesa un altro grosso problema, ovvero l'assenza di camei "importanti". Nel bene o nel male, i precedenti capitoli potevano almeno contare su nomi di serie B (che peraltro facevano a gara per comparire), ma qui fanno pietà. Personalmente, di quelli nuovi ne ho riconosciuti davvero pochi, ad eccezione di Tori Spelling, che ricorda ovviamente con una battuta i tempi della serie Beverly Hills 90210 al fianco di Ian Ziering, e di Gilbert Gottfried (lo sceriffo poi è sicuramente un rocker famoso). Non si avvertono il benché minimo carisma o una qualche connessione tra nessuno dei protagonisti, ma soprattutto, The Last Sharknado - It's About Time sembra determinato a mettere sul piatto una posta in gioco seria, tale da spingere gli attori fuori dalle loro zone di comfort usuali. Viene addirittura inserito una sorta di peso emotivo, con una sotto-trama che vede Nova cercare di riscrivere il tempo per salvare suo nonno, mentre un'altra che vede la testa di Robo-April entrare in un triangolo amoroso con Fin e la vera April non ottiene abbastanza tempo sullo schermo, ennesima riprova del coinvolgimento prossimo allo zero di Tara Reid verso il materiale di partenza. Per non parlare delle citazioni, di cui alcune perfino apprezzabili, altre decisamente pretenziose, e che stancano nella loro ossessiva ripetitività (facile intuire a quale capolavoro mi riferisco). A fare danni è anche la decisione di optare per un lieto fine (non bastasse una trama già inutilmente contorta) il più prevedibile e facile possibile, fan service buttato lì per ripescare personaggi di cui nemmeno i fan più accaniti avranno avuto memoria, con Fin che ha la possibilità di pronunciare un ultimo ispirato discorso davanti a familiari e amici riuniti intorno a lui. E per quanto possa suonare deludente questa scena di chiusura, è comprensibile la volontà di dare a Sharknado la possibilità di ringraziare tutti quanti hanno creduto in questa serie. In fondo, nessuno anni fa immaginava che avrebbe dato origine a ben cinque sequel con il suo allucinante mix di pessima recitazione, ancora peggiore scrittura e oscena CGI.
Si è guadagnato un suo piccolo spazio tra gli shark movie e tra le saghe fanta-horror peggiori della storia (o comunque tra i guilty pleasures) e se la sua quasi sicura conclusione ha marcato più bassi che medi (il ritmo resta elevato ma, dal momento che è stato usato lo stesso espediente narrativo del quinto film, l'effetto novità viene tragicamente a mancare, mettendo da parte il fatto che gli autori se ne siano totalmente sbattuti le palle dei paradossi temporali, il film soffre di una imbarazzante mancanza di idee, che in fondo erano quelle che tenevano in piedi i capitoli precedenti), qualche lampo (qualche momento memorabile che c'è ugualmente) ci ha comunque ricordato perché abbiamo continuato a seguirlo per tutto questo tempo.
Lo sceneggiatore Scotty Mullen non va oltre il compitino minimo, sbalzando gli eroi dal Medioevo alla Guerra d'indipendenza americana, fino al selvaggio West, con poche spiegazioni o giustificazioni sul perché ci sia in atto un tornado di squali in ciascuna di queste epoche e luoghi. Un approccio deludente da seguire, con gli eventi estremamente routinari: i personaggi appaiono in una nuova location, incrociano un paio di figure storiche, si cambiano i costumi di scena, affrontano uno Sharknado, ricominciano daccapo. Le battute e i giochi di parole (sapientemente orrendi) sono a corto di finta gravitas quando serve e persino gli impossibili uragani appaiono stanchi, anche maciullando qualche personaggio storico al loro passaggio e acquisendo la capacità di sputare fuoco, restando tuttavia principalmente sullo sfondo finché non arriva il momento di farli saltare in aria. L'assenza di Dolph Lundgren palesa un altro grosso problema, ovvero l'assenza di camei "importanti". Nel bene o nel male, i precedenti capitoli potevano almeno contare su nomi di serie B (che peraltro facevano a gara per comparire), ma qui fanno pietà. Personalmente, di quelli nuovi ne ho riconosciuti davvero pochi, ad eccezione di Tori Spelling, che ricorda ovviamente con una battuta i tempi della serie Beverly Hills 90210 al fianco di Ian Ziering, e di Gilbert Gottfried (lo sceriffo poi è sicuramente un rocker famoso). Non si avvertono il benché minimo carisma o una qualche connessione tra nessuno dei protagonisti, ma soprattutto, The Last Sharknado - It's About Time sembra determinato a mettere sul piatto una posta in gioco seria, tale da spingere gli attori fuori dalle loro zone di comfort usuali. Viene addirittura inserito una sorta di peso emotivo, con una sotto-trama che vede Nova cercare di riscrivere il tempo per salvare suo nonno, mentre un'altra che vede la testa di Robo-April entrare in un triangolo amoroso con Fin e la vera April non ottiene abbastanza tempo sullo schermo, ennesima riprova del coinvolgimento prossimo allo zero di Tara Reid verso il materiale di partenza. Per non parlare delle citazioni, di cui alcune perfino apprezzabili, altre decisamente pretenziose, e che stancano nella loro ossessiva ripetitività (facile intuire a quale capolavoro mi riferisco). A fare danni è anche la decisione di optare per un lieto fine (non bastasse una trama già inutilmente contorta) il più prevedibile e facile possibile, fan service buttato lì per ripescare personaggi di cui nemmeno i fan più accaniti avranno avuto memoria, con Fin che ha la possibilità di pronunciare un ultimo ispirato discorso davanti a familiari e amici riuniti intorno a lui. E per quanto possa suonare deludente questa scena di chiusura, è comprensibile la volontà di dare a Sharknado la possibilità di ringraziare tutti quanti hanno creduto in questa serie. In fondo, nessuno anni fa immaginava che avrebbe dato origine a ben cinque sequel con il suo allucinante mix di pessima recitazione, ancora peggiore scrittura e oscena CGI.
Si è guadagnato un suo piccolo spazio tra gli shark movie e tra le saghe fanta-horror peggiori della storia (o comunque tra i guilty pleasures) e se la sua quasi sicura conclusione ha marcato più bassi che medi (il ritmo resta elevato ma, dal momento che è stato usato lo stesso espediente narrativo del quinto film, l'effetto novità viene tragicamente a mancare, mettendo da parte il fatto che gli autori se ne siano totalmente sbattuti le palle dei paradossi temporali, il film soffre di una imbarazzante mancanza di idee, che in fondo erano quelle che tenevano in piedi i capitoli precedenti), qualche lampo (qualche momento memorabile che c'è ugualmente) ci ha comunque ricordato perché abbiamo continuato a seguirlo per tutto questo tempo.
Regia/Sceneggiatura/Aspetto tecnico/Cast: Sharknado è sempre stato, sia nel suo primo atto che in questo sesto, un film totalmente surreale, mal recitato, privo di trama e di una benché minima consistenza, quindi è inutile parlare di una regia, di una sceneggiatura, dei suoi effetti speciali e delle interpretazioni degli attori, che qui semplicemente non contano, sempre andati a briglia sciolta e capaci comunque di divertire, a parte in questo deludente capitolo.
Commento Finale: Ahi, ahi, ahi. La saga inciampa proprio sul finale. Avrebbe potuto concludersi col botto memorabile, invece termina nella mestizia più silente e banale. È stato bello finché è durato ma è ora di dire basta. Basta così, la parola fine era giusto che venisse posta in qualche modo. Non come sperato (tanto che senza voto finisce tutto), ma bisognava farlo. Perché va bene che molto belli (e stavolta sono serio, perché qualcosa da salvare ho voluto trovarlo) i titoli di testa, con la theme song che è sempre la stessa (gran successo, impossibile da non cantare sotto la doccia), ma che qui appare rivisitata in maniera tutto sommato interessante, poi per carità alcune chicche ci sono, vi sono anche alcuni camei interessanti, ma questa volta pure io devo ammettere che la cosa è lievemente sfuggita di mano, soprattutto perché, il divertimento è notevolmente calato. Grazie di tutto comunque, e addio.
Consigliato: Non sono così folle da consigliarlo, però se vi piace e avete seguito in precedenza (se siete insomma fan del genere e della saga), non potete non vedere questo capitolo finale, anche se questo proprio alla sua chiusura scontenta un po'.
Voto: 6 (Politico)
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